“Quello che non so di lei” (“D’après une histoire vraie”), ovvero quello che Polanski non sa della seduzione
Delphine, una famosa scrittrice alle prese con un blocco creativo, incontra una strana e seduttiva donna che pian piano le cambierà la vita.
Un film che sulla carta aveva tutti i requisiti per avvicinarsi al capolavoro (regia di Polanski, collaborazione di Assayas, presenza di due attrici come Emanuelle Seigner ed Eva Green), ma che a conti fatti rappresenta un’occasione mancata.
La ragione è la presenza di troppe teste pensanti e la più ingombrante paradossalmente è quella di Delphine de Vigan, l’autrice dell’omonimo romanzo dal quale è tratta la sceneggiatura. E così il doppio atteso diventa una figura esagonale che non crea ambiguità ma solo confusione. L’aspetto più deludente è Assayas che risulta limitato e bloccato come invece non era stato nello straordinario Sils Maria, in cui racconta sempre la storia di due donne coinvolte in una dinamica di identificazione/sdoppiamento.
Per quanto riguarda le due attrici protagoniste nulla da eccepire. Ma nonostante Seigner e Green abbiano fatto del loro meglio e abbiano creato una buona chimica, questo rapporto “simbiotico” non risulta mai accattivante. E forse il regista piuttosto che ispirarsi a Misery non deve morire avrebbe fatto meglio a guardare Inserzione pericolosa.
Quello che non so di lei non si può certo definire un film brutto o noioso ma sicuramente non raggiunge le sue potenzialità. La responsabilità finale di questa incompiutezza è da attribuire a Polanski che l’ha girato stancamente come fosse il suo stesso uomo ombra; il ghostwriter di quel regista che in passato ha realizzato capolavori come Rosemary’s baby, Chinatown, L’inquilino del terzo piano e più recentemente film interessanti come L’uomo nell’ombra e Venere in pelliccia. Inoltre è un peccato che non abbia sfruttato le incredibili potenzialità di un’attrice come Eva Green, che invece di citare Kathy Bates avrebbe potuto ricreare una Carmilla che seduce e vampirizza la propria vittima.