La memoria
ALAIN RESNAIS
Regista, sceneggiatore, scrittore
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Ricordare Alain Resnais a poche ore dalla scomparsa significa inoltrarsi in un esercizio della memoria che proprio al regista francese fu molto caro. I suoi maggiori capolavori, “Notte e nebbia”,’55, “Hiroshima mon amour”,’59,”L’anno scorso a Marienbad”,’61,”Muriel, il tempo di un ritorno”, ’63, ”La guerra è finita”,’66, ”Je t’aime, je t’aime- Anatomia di un suicidio”,’68,”Providence”,’78,”La vita è un romanzo”,’83, ”Mèlo”,’86, sono,infatti, tutti legati dal filo rosso della memoria,del ritorno al passato,inevitabile,doloroso ma anche liberatorio. La cifra stilistica di Resnais fu strettamente connessa a questa chiara scelta narrativa,con un significativo lavoro sul montaggio che fu soprattutto relativo alla necessità di intrecciare storie presenti,coeve, strettamente individuali e personali alla Storia,quella grande,che riguarda tutti(dall’Olocausto,alla disillusione comunista,all’alienazione).
Questo serve,oggi, a chi lo ricorda, a mettere in evidenza la sua appartenenza,anche teorica, mai ufficializzata o soltanto dichiarata alla Nouvelle Vague delle origini,di cui mantenne intatti nel tempo i principi di prassi più di tanti altri suoi prestigiosi colleghi che dell’appartenenza alla medesima corrente fecero quasi un marchio di riconoscimento,pur spesso tradendola. Le sue innumerevoli collaborazioni con grandi scrittori,da Robbe-Grillet a Marguerite Duras,da Jorge Semprun a David Mercer ed Alan Ayckburn,tutti autori degli script di tanti suoi ispirati film,sono la conferma di una capacità e sensibilità nel sapere veicolare temi universali attraverso un cinema personale e ricco di spunti originali che si distingueva rispetto ad un panorama internazionale spesso asfittico sotto questo punto di vista.
Resnais era un intellettuale che usava il cinema per mettere in scena le sue idee su un mondo in continuo cambiamento(è nota la sua feroce polemica con Pontecorvo a proposito del dolly “evitabile” nel film “Kapò”,’59,del regista toscano) ,e per questo non un semplice metteur en scene,come da qualcuno veniva accusato di essere,ma un autore a 360 gradi perché in grado di introiettare, analizzare e dare una sua “visione” di quanto andava leggendo e conoscendo nel corso del tempo(complessivamente quasi settant’anni di carriera).
La perfetta trasparenza delle sue ultime opere,degne del miglior Ophuls quanto a leggerezza e capacità di intreccio affabulatorio e visivo, ”Parole,parole,parole….”,’97, ”Cuori”,’06,e ”Gli amori folli” ,’09, sono la definitiva testimonianza di una rara abilità di mettere insieme le mille sfaccettature e contraddizioni dell’uomo contemporaneo. Esse fanno del regista francese uno degli ultimi testimoni del passaggio dal Novecento al millennio che stiamo vivendo, nel quale Resnais con la sua scomparsa ci fa sentire più soli.