Una violenza molto sottile. Il dibattito sulle molestie sessuali
La cosa più difficile è non dire delle ovvietà e non fare generalizzazioni. Appare indiscutibile che un individuo non possa venire perseguitato a vita per delle azioni, per quanto criminose, compiute decenni prima – in questo caso parlo di Roman Polanski –. Una vita intera è trascorsa da quegli episodi sconcertanti, e nel frattempo, soprattutto negli ultimi anni, Polanski si è dimostrato uno dei più fini e originali esegeti dell’animo femminile. Non è umano che il passato non passi mai, che si debba portare sulla fronte per l’intera esistenza il marchio a fuoco della colpa. Soprattutto una donna dovrebbe provare orrore per persecuzioni di matrice puritana analoghe a quelle sofferte dalle presunte Streghe di Salem.
Quanto al Maestro Woody Allen, le accuse che si riversano in ogni insterstizio della sua vita, mai provate, hanno per lo più il carattere della calunnia, della denigrazione ritorsiva e nevrotica, quindi tenderei a non prenderle in considerazione, visto che appartengono più ai titoli dei tabloid popolari che alla cronaca giudiziaria.
Un gravissimo problema è invece l’effettivo dilagare di una disposizione mentale maschile deteriore e indice di un decadimento, morale e intellettivo, dell’intero genere. Non riguarda soltanto gli Stati Uniti e può essere considerato un ritorno alle origini (alla preistoria?) del rapporto uomo-donna.
L’aspetto più insidioso paradossalmente non è rappresentato dallo stupro vero e proprio, delitto orrendo – paragonabile all’omicidio – che mutila, incrina per sempre la parte fantasmatica femminile, ma, almeno nei paesi anglosassoni viene punito, quindi scoraggiato, con molti anni di carcere; bensì al numero infinito di piccole, normali, discriminazioni e vessazioni subite ogni giorno dalle donne.
Intanto, il nostro cervello peserà davvero quanto quello degli uomini? Il dubbio aleggia e contagia anche le esponenti di sesso femminile. Se non ne facciamo una stringente questione di quantità, bisogna ammettere che Rita Levi Montalcini, Margherita Hack, Marguerite Yourcenar ed Elisabetta Tudor se la sono cavata benino. Quindi, perché gli uomini non riescono a vederci come semplici individui, come amici o antagonisti paritari, anziché come morbidi giacigli pronti ad accogliere il riposo del guerriero stanco? A proposito, un’altra caratteristica richiesta alle donne è di non mostrarsi stanche e di non pretendere una retribuzione pari a quella maschile. Cosa sono questi rigurgiti di paleofemminismo?
Se sapessero gli uomini, quelli che si credono nostri amici, quanto ci deprime il loro paternalismo, la loro protezione non richiesta, quella sottile sensazione di essere delle tollerate rompiscatole, delle isteriche, delle erinni.
Se conoscessero i nostri pensieri più reconditi…
Le due virtù femminili più apprezzate sono tuttora il silenzio e la dolcezza accondiscendente. Ossia i due cardini su cui si può far girare piano piano un corteggiamento in apparenza disinvolto e inoffensivo – una cena, qualche complimento – fino a volgerlo in allusivo, mai apertamente espresso, ricatto. Certo, la malcapitata può rifiutare (anzi, a mio avviso dovrebbe farlo), però si possono verificare circostanze di vulnerabilità, fragilità, capaci di deviare il corso degli eventi, addirittura delle intenzioni profonde. A volte, un lavoro può rappresentare la salvezza, la sopravvivenza, una svolta esistenziale. E per gli uomini è eccitante giocare col potere, far sentire alle donne che hanno il loro destino in mano, come il ripugnante assistente sociale di “Millennium”.
Questo non considerare mai abietta la propria galanteria interessata e predatoria, torbidi gli intenti, questo reputare trascurabile la reale, profonda volontà della donna, può essere valutato come violenza?
E’ una domanda che rivolgo all’intera redazione, sperando di coinvolgere il maggior numero possibile di persone. Per quanto mi riguarda, la risposta è sì.
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