Il mestiere del critico
DOV’E’ MENANDRO?
Il Dyskolos-Misantropo al Teatro Antico di Catania
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La domanda sorge spontanea sulla bocca di un maturo latinista e grecista in cerca del celebre commediografo ateniese sul palco ligneo davanti al quale scorre magicamente l’Amenano, bizzarro fiume etneo dagli affioramenti e sparizioni improvvise.
“Dov’è Menandro? Che si sia inabissato come il misterioso rio? Che si sia smarrito tra i frizzi e i lazzi che sprizzano dai fianchi e dalle bocche degli stereotipati esponenti degli innumerevoli vizi e difetti degli uomini? Menandro, illustre esponente della Commedia nuova in Grecia, giovane vincitore con questo Dyskolos nel 316/7 alle Lenee, dove sei ? – invoca l’incauto docente di humane litterae accasciato sui gradoni pietracei -. Dove sono i temi universali della solidarietà, dell’amicizia, dell’instabilità della fortuna? Dove gli accenti di cosmopolitismo che trasuderebbero da questa commedia, l’unica pervenutaci interamente? Perchè sterzare sulla verace commedia sicula che si affaccia, popolana, ridente e irridente tra veli grecizzanti?”. Si chiede il dotto grecista, quasi tra le lacrime. Questa e altre domande si affacciano alla sua mente sbigottita. Davanti a lui che assiste impotente, questa figlia spuria della Commedia, condita da battute a doppio senso a sfondo sessuale, come la sua antenata, cerca un punto di incontro nelle vicende narrate, mentre il vernacolo schizza qua e là, strizza l’occhio, rassicurando gli spettatori: siamo a casa.
“Perchè sacrificare tanta dovizia per una risata in più ed un rassicurante deja vu? O ci è pervenuta una nuova versione dell’opera di cui nulla si sapeva?” Continua a chiedersi il Professore osservando il vicino di gradone che ride, beatamente inconsapevole.
“Come per il suo illustre predecessore Aristofane, si parla sempre di politica?” Chiede preoccupato il vicino risolente. “ No…- lo rassicura il Sapiente – non è più il tempo. La politica non entra più nel mirino degli intellettuali. Ora si educa al buon senso, all’importanza degli affetti, all’equilibrio degli eccessi.” “Ah! Meno male…io non vengo a teatro per sentire di politica… io voglio ridere e basta .” Il docente tace.
Nel Dyskolos, in qesta regia dai toni ironico-grotteschi, il difetto messo a fuoco è la misantropia del protagonista, il vecchio Cnemone, incattivito dalla povertà e sfiduciato delle azioni opportunistiche e calcolatrici degli uomini.
Intorno alla sua vicenda, scarna e semplice, in un allestimento scenografico tradizionale, davanti a un pozzo (stranamente somigliante alla romana bocca della verità), simbolo della profondità e complessità delle relazioni umane, si tracciano una miriade di altri vizi, che trovano una cifra univoca nella sessualità cercata, inseguita, evocata, come nella tradizione della Commedia antica.
Il grande tema della solitudine dell’uomo, ripreso da Leopardi nella Ginestra, sanata dalla solidarietà, in Menandro acquista valori di portata universali “…che io però qui non ritrovo…eppure la scena iniziale e il salvataggio di Cnemone dal pozzo sono simili…”continua a tormentarsi l’insigne umanista. Un po’ si era rassicurato. .. “L’incipit sembra proprio quello del Dyskolos… ecco…Gli dei, qui rappresentati dal lascivo dio Pan, hanno pietà della figlia del misantropo, reclusa e tenuta lontana dagli uomini dal padre, affetto da sfiducia nel genere umano. Le mandano il (tutto in issimo) bellissimo ricchissimo innamoratissimo Sostrato, affinché possa conoscere le gioie dell’amore.
La solitudine del vecchio, vedovo…(e qui comincia a discostarsi…geme il Prof dei prof) – è colmata – (no, qui proprio non ci siamo)…dalla presenza in casa dell’attempata, poco avvenente serva plurivedova in assetto di guerra…amorosa e da una non più giovane figlia con smanie maritali. Entrambe, desiose di prendere il volo, colmano la solitudo di Cnemone che sta meditando di alzare un muro di pietre che lo metta al riparo degli estranei. Sostrato, qui giovane fatuo e pieno di sé, ha un servo, che tratta impietosamente da servo, Pirria, a cui affida tutti gli incarichi sgradevoli, compreso quello di chiedere la mano della donna amata al padre scorbutico e intrattabile. Da questo progetto nasceranno una serie di peripezie, qui condite da gags e costumi ridicolizzanti, che condurranno al sospirato lieto fine. Nozze per tutti.
Mentre sulla scena si sgambetta e si saltella di qua e di là, tra i disperati disconoscimenti del grecista che non vi ritrova fatti e personaggi, si vola verso il finale artatamente riveduto e corretto che sferra il colpo finale al già esausto magister. “…Ma questo epilogo innestato dalla regia, della coppia omosessuale che risolve la temuta solitudine del vecchio rinsavito? Che avrà voluto dire? Un omaggio alle nuove tendenze? Noooo!!”
Lo schema classico del problema iniziale che si attorciglia intorno a personaggi e luoghi comuni fino allo scioglimento, ha in questo adattamento di sapore locale il suo punto di fragilità in una progressiva fiducia non dichiarata nel genere umano (inutili gli intimi sussulti del rassegnato luminare che invoca il bel monologo sulla solidarietà umana di Cnemone) che si insinua nel cuore in disuso del misantropo, smosso dal comportamento onesto e amorevolmente disinteressato dell’innamorato Sostrato e del suo servo supportati da una seduttiva, ridicolizzata “maga” in contatto con l’oracolo attraverso un conchigliofono, fino alla resa senza condizioni, in tutti i sensi.
Irridendo e ridendo si fustiga tutto e tutti. Dei e uomini, giovani e vecchi, ricchi e poveri, belli e brutti, buoni e cattivi, servi e padroni, padri e figli, etero e omosessuali, onesti e ciarlatani.
Una bonaria presa in giro di un mondo umanamente imperfetto.
“Recuperare la fiducia nell’uomo è possibile – biascica all’uscita del sacro recinto il pervicace, terreo cercatore di Menandro – a patto che si dichiari che un’opera è liberamente tratta da… e non di…”
Cast collaudato e atmosfera grecizzante, ma non troppo, per un Misantropo sopra le righe, alleggerito e reso colorito ed evanescente dalla farsesca, libera rivisitazione di un testo che varrebbe la pena rivedere nella sua primigenia identità
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Dyskolos
di Menandro
Con Tuccio Musumeci-Miko Magistro-Margherita Mignemi-Debora Bernardi-Salvo Piro-Plinio Milazzo–Maria Rita Sgarlato-Antonio Castro-Enrico Manna
Adattamento e Regia di Romano Bernardi
Scene e costumi di Giuseppe Andolfo
Musiche di Mikis Teodorakis
Produzione Teatro Stabile di Catania – Teatro della Città di Catania
Al Teatro Antico di Catania