Anna DI MAURO – Sette porte. Un fratricidio (“I Sette contro Tebe” al Teatro Greco di Siracusa)

 

Il mestiere del critico

 

 

SETTE PORTE. UN FRATRICIDIO


I Sette contro Tebe al Teatro Greco di Siracusa

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La tragica sorte della genìa di Cadmo è il fil rouge di questo 53° ciclo di rappresentazioni classiche al Teatro Greco di Siracusa. Con le Fenicie di Euripide, i Sette contro Tebe indagano sui misteri del destino dei labdacidi da due angolazioni diverse, pur ruotando intorno al tema principale: la brama  di Potere, avida belva umana spinta fino all’eccidio del suo stesso sangue. Il Privato collide con la Ragion di Stato.

La vicenda dei Sette contro Tebe, in questa onesta e onusta regia di Marco Baliani, si apre con un  aedo del nostro tempo (il fine dicitore Gianni Salvo) che, dopo aver narrato l’antefatto, ci accompagna magicamente per mano fino alle porte di un Tempo divenuto Mito, lasciandoci approdare a una dimensione consegnata all’eternità. Teatro delle dolorose vicende  una Tebe assediata, tremante di terrore, dilaniata dal conflitto insanabile tra Eteocle e il fratello Polinice. Quest’ultimo rivendica il trono sul quale, a turno i due fratelli, infelice stirpe di Edipo, avrebbero dovuto  sedere, spartendosi il regno da buoni fratelli.

Qui il conflitto è  riverberato nello spazio claustrofobico dell’agorà della  città, scandito dal concitato e scomposto andirivieni del popolo di Tebe, soprattutto donne, come in tutte le città in guerra, in preda alla paura, sommerso e accerchiato dal qui determinante, efficace  ruolo dei cupi suoni incessanti dell’esercito minaccioso, tra un fragore di armi frammisto allo scalpitìo e all’incessante nitrire dei cavalli, in una  rappresentazione dell’angoscia degli assediati  affidata al  movimento incessante dei corpi accompagnati nella loro “danza tribale” dai suoni della guerra che si sente, ma non si vede. Essa si preannuncia aspra e terribile.

Le suggestioni di cui l’asciutto testo è opportunamente rivestito utilizzano gli elementi del teatro classico, dal coro alle macchine teatrali (qui un esile traliccio, bastoni, maschere, un altoparlante, fumogeni), mescolandoli, senza tuttavia interrompere la tensione scenica. Il prologo e l’epilogo  sono un innesto dello stesso Baliani. I colori della scena  iniziale sono  prevalentemente terragni. I costumi  cromaticamente assecondano la scenografia agreste di un campo dominato da un unico albero-totem centrale, simbolo di una pace agreste ora in pericolo.

Eteocle, eroe fragile e impietoso, alle prese con donne impaurite, appare da lontano, “umano, troppo umano” deus ex machina senza eternità, deciso a lottare e difendere la città dall’esiliato fratello, irremovibile nella sua decisione di non cedere il trono, pronto a sacrificare  la sventurata città e la sua famiglia, qui incarnata da una dolente e impaurita Antigone (una vibrante e misurata Anna Della Rosa), orante e presaga della tragedia incombente. Il  primo conflitto familiare esplode tra Eteocle insofferente alla preghiera e la sorella (originariamente le parole sono del coro) che invano tenta di esplorare la pietà divina con preci e invocazioni. Già fin dall’inizio le parole tremanti di Antigone, ancora fragile e impaurita, come tutte le donne che sanno quale sarà la loro sorte, stupro e schiavitù, altercano con la durezza del fratello, anticipando altri e ben più gravi conflitti.

Le sette porte di Tebe per decisione di Eteocle saranno difese da campioni tebani opportunamente scelti a  fronteggiare i sette temibili guerrieri nemici, tra cui Polinice, a cui si opporrà lo stesso Eteocle. L’enumerazione dei sette guerrieri argivi e dei sette guerrieri tebani, che occupa una parte centrale del dramma, viene  arricchita da coreografie emblematiche, chiamate a rivestire la scarna vicenda e contemporaneamente ad accentuare la suspence di un assedio annunciato e ampliato dalle inquietanti descrizioni dell’araldo dei temibili argivi. Puntualmente in contrapposizione, Eteocle enfatizza la difesa tebana che strenuamente riuscirà ad avere la meglio sugli argivi invasori. La città è salva, annuncia finalmente l’araldo,  ma i due fratelli si sono dati la morte di reciproca mano. In un mesto epilogo, mentre incombe il rombo di aerei ed elicotteri di sapore siriano, il dolore e il lutto mescoleranno il loro pianto alla voce metallica di un altoparlante, diavoleria  tecnologica che irrompe sulla scena, annunciando freddamente che Eteocle, difensore della patria avrà degna sepoltura, mentre Polinice, nemico e invasore della patria  resterà insepolto, preda delle fiere e dell’oltraggio degli elementi. Da una parte Antigone, ora forte e decisa a dare al fratello Polinice la sepoltura negata, dall’altra Ismene con Eteocle, nello strazio di una terra bombardata e divisa: così si chiude la dolente storia sulla quale giunge lieve l’aedo a stendere delicatamente un velo, invitando a meditare sulla desolante conclusione.

“Uno spettacolo in corsa” lo definisce Baliani. Fuga inutile. Al destino non si sfugge. Evidente l’intento registico di introdurre schegge di contemporaneità che affranchino dalla retorica senza intaccare la sostanza dell’opera, squarciandone il tempo in un delicato omaggio alle tragiche vicende della storia  contemporanea.

Più che mai attuale il monito che ne discende: il Potere  rompe i legami di sangue, mette in pericolo la terra da cui siamo stati generati, semina di cadaveri e di pena un mondo dove la felicità negata passa attraverso il rancore, la bramosia, la miseria dei sentimenti, erosi da una ottusa e vana ricerca dell’effimera  gloria e dei fatui totem del nostro mondo corrotto. Da questo tempo remoto gli echi di una storia che in noi è carne viva ci chiede di riflettere su quali siano i veri valori sui quali fondare la nostra precaria, ma non per questo meno preziosa, esistenza.

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Sette contro Tebe

di Eschilo

traduzione  Giorgio Ieranò

Regia          Marco Baliani

Scena e Costumi  Carlo Sala

Musiche   Mirto Baliani

Coreografie  Alessandra Fazzino

Produzione I.N.D.A

 

Con Marco Foschi – Anna Della Rosa – Gianni Salvo – Aldo Ottobrino – Massimiliano Frascà –  Liber Dorizzi

Coro Accademia del Dramma Antico – sezione Scuola di Teatro Giusto del Monaco

Teatro Greco di Siracusa fino al 25 Giugno