Palco Off
L’ EBREO DIMENTICATO
“Shilock” di G. Armstrong al Teatro del Canovaccio di Catania.
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L’impulso a rileggere “Il mercante di Venezia” nasce con l’originale “Shilock” di Gareth Armstrong, emerso da un palco architettonicamente definito da scatololoni sovrapposti, ironicamente etichettati e dalla voce dai toni leggeri, ma non nel significato, di Mauro Parrinello, unico, sardonico interprete della pièce che porta in scena l’ebreo negletto del problem play shakesperiano.
Sì, Tubal. E’ lui l’ebreo non protagonista evocatore di Shilock, ad annunciarlo costantemente, ma questi non apparirà mai. Il grande assente/atteso, in odore beckettiano, rivive così, tra eleganti e vagamente irridenti elaborazioni, nel racconto dell’oscuro, secondario personaggio, l’ebreo suo amico, che rivendica la sua esistenza pur se ridotta a scarne battute, (otto in tutto) tuttavia cruciali, perché foriere di conseguenze drammatiche, nonostante il finale apparentemente positivo.
Nel garbatamente irriverente monologo di Mauro Parrinello, condito da aneddoti e retroscena Shakespeare, diventa scherzosamente uno scopiazzatore scarsamente competente di nozioni geografiche. In effetti “Il mercante di Venezia” è notoriamente ispirato alla novella “ Il Giannetto”, tratta da “ Il pecorone”, raccolta di novelle dal tono licenzioso della fine del ‘300 di un certo Giovanni Fiorentino, accostato al Decamerone del suo ben più famoso omonimo.
Nonostante la “scopiazzatura” inevitabilmente il grande drammaturgo trionfa ed emerge fertilissimo con il suo ingegno, ineguagliabile nell’imbastire concetti e dialoghi insuperabili, ricchi di immagini sollecitazioni e riflessioni.
Chi era veramente Shilock, il sordido, ambiguo usuraio, protagonista del turpe patto che esige da Antonio, in cambio di un prestito non pagato, una libbra di carne del suo corpo? Tubal, finalmente protagonista incontrastato, racconta lui la storia, finalmente solo e unica presenza in scena, riducendo il suo ben più celebre amico ad un pupazzo parlante con una voce fuori campo.
Efficace messa in scena di una rivalsa che man mano rivela profondità e aspetti inquietanti di una vicenda che si dipana in aure oscure di antisemitismo ed evoca a tratti il dramma della Shoa.
Uno sguardo al passato e una possibilità di riscattare la propria dignità nello scarto finale conduce Tubal attraverso una soluzione che nella traduzione di Francesca Montanino si discosta incisivamente dalla stesura originale di Armstrong.
Tubal si ribella al suo destino e al destino di Shilock. Non dirà più le sue otto striminzite battute chiudendosi in un silenzio che lo annienterà come personaggio, dando però la possibilità di un diverso destino al suo amico che nella versione shakesperiana perde la causa in tribunale, umiliato, spogliato di metà del suo patrimonio e costretto ad una conversione forzata.
Un gesto amicale, come amicalmente Antonio si era esposto per il suo amico Bassanio. Specularmente vicini ora i due personaggi riflettono come due specchi il volto dell’amistà, affinché si compia una vicenda che per l’ambiguità della conclusione faccia di quest’opera non più un problem play, ma una storia a lieto fine per tutti.
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“Shilock” di Gareth Armstrong
Traduzione e adattamento di Francesca Montanino
Produzione: OffRome
Compagnia dei Demoni Roma/Torino
Con Mauro Parrinello
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