Lo spettatore accorto
L’ORRORE SI VESTE DI FIABA
“Le serve” di Jean Genet (nella foto), regia di Giovanni Anfuso, al Teatro Stabile di Catania
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Il plurirappresentato “Le Bonnes” di Jean Genet, ispirato a un tragico fatto di cronaca, diviene fiaba nera nella messinscena “Le serve”, per la regia di Giovanni Anfuso, dal Biondo di Palermo approdato al Teatro Verga di Catania.
In un disorientante rovesciamento dei ruoli, Cenerentola è la padrona, una mantenuta, giovane, ricca, bella, mentre le sorellastre sono due scialbe servacce, odiose e incolte, assetate di vendetta, complici ignominiosamente dedite a riti misterici inconfessabili, unite dal trucido binomio odio-amore.
In una artata sostituzione dei ruoli serva- padrona, il gioco si fa corrosivo, delirante bubbone purulento di rapporti umani dove il potere si annida, esplode, disumanizzando, asportando brandelli di carni, ossa , tendini, fino alla morte degli oppressi che cercavano di dare morte all’oppressore.
Tema ìntrigante questo del servaggio, dove la relazione servo- padrone, dai fasti della “Fenomenologia dello spirito” di Hegel al film di Losey, “Il Servo”, viene sviscerata e rivelata in tutte le sue oscure trame, serpeggianti in meandri mefitici e purulenti.
Con sguardo impietoso sulla spietata relazione tra chi comanda e chi ubbidisce, rivelando le crudeltà dei dettagli di una impossibile pacificazione, “Le Serve”, si impone drammaturgicamente come un testo ineluttabilmente affascinante e inquietante. Un vero e proprio banco di prova per i registi, foriero com’è di svariate e multiformi letture e interpretazioni, uniformate da un oscuro senso di disagio dello spettatore, inconsciamente consapevole che da questi loschi rapporti di potere nessuno di noi è immune.
Socialmente siamo tutti servi-padroni. L’universalità del tema rende la storia una allegorica rappresentazione della nostra misera condizione umana, spesso inconsapevole, ma sempre feroce. Affamati di potere, ci trasciniamo nella vita di tutti i giorni, mentendo a noi e agli altri. Sorridiamo scoprendo la zanne, come le due povere Serve, Solange e Claire, pronte ad uccidere l’odiata-amata Padrona nel vano tentativo di uscire dal giogo. Sull’opera, in sostanza una profana, nera cerimonia, incombe la tragica Necessità. Monito e assunto universale.
La grandezza metafisica del tema si vela in questa rappresentazione “fiabesca” del regista, celandosi, ammantata e trasfigurata da sontuosi e onirici scenari, negli accesi cromatismi, nelle fantasmagoriche luci e apparizioni, fino a dissolversi nel lieve sfarfallio di petali bianchi sul letto di morte, in un finale visionario che decisamente smorza la crudezza della violenta realtà.
Il grande Genet si impone ancora una volta con la sua macchina teatrale garante dell’applauso, in questa pièce opportunamente nutrita dalla presenza di una Anna Bonaiuto misurata e abilmente sconnessa, in tandem con Manuela Mandracchia, sguaiata e dimessa. Entrambe sognanti larve al vetriolo. La Padrona ci appare di contro nella sua aurea mediocritas, inafferrabile e lontana come la luna. Un triangolo maledetto da cui non si esce se non con la morte.
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“Le serve”
Di Jean Genet Traduzione: Gioia Costa Regia: Giovanni Anfuso Scene Alessandro Chiti Costumi: Lucia Mariani Musiche Paolo Daniele
Con Anna Bonaiuto, Manuela Mandracchia, Vanessa Gravina.
Teatro G. Verga Catania. Sino al 30 Dicembre 2016