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Sauro BORELLI- Come nasce un fuoriclasse (“Genius”, un film di Michael Grandage)

 

 

Il mestiere del critico

 

 


COME NASCE UN FUORICLASSE

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“Genius”, un film di Michael Grandage

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Incredibile! Tra le tante sortite inessenziali che approdano, con indebito risalto, sui nostri schermi, esce quasi inavvertito (salvo una fugace apparizione a Berlino 2016), uno tra i film più belli dell’attuale stagione. Parliamo dell’anglo-statunitense Genius, opera prima del cineasta inglese Michael Grandage, già esperto di cose teatrali e attento cultore di letteratura anglosassone. Incredibile, ripetiamo, che una realizzazione del genere – con un cast prestigioso incardinato ai nomi di attori superlativi quali Colin Firth, Jude Law, Nicole Kidman, Laura Linney, ecc. – e un ordito narrativo improntato da una sapienza drammaturgica esemplare possa passare con distratto rilievo nel folto di una programmazione abbastanza mediocre.

Meglio dunque concentrarsi sul merito specifico di Genius, ove il termine è riferibile, nel caso particolare, tanto al protagonista incontrastato di un racconto teso, frastagliato tra sussulti drammatici estremi, ovvero lo scrittore americano Thomas Wolfe (Jude Law), quanto all’autorevole comprimario Maxwell Perkins (Colin Firth), editor di indiscusso valore della massima casa editrice, Scribner: l’uno e l’altro contendenti esasperati di un conflitto caratteriale e psicologico. Un conflitto giostrato fino all’estremo limite dell’espressione letteraria e, ancor più, dell’ossessiva acribìa poetica.

La vicenda di Genius prende avvio nei declinanti anni Venti, nell’America percorsa dalla grande depressione economica, ove alle tragiche condizioni sociali fanno riscontro le ventate innovatrici di una intellighenzia indocile, orientata verso prospettive, ideali assolutamente trasgressivi. Non a caso, oltre l’impervia incombenza di “lanciare”, a dispetto di tutto e di tutti, il riottoso scrittore Thomas Wolfe (1900-1938) incline a smodate attitudini creative e ad alluvionali abbandoni grafomani di sapore autobiografico, il pacato, rigoroso Perkins (imperturbabile sotto il suo feltro) bada, sorveglia, conforta di volta in volta anche il titubante, depresso Fitzgerald (ormai privo del successo del passato e sfiancato anche dalla psicopatic MIchaela moglie Zelda) e l’irruento, avventuroso Hemingway (che snobbando Fitzgerald già preconizza le sue gesta in terra di Spagna).

Ci sono poi le intrusioni puntuali della risentita moglie di Wolfe, Alina Bernstein (Nicole Kidman), che, soppiantata dalla furia creativa del marito (irriducibile nella sua smania egocentrica) mette in campo una protesta sacrosanta ma del tutto vana contro l’irragionevolezza reiterata di quell’invasato scrittore. Ora, tutto ciò è sciorinato con eleganza e coltivata proprietà figurativa secondo cadenze e momenti significativi di grande suggestione stilistica. Tanto da giungere a comporre un quadro d’assieme calibratamente preciso del contesto storico-culturale degli States, al tempo dei suoi grandi autori letterari qui rivisitati con accenti realistici ma non mai fuorvianti o apologetici: Thomas Wolfe, Fitzgerald, Hemingway compaiono, in Genius, quali epocali deuteragonisti di un clima, di situazioni sempre sostanzialmente motivati.

Spiace, oltretutto, che un simile film sia passato quasi senza attenzione sugli schermi commerciali anche in ordine al fatto che Nicole Kidman, qui nel ruolo di Alina Bernstein, oltraggiata consorte del lunatico Wolfe, fornisce una prova davvero altissima della sua eclettica bravura.

Quanto poi al protagonista, Wolfe, va ricordato che appunto negli anni Venti e Trenta acquistò repentina e vasta notorietà con romanzi fluviali come Angelo, guarda il passato, Il fiume del tempo, La ragnatela e la roccia, Non puoi tornare a casa. E che tanta profluvie letteraria è stata salutata ovunque da critiche ora lusinghiere ora con più tiepidi consensi. Come è accaduto, ad esempio, anche nel nostro paese: “L’opera di Wolfe d’imponenti dimensioni narrative e di ambizioni epiche… è da un lato una affascinante ricostruzioni dei tempi e dei luoghi d’origine dello scrittore e dall’altro un tentativo… di trasfigurare nel mito l’America e gli americani”.