La maschicida Turandot nell’anno pucciniano apre la stagione lirica al Bellini di Catania
@ Anna Di Mauro, 18 gennaio 2024
Opera celebrata e incompiuta di Giacomo Puccini, “Turandot”, sterminatrice di pretendenti, vindice di millenari femminicidii, continua ad ammaliare e suscitare pathos sia per la trucida vicenda dagli esiti favolistici che per la soggiogante musicalità che il Maestro vi profuse, a suggello inconsapevole della sua lunga e ricca produzione artistica, interrompendone tuttavia la composizione o per la sopraggiunta morte, avvenuta nel 1924, o per difficoltà di ispirazione, secondo il parere di alcuni musicofili. Scelta dal Teatro Massimo Bellini di Catania per l’apertura della stagione operistica, l’Ente lirico propone la versione di Luciano Berio.
Il fascino dell’Oriente campeggia a tutta scena in quest’ultima creazione di Puccini, che lasciò la partitura al punto in cui assistiamo al suicidio della dolce Liù.
La prima storica rappresentazione postuma del 1926, diretta da Arturo Toscanini, si ferma qui. L’onorevole ma ingrato compito del completamento fu dato a Franco Alfano che lavorò sugli appunti del maestro ricavandone il discusso finale. Affidata successivamente a Luciano Berio nel 2001, l’opera ebbe un secondo rifacimento, senza tuttavia accontentare pienamente i palati raffinati di alcuni intenditori che preferiscono la chiusura della stesura originale.
Questa discussa complessità compositiva del finale non è riuscita tuttavia ad offuscare la grazia raffinata del dramma lirico del grande compositore che, indubbiamente incline all’esotismo e alle innovazioni (pensiamo alla Butterfly), fece uno studio attento della musica orientale, intrecciandola con i mielismi tardo-romantici e ricavandone melodie di grande bellezza di cui la celeberrima “Nessun dorma”, costituisce il vessillo. L’apparato orchestrale si avvale infatti di inserimenti suggestivi quali il carillon, la celesta, lo xilofono, le campane tubolari, il gong, che contribuiscono a conferire al tessuto sonoro nuovi e preziosi virtuosismi timbrici.
La storia di Turandot, principessa splendente come la luna dal cuore di ghiaccio, inneggia all’Amore, forza trasformatrice misteriosa e possente, capace di gesti estremi, vittorioso sulla morte e sul rancore, in un’alba luminosa e foriera di vita. Opera di indubbia fascinazione, ambientata a Pechino, tradizionalmente evocata dalla imponente ed esuberante scenografia ricca di pagode e draghi, in questa edizione firmata dal regista Alfonso Signorini, “Turandot” è tratta dalla tragicommedia “Turandotte”, fiaba drammatica del reazionario conte Carlo Gozzi che polemizzava aristocraticamente con l’impianto realistico-borghese del rivale Carlo Goldoni. Il tema favolistico è ambiguamente intrecciato con un violento conflitto di genere che immerge la fiaba in atmosfere ai limiti del macabro, sulla scia di un fosco potere grondante sangue.
Alla corte dell’Imperatore della Cina giungono in incognito il principe Calaf e separatamente il re Timur suo padre, accompagnato dalla fedele schiava Liù, in esilio. L’apertura cupa del dramma, intrisa di morte e di tensione drammatica, vede una città in preda all’angoscia e al terrore. La bellissima e crudele principessa Turandot alla cui mano ambiscono principi e re, ne sta facendo strage, sottoponendoli, per evitare le nozze, a tre oscuri enigmi, pena la testa. Le mura di Pechino si abbelliscono di giorno in giorno di teste mozzate dalla furia vendicativa della sanguinaria discendente, in omaggio alla sua ava che in un tempo lontano fu abusata e uccisa dalla barbarie di un uomo, conquistatore del suo regno. Calaf, innamoratosi perdutamente della principessa, accetta la sfida, nonostante Ping Pong e Pang, ministri del regno, tentino di dissuaderlo, con accenti tra il comico e il cinico. In preda a una passione incontrollabile il principe scioglie gli enigmi, ma l’algida fanciulla non vuole rispettare il patto. Nessun uomo la toccherà mai. Immerso nel sacro fuoco dell’amore il giovane rilancia la sfida. Lui morrà se Turandot riuscirà a conoscere il suo nome prima dell’alba, altrimenti lei sarà sua per sempre. Si riaccende la morbosa tensione del primo atto, acuita dal sacrificio di Liù che dichiara di essere l’unica a conoscere il nome dello straniero. Su di lei, tenera e forte per l’amore segreto verso il principe che un giorno le sorrise, si scatenano le ire della regale fanciulla. Sottoposta a tortura, incapace di resistere, la schiava, sottratto fulmineamente un pugnale a una guardia, si trafigge mortalmente.
La conclusione catartica si snoda sull’improvviso cedimento della divina fanciulla. Vinta dall’amore, Turandot, in candido e appariscente abbigliamento di piume e lustrini da gran varietà, consapevolmente seduttivo, scioglie il ghiaccio secolare che la imprigionava, si abbandona alle braccia dell’amato e a un bacio che celebra la coppia, sana la ferita millenaria, apre il cuore alla speranza, all’amore, alla vita.
La ricchezza iconografica degli appariscenti elementi scenografici, dei costumi, delle luci, delle scene corali, degli scenari come la suggestiva processione tra il pubblico di fanciulli biancovestiti portatori di bianche e luminose sfere lunari, contribuiscono a dare risalto alle voci di un corposo cast, tra cui spiccano la seducente gamma timbrica della Turandot di Daniela Schillaci, l’intensità dolcissima della Liù di Elisa Balbo, il nitore esecutivo del Calaf di Angelo Villari. Il coro del Massimo, presenza dominante affiancato dal coro di voci bianche del Bellini, e l’accurata esecuzione dell’orchestra diretta dal maestro Eckehard Stier, hanno completato l’armonia di uno dei più amati drammi lirici della nostra tradizione operistica.
TURANDOT
Opera in tre atti su libretto di Giuseppe Adami e Renato Simoni
Musica di Giacomo Puccini
Turandot Daniela Schillaci,Anastasia Boldyreva (S1, S2, R)
Calaf Angelo Villari, Marco Berti (S1, S2, R)
Liù Elisa Balbo, Cristin Arsenova (S1, S2, R)
Timur George Andguladze, Gianfranco Montresor (S1, S2, R)
Ping Vincenzo Taormina
Pang Saverio Pugliese
Pong Blagoj Nacoski
Un mandarino Tiziano Rosati
Altoun Mario Bolognesi
Direttore Eckehard Stier
Regia Alfonso Signorini
Maestro del coro Luigi Petrozziello
Scene Carla Tolomeo, riprese da Leila Fteita
Costumi Fausto Puglisi, ripresi da Leila Fteita
Light designer Antonio Alario
Assistente alla regia Paolo Vitale, Anna Aiello
Assistente costumista Giovanna Giorgianni
Direttore degli Allestimenti Scenici Arcangelo Mazza
Orchestra, Coro e Tecnici del Teatro Massimo Bellini di Catania
Coro di voci bianche
Coro interscolastico Vincenzo Bellini
Diretto da Daniela Giambra
Allestimento del Festival Pucciniano di Torre del lago e Opera nazionale Georgiana di Tblisi
Al Teatro Massimo Bellini di Catania
Dal 12 al 21 Gennaio