“Il Re di Ionesco muore… e neanch’io mi sento tanto bene” direbbe Woody Allen

“Il Re di Ionesco muore… e neanch’io mi sento tanto bene” direbbe Woody Allen

@Anna Di Mauro, 17 novembre 2023

Ci sono opere teatrali che rimangono nella memoria e nelle vene degli spettatori vivendo di vita propria, sia per il loro congegno strutturale che per il valore dei contenuti. Le opere di Eugène Ionesco certamente non si dimenticano e lo dimostra ancora una volta la messinscena del suo inimitabile Il re muore, in questa ultima edizione che riprende la storica, ultima regia di Maurizio Scaparro e le musiche di Nicola Piovani, del 1962, che ha mostrato la sua forza drammaturgica nonostante momenti di difficoltà di Edoardo Siravo nei panni del re, ben affiancato da Isabel Russinova e Gabriella Casali, alle prese con qualche inconveniente tecnologico.
È il bello della diretta, che dà al teatro quella originalità artistica di cui si avvale e che lo rende unico.
Il godibile spettacolo narra la storia di Bèrenger I, di ben 283 anni, che si snoda sotto i nostri occhi, introducendo gli spettatori in quella cifra dell’Assurdo che ha connotato alcuni geniali autori del Novecento, da Beckett a Genet, deliziandoci con uno degli snodi più significativi della creatività drammaturgica: pietre miliari a cui è impossibile restare indifferenti, provocazioni intelligenti che hanno lasciato un segno indelebile nella coscienza e nell’anima di un secolo all’insegna della crisi esistenziale.
Un vecchio re in declino, un regno alla deriva, due mogli attempate, una “buona”, Marie, e una “cattiva”, Marguerite, un medico un po’ cialtrone, un soldato, una giovane fantesca sono gli ingredienti di questa raffinata pièce che vede sfaldarsi a poco a poco le certezze di un uomo che il destino ha voluto re, ma che ora deve scendere dal trono, rinunciare al potere e consegnarsi alla morte annunciata, come ogni essere vivente. Il corpo del monarca mostra chiaramente i segni di un degrado che il re si ostina testardamente a ignorare e negare per poi averne la rivelazione brutale e impietosa, ma necessaria, e concedersi finalmente al rito preparatorio del suo trapasso. La breve ed emblematica storia si svolge nella sala del trono, che campeggia al centro della scena, fiancheggiato dai due piccoli troni delle regine. I costumi portano l’effigie delle carte da gioco, all’insegna di un umorismo sottile che serpeggia tra le righe e dona quell’atmosfera particolare di humour tragico a cui l’autore de La cantatrice calva ci ha abituato, offrendo un raffinato gioco di nonsense, intrecciando parole e gesti, che oscillano tra un mero quotidiano e un’eccezionalità fuori dal tempo e dallo spazio, sul filo di una sapiente ironia che sposta su altri piani la percezione del nostro vivere, rendendolo visibile nella sua realtà precaria. Caducitas docet. Con la raffinata affabulazione che lo contraddistingue, Ionesco ci regala una delle sue opere più significative, quanto mai attuale, quanto mai universale, sospesa tra il ridicolo e il tragico, con lo sberleffo che non ci consola, ma sottolinea l’assurda normalità della nostra precaria condizione umana consegnandoci alla morte e dunque alla vita.
È MORTO IL RE, VIVA IL RE.

 

IL RE MUORE
di Eugène Ionesco

Con
Edoardo Siravo, Isabel Russinova, Gabriella Casali, Alessio Caruso, Claudia Portale, Michele Ferlito

Regia Maurizio Scaparro
Musiche Nicola Piovani
Scene Antonia Petrocelli
Costumi Santuzza Calì

Al Teatro Brancati di Catania fino al 19 Novembre