Il “Liolà” di Pirandello è un pupo canterino nel musical omonimo firmato Moni Ovadia e Mario Incudine

Il “Liolà” di Pirandello è un pupo canterino nel musical omonimo firmato Moni Ovadia e Mario Incudine

@Anna Di Mauro, 9 novembre 2023

È “Liolà”, in una briosa e godibile rivisitazione dell’opera pirandelliana, a inaugurare la stagione 2023/2024 del Teatro Brancati; un vero e proprio musical in dialetto siculo, all’insegna del canto e della coralità, che calca la mano sul grottesco, con apporti e innesti di personaggi nuovi di gustosa affabulazione, come il filosofico Pauluzzu ‘u fuoddi, tutt’altro che folle nei suoi esilaranti e lucidi soliloqui, di Paride Benassai, che ha anche curato l’adattamento e la riduzione, e che con un abbigliamento guerresco evocativo delle stampe orientali punteggia e dirige sapidamente la vicenda, di ambientazione rurale, scenograficamente tracciata da bastoni mobili variamente disposti a delineare spazi e situazioni. In tutt’altra foggia, i personaggi tradizionali appaiono appiattiti, come in un disegno; abbigliati con moderni costumi bidimensionali indossano maschere, vere o disegnate, recitano con movenze da marionette, a sottolineare l’irrealtà della vicenda, una paradossale storia campestre di amori e tradimenti, definita da Antonio Gramsci una vera e propria farsa, nel senso più nobile del termine, erede dei drammi satireschi dell’antica Grecia, dove l’eros solare e dionisiaco del puro e libero piacere trionfa con furbizia sull’aridità d’animo e sull’avidità dei beni materiali. La “roba” di verghiana memoria è infatti al centro dell’universo contadino, accanto all’esuberanza sessuale e priapica del maschio, virile inseminatore di terre feconde, alias femmine. I due temi si intrecciano in “Liolà” lasciando dietro di sé uno sciame di dubbi e riflessioni sui comportamenti umani, sull’essenza e l’apparenza, come del resto tutte le opere di Pirandello.

In un paese senza tempo l’infelicità del vecchio e ricco zio Simone, ormai impotente e dunque rimasto senza eredi nonostante abbia una giovane moglie Mitta a cui scarica inopinatamente la colpa di non avere generato, si interseca con la gioia di Liolà, dall’onomatopeico nome, un giovane vagabondo dall’eros spensierato e prolifico, allegra maschera di Don Giovanni siculo canterino, dedito ai piaceri carnali con l’esuberanza e l’ingenuità (forse) di un fanciullo, che con l’aiuto della generosa e paziente madre, la ‘za Ninfa, impersonata dalla poetica Rory Quattrocchi, alleva il frutto dei suoi occasionali amori, tre bambini, che la nonna intrattiene amorevolmente dispensando favole ed educazione alla vita. La prorompente vitalità di Liolà, affidata a Mario Incudine, alla sua voce potente e alla sua verve attoriale, avrà un epilogo beffardo, quando l’avida nipote del vecchio, Tuzza, rimasta incinta di Liolà, con la complicità della madre cercherà di far credere al ricco zio, disposto a tutto pur di avere un erede, che è lui il padre, mentre rifiuta la doverosa proposta di nozze dell’inaffidabile e spiantato Liolà, che per vendicarsi di essere stato usato dalle due donne per i loro loschi piani, convincerà Mitta a farsi mettere incinta, vanificando le trame di Tuzza e della madre, la ‘zà Croce della calzante Olivia Spigarelli. La rabbia della ragazza, che è l’unica a rimetterci la roba e l’onore, ricadrà con una coltellata sullo scanzonato futuro padre che pur rifiutando di sposare Tuzza, si offre di allevarne il figlio, regalando una soluzione etica spicciola e un finale aperto.
In un clima di generoso dispiegamento di energie canore, esasperati trucchi e marcata gestualità, musiche eseguite in scena e abbellimenti canori e coreografici, inalberando colori sgargianti e una recitazione stereotipata, a volte, unico neo, in sovrapposizione confusa a danno della comprensione del testo, il musical si avvale della forza narrativa dell’autore a cui si è ispirato, alleggerita e contaminata dall’adattamento e dalla regia che hanno creativamente integrato il “Liolà” originale, interpretando e sviluppando la tendenza musicale che la commedia conteneva in nuce, ancorandola fedelmente alla tradizione musicale siciliana, a cui si ispirano le musiche originali di Mario Incudine. Il grido cantato dell’incipit non a caso ricorda “i vanniatori” siciliani quando vendono le loro merci. Da questa complessa e curata operazione scaturisce un vivace e malizioso racconto pirandelliano allegramente crudele, dove si ride e si piange, come nella vita, a suon di musica.

LIOLA’
di Luigi Pirandello

Regia
Moni Ovadia e Mario Incudine

Adattamento e riduzione
Mario Incudine
Moni Ovadia
Paride Benassai

Scene e musiche originali
Mario Incudine

con 
Mario Incudine, Angelo Tosto, Paride Benassai, Rory Quattrocchi, Olivia Spigarelli.
e
Aurora Cimino, Graziana Lo Brutto, Lorenza Denaro, Federica Gurrieri, Irasema Carpinteri, Rosaria Salvatico
Musici Antonio Vasta
Denis Marino
Popolane Valentina Caleca, Emilie Beltrami, Emanuela Ucciardo, Chiara Spicuglia, Flavia Papa

Costumi Elisa Savi e Stella Filipponi Cristina Protti

Coreografie Dario La Ferla

Luci Giuseppe Spicuglia

Produzione Teatro della città TDC

Al Teatro Brancati di Catania fino al 12 Novembre