Rapiti da “Rapito”. Bellocchio in concorso a Cannes fa centro ancora una volta
@ Anna Di Mauro, 29 maggio 2023
L’ultima opera del grande maestro del cinema italiano, di una bellezza che rasenta la perfezione, si presta a sollevare vespai e critiche nei cosiddetti “benpensanti”, ma sicuramente è un’aurea occasione per stimolare accesi dibattiti su questioni nodali e una nuova sfida del regista meno accomodante del momento.
L’argomento è piuttosto inquietante, trattandosi di una storia vera in cui la Chiesa cattolica, nella persona del Papa Pio IX, mostra l’orrido volto del potere cieco e sordo, calato come una mannaia su una famiglia ebrea, una delle tante, come si evince nel film dal folto gruppo di piccoli ebrei strappati alle famiglie per ricevere una educazione cattolica. “Rapito” mostra una realtà scandalosa venuta a galla con il caso Mortara. Eventi epocali fanno da sfondo alla vicenda. Sembriamo sprofondati in atmosfere medievali, ma invece siamo alla vigilia dell’Unità d’Italia e alla fine del potere temporale dei papi.
E’ sera. Bologna 1858. La famiglia ebrea Mortara si vede irrompere in casa emissari del Papa-Re, così chiamato dai suoi sudditi, per portare via il piccolo Edgardo di appena sei anni e affidarlo alla giurisdizione ecclesiastica, poiché è stato battezzato, secondo le rivelazioni di una ex cameriera. Il battesimo cristiano lo ha consegnato alla religione cattolica che “deve” garantirgli una formazione adeguata. Questo feroce accanimento, puro esercizio di potere in una Roma papale in declino, ammantato di etica cristiana, induce la famiglia a ribellarsi al turpe progetto, appoggiata dalla stampa e dall’opinione pubblica. Inutilmente. Il bambino, uno stupefacente Enea Sala dallo sguardo indimenticabile, viene portato via brutalmente all’affetto dei suoi cari e destinato a Roma, alla corte papale, dove vengono allevati sotto l’ala di Pio IX i giovanissimi ebrei, reietti da “convertire” per la salvezza della loro anima. Nonostante ripetuti tentativi del padre e della comunità ebraica di sottrarlo alla sua sorte, Edgardo, tra paure e condizionamenti, viene avviato al cattolicesimo, insieme ai suoi piccoli compagni. La sua restituzione non avverrà mai. Cresciuto in una rigida atmosfera cristiana, tra studi, dubbi, conflitti, lacerazioni affettive, il piccolo Edgardo, disorientato, lontano per sempre dagli affetti familiari, divenuto adulto, nella fugace, ma intensamente nevralgica interpretazione di Leonardo Maltese, abbraccia la fede cattolica, per sua scelta, come dirà al fratello bersagliere venuto a liberarlo. Da questa fede non si allontanerà né dopo l’Unità d’Italia né alla caduta dello Stato Pontificio nel 1870, fino alla morte. Fu libero o servo arbitrio? Edgardo confligge con i suoi fantasmi ispirando una struggente tenerezza per la sua sorte e per quella dei suoi simili, e grande sdegno per un incredibile comportamento che di etica cristiana non ha nulla.
Una sconfitta per tutti. Religione, Famiglia, Stato, presentano ancora una volta nella filmografia del regista la loro solidità minacciata da una fragilità latente, aprendo varchi alla riflessione sui condizionamenti, sui rischi, sulla difficoltà a vivere in questi ambiti, a rintracciare la nostra libertà personale, il nostro autentico percorso. Temi nodali che il regista ha proditoriamente trattato fin da “I pugni in tasca”. “Rapito”, ultimo nato, è un film anticlericale, certamente, ma si rischierebbe di dargli contorni asfittici e limitanti. La maturità piena e feconda di Bellocchio, il suo rigore intellettuale, lo conducono attraverso eventi storici, rigorosamente approfonditi, presi a pretesto per affondare la lama sul tessuto malato della società e condurci alla sostanza della problematica esistenziale, stretta tra apparati e istituzioni condizionanti e destabilizzanti. L’opera, splendidamente narrata con vivacità e ritmo, tra innumerevoli colpi di scena, coerentemente in stile con i consueti moduli narrativi, sorretti da uno sguardo lucido e appassionato, si lascia dietro una inevitabile scia di amarezza a fronte di una vicenda commovente e coinvolgente, che però viene superbamente controllata nel suo impatto retorico e resa felicemente con mano asciutta, salda, con rigore filologico, con pienezza estetica, illuminata con il piglio caravaggesco della fotografia, irrorata da un cast di alto livello, su cui spiccano la ferrigna madre di Barbara Ronchi, l’umanissimo padre di Fausto Russo Alesi, l’ambiguo Papa di Paolo Pierobon, lo splendidamente gelido ex inquisitore Feletti di Fabrizio Gifuni e il fiero cardinale Antonelli di Filippo Timi. “Rapito” avvincente ed artisticamente eccellente, diretto magistralmente e con onestà intellettuale scevra da banali compiacimenti, segna indubbiamente una tappa determinante nel facondo percorso di uno dei registi più significativi della cinematografia internazionale, impreziosito da una attenta ricostruzione di ambienti, costumi, suggestioni musicali, fatti, testimonianza della passione indomita di un cercatore di verità, libero nell’espressione, incapace di venire a patti con un sistema che vorrebbe stritolarlo, ma che non riesce a intaccare la sostanza di un artista guerriero, sobrio e incisivo, che indomito si propone di illuminare l’oscuro cammino dei suoi coevi, in una forma d’arte che padroneggia e nobilita con il suo impegno artistico e civile. Imperdibile.
RAPITO
Lingua originale | italiano |
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Paese di produzione | Italia, Francia, Germania |
Anno | 2023 |
Durata | 134 min |
Genere | drammatico, storico |
Regia | Marco Bellocchio |
Soggetto | libro di Daniele Scalise |
Sceneggiatura | Marco Bellocchio, Susanna Nicchiarelli, Edoardo Albinati, Daniela Ceselli |
Produttore | Paolo Del Brocco, Simone Gattoni, Beppe Caschetto |
Produttore esecutivo | Patrick Carrarin, Alessio Lazzareschi, Maurizio Feverati |
Casa di produzione | IBC Movie, Kavac Film, Rai Cinema, Ad Vitam Production, The Match Factory |
Distribuzione in italiano | 01 Distribution |
Fotografia | Francesco Di Giacomo |
Montaggio | Francesca Calvelli, Stefano Mariotti |
Effetti speciali | Rodolfo Migliari |
Musiche | Fabio Massimo Capogrosso |
Scenografia | Andrea Castorina |
Costumi | Sergio Ballo, Daria Calvelli |
Interpreti e personaggi | |
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