La filosofia giocosa di “A che servono questi quattrini” fa bonariamente sorridere e pensare

La filosofia giocosa di “A che servono questi quattrini” fa bonariamente sorridere e pensare

@Anna Di Mauro, 18-02-2023

Il denaro rende felici? All’endemico dilemma risponde già nel titolo “A che servono questi quattrini?” in scena al Teatro Stabile di Catania. L’arguta e gradevole commedia “controcorrente” dell’intellettuale napoletano Armando Curcio, per la prima volta rappresentata nel’40 con la compagnia De Filippo, nel ’42 trasposizione cinematografica sempre con i fratelli De Filippo, ebbe un grande successo per i temi che stuzzicavano la fantasia popolare e l’ambizione della borghesia, impegnata nel processo di iniziazione al capitalismo, di cui l’America rappresentava l’emblema in quegli anni. Questi temi mantengono ancora la freschezza degli albori capitalistici italiani, “quando salvare ella ancor si poteva…”, in un tempo come il nostro, ormai costantemente dominato dalle leggi capitalistiche, rendendo la pièce attuale, pur se proposta in un’atmosfera giocosa da commedia dell’arte, dove gli espedienti degli umili per sbarcare il lunario sono qui innervati in uno stratagemma ordito su due concetti, decisamente paradossali per un’economia che si affaccia al capitalismo, capisaldi di un binomio su cui innesta il suo operato il sedicente Professore, alias Marchese Parascandolo: denaro inutile – lavoro dannoso. In un clima di comicità condito da strategie socratiche in odore di truffa, infarcito di episodi di filosofi come Diogene, dedito alla povertà e all’ozio, a cui occorre esercitarsi costantemente, i bislacchi “insegnamenti” del Professore, a sua volta felicemente nullafacente e nullatenente, dopo avere dilapidato le sue sostanze, sono prevalentemente rivolti a Vincenzino, suo ingenuo discepolo, umile rampollo di una famiglia napoletana attanagliata dalla miseria, che ha smesso di lavorare per seguire le indicazioni del Professore, con grande disperazione della zia Carmela.

Per dimostrare l’inutilità del Dio-denaro e del lavoro il Marchese inventerà una finta eredità di Vincenzino, che lo porterà in breve ad avere agiatezza e persino il matrimonio con la sua bella, prima impossibile da impalmare per diseguaglianze sociali. L’odore dei soldi ha il potere di spalancare tutte le porte al giovane, che acquistando fiducia nelle sue capacità, andrà oltre i limiti della sua vita fino a quel momento.
La regia di Andrea Renzi punta su un’edizione fedele, snellita da un impianto scenografico essenziale d’effetto, una parete sconnessa su cui basterà stendere un tendaggio per rendere il passaggio dalla miseria all’agiatezza, su un prestigioso cast sinergico dominato dal fatiscente e istrionico Marchese di Nello Mascia, che apre e chiude il sipario, in un riuscito protagonismo sornione e distaccato, senza primeggiare ma dando tono a tutti i personaggi, in un affresco di napoletanità ammiccante che fa sorridere, riportandoci anche se con leggerezza, alle atmosfere del grande Eduardo, dove tra serio e faceto si affrontavano i grandi temi della vita.

 

A CHE SERVONO QUESTI QUATTRINI

di Armando Curcio
regia di Andrea Renzi
con
Nello Mascia
Valerio Santoro
Salvatore Caruso
Loredana Giordano
Fabrizio La Marca
Ivano Schiavi
scene Luigi Ferrigno
costumi Ortensia De Francesco
luci Antonio Molinaro
produzione Compagnia La Pirandelliana, Teatro di Napoli-Teatro Nazionale

Al Teatro Verga di Catania fino al 19 Febbraio