“I Capuleti e i Montecchi” di Vincenzo Bellini a Catania aprono il Festival belliniano
@ Anna Di Mauro, 25-09-2022
“Oh! quante volte, oh quante!” gorgheggia Giulietta innamorata, pensando al suo Romeo.
Dolce e struggente aleggia sul palco la romanza più famosa della nostra tradizione letteraria. L’età dei due protagonisti certamente enfatizza il tragico destino della coppia amata e compianta dei giovani amanti, divenuta simbolica vittima dell’odio e della violenza tra gli uomini. Ironia della sorte, i due rampolli di due famiglie, acerrime nemiche, in quel di Verona, paradossalmente si innamorano in barba alle rivalità dei loro parenti, scardinando la faida e gettando lo scompiglio nelle rispettive retrovie. Matrimoni imposti, duelli, tranelli, finiranno per ritorcersi sui due malcapitati giovinetti, spezzando i loro cuori e la loro vita. La linea romantico-melodica dell’opera di Vincenzo Bellini, “I Capuleti e i Montecchi”, datata 1830, ben si adatta al tema della tragedia di Giulietta e Romeo, vestendo egregiamente la vicenda delle note palpitanti del compositore catanese, che qui getterà le basi per i suoi capolavori futuri. E’ la sua sesta opera, tra le più rappresentate dell’Ottocento. Il libretto è del suo versificatore prediletto, Felice Romani, che si era ispirato alla novella IX di Matteo Bandello – 1554, e non, come erroneamente a volte si legge, alla tragedia Romeo e Giulietta di William Shakespeare, sicuramente più famosa e pertanto attribuita come fonte, ma allora poco conosciuta in Italia. Il ventinovenne Vincenzo si trovò in difficoltà nel comporre il tessuto musicale dell’opera, per la velocità con cui il Romani compose il libretto, solo un mese, avendo utilizzato quello già scritto per Nicola Vaccaj, al punto che, per accelerare i tempi, utilizzò le sue precedenti partiture, la “Zaira” prevalentemente, ma anche “Adelson e Savini” per la romanza più famosa “Oh! quante volte…” Come nella “Zaira”, la coppia è affidata a due donne, un soprano e un mezzo soprano, quasi a sottolineare l’amore adolescenziale, che invece in “Zaira” era un amore tra sorella e fratello. Il risultato è una composizione che nonostante la velocità e brevità con cui fu elaborata si pone come opera apicale che segna il passaggio alla maturità del musicista siciliano. Strutturalmente l’opera ebbe una genesi complessa e fu più volte rimaneggiata, sia invertendo il ruolo femminile di Romeo, sia sostituendo il pregevole, ma moderno e sconcertante finale, con quello più tradizionale del Vaccaj.
La direzione di Riccardo Muti nel 1987 riportò meritoriamente l’opera all’impianto originale che viene riproposto in questa edizione 2022, in cui il dramma è ambientato a Verona, ma nell’Ottocento, in pieno Romanticismo, unicamente in una stanza open space dai toni pacati, in un misto di sobrietà e rigore. La nota trama ripercorre l’infelice storia dei due innamorati Giulietta e Romeo, appartenenti alle famiglie dei Capuleti e dei Montecchi, acerrime rivali, esponenti delle fazioni dei Guelfi e Ghibellini. Qui però i due giovani sono già innamorati e il loro amore contrastato si sviluppa in un crescendo di tensione che li porterà al sacrificio della vita. Per sfuggire al matrimonio imposto dal padre, la giovinetta su suggerimento dell’amico Lorenzo prende un veleno che simulerà la morte; Romeo sarà avvisato dell’inganno dal loro amico e i due potranno fuggire insieme, per sempre uniti. Ma Lorenzo, sorvegliato dal padre di Giulietta insospettito, non potrà informare Romeo, che giunge proprio durante il funerale di Giulietta. Disperato si avvelena, mentre la sua amata si risveglia dallo stato di morte apparente per raccogliere il suo ultimo respiro e poi morire anch’essa. Il loro sventurato amore e la violenta inimicizia dei due gruppi sono i due poli su cui ruota l’amara vicenda. Al centro domina la figura di Giulietta, sul cui pathos si appuntano gli strali del dolore fino alle estreme conseguenze. Nell’accurata messinscena di Gianluca Falaschi, che ha elaborato anche le scene e i costumi, si avvertono tuttavia alcune forzature nella scelta registica di simbolismi di scena che punteggiano qua e là lo spettacolo segnando di qualche debolezza i movimenti di scena, che comunque non compromettono la bellezza dell’opera, musicalmente ricca e articolata, esaltata dall’interpretazione dei cantanti e dell’orchestra. La linea melodica è impreziosita dai virtuosismi e ricami delle voci dal timbro puro e limpido della Giulietta del soprano Ruth Iniesta, del Romeo di Chiara Amarù, del Tebaldo del tenore Marco Ciaponi, intrecciate alla profondità del timbro caldo e pastoso dei bassi del Lorenzo di Guido Loconsolo e del Capellio di Antonio Di Matteo, tutti meritoriamente impegnati in una pregevole esecuzione.
Pur se improntato a forme chiuse di impianto tradizionale, questo raffinato melodramma belliniano che presenta un carattere proprio, segnato dai ritmi della musica marziale incrociati a morbide, dolci melodie, in linea con la sentimentale vicenda, delineando un percorso di ricerca foriero di quella stagione fertile che ne “I Puritani” e “Norma” troverà il suo felice compimento, è stato scelto dal Teatro Massimo di Catania per inaugurare il 23 Settembre, data della sua morte, il Festival belliniano, come ogni anno, dedicato al grande compositore, per celebrare il suo genio nella città dove vide i natali.
I CAPULETI E I MONTECCHI
Tragedia lirica in due atti su libretto di Felice Romani
Musica di Vincenzo Bellini
Con
Ruth Iniesta Giulietta
Chiara Amarù Romeo
Marco Ciaponi Tebaldo
Guido Loconsolo Lorenzo
Antonio Di Matteo Capellio
Fabrizio Maria Carminati Direttore 23/09
Iamasaky Takayuki Direttore 25/09
Gianluca Falaschi Regia, scene e costumi
Luigi Petrozziello Maestro del coro
Orchestra, coro e tecnici del Teatro “V. Bellini” di Catania
Partner – Teatro Massimo “V. Bellini” di Catania
Catania – Teatro Massimo “ V.Bellini”
23 Settembre ore 21 – 25 Settembre ore 17.30