La quarta dimensione di Ritsos sulle ali di un Aiace al femminile con Viola Graziosi. Ed è subito poesia
@ Anna Di Mauro, 01-06-2022
Suoni solenni aprono all’ascolto. Unico elemento di scena una sedia, su cui giace come un cadavere una tuta bianca che la riveste, al centro del palco, issato fra le pietre e l’acqua del Teatro Antico di Catania. L’attesa si compie nell’incedere di un’eterea figura femminile che avanza con grazia dalla cavea per entrare nello spazio scenico su cui elargisce pietre di vetro, modulando parole che riempiono magicamente lo spazio, colmando la ferita tra il pubblico e la scena. A lei, donna, è affidata la forza delirante della parola di Aiace, eroe greco dall’infelice destino, disonorato dalla sua furia devastatrice per non essere riuscito ad aggiudicarsi le armi di Achille. Accecato da Atena il folle guerriero si abbandona a una drammatica ecatombe di animali e del suo onore, macchiato per sempre. Ritornato alla consapevolezza l’unica via d’uscita è la morte di sua mano. L’eroismo ha lunghe ombre lambite da margini di follia. Prigioniero del suo ruolo, Aiace-Ritsos, l’identificazione è feconda, ci porta nella quarta dimensione, la poesia, dove tutto diventa puro e possibile.
La regia attenta e profonda di Graziano Piazza ha voluto dare voce femminile all’Aiace di Ghiannis Ritsos, celebre poeta greco marxista perseguitato dal regime dei Colonnelli, che lo scrisse tra il ’67 e il ’69, ispirandosi a Sofocle. Qui l’identità rovesciata crea interessanti effetti di disambiguità. Intento a scavare nella sensibilità del personaggio la cui universalità lo porta fuori dai binari dei ruoli sessuali, il regista ha affidato a Viola Graziosi l’arduo compito, degnamente assolto da quest’attrice di rara sensibilità, che è riuscita magnificamente a modulare il monologo poetico, facendoci gustare tutte le sfumature di una vicenda intrisa di dolore, ma anche di speranza. Nel testo di Ritsos Aiace è solo. Muta presenza una donna, moglie o madre, o sorvegliante che qui invece assume, riscattando il suo silenzio secolare, la parola dell’eroe greco, la fila e la tesse come un prezioso tessuto, la onora e la salva sospesa sull’abisso del dolore folle di essere quel che è, di aver fatto quello che ha fatto, dai fasti delle vittorie al suicidio, sulla soglia tra l’umano e il divino.
Il percorso artistico del mito, intrapreso con esiti fecondi dalla coppia Piazza-Graziosi, ancora una volta scopre la potenza della voce delle donne, poste al centro di vicende arcaiche e per questo tremendamente attuali, in una nuova prospettiva e in un tempo ormai declinato senza dei e senza eroi.
AIACE
di Ghiannis Ritsos
Regia di Graziano Piazza
Con Viola Graziosi
Scenografie sonore di Arturo Annecchino
Produzione Teatro della Città
Al Teatro Antico di Catania