Vita scellerata di Léon. ‘Viaggio al termine della notte’ al Teatro Biondo di Palermo
@ Antonia Giusino, 17-05-2022
Il Teatro Biondo di Palermo, malgrado le difficoltà economiche e il futuro incerto a causa della mancata erogazione dei fondi da parte del Comune, chiude la stagione teatrale con una sua produzione: Viaggio al termine della notte tratto dal noto romanzo di Louis-Ferdinand Céline, traduzione di Ernesto Ferrero, regia e adattamento teatrale di Claudio Collovà.
Lo spettacolo inizia mostrandoci scenari di guerra. Una luce verde riempie gli spazi, fortissimi rumori di esplosioni fanno sobbalzare gli spettatori, mentre gli attori in scena costruiscono davanti a una platea già “inquieta” un ponte/trincea. Il comandante, gli ufficiali, i soldati sono francesi, il contesto è quello della prima guerra mondiale, gli attacchi sono ripetuti, sembra che non ci sia tempo per nulla se non per la paura, che incontrollabile dirige ogni cosa. Fino a quando, dopo l’orrore dell’ennesimo attacco, si leva una voce. A parlare è un soldato semplice che si rivolge al suo Colonnello: …per quanto cerchi nella mia memoria, io so di non aver fatto nulla ai tedeschi, anzi li conosco pure e bene. Perché sparano? Ho voglia di capire le ragioni della loro brutalità ma soprattutto voglio andare via. La guerra è tutto quello che non si capisce…. Fucili, nebbia coprente, luci gelide e rumori assordanti sottolineano il contesto claustrofobico. Il conflitto sarà l’unica tematica del primo atto. Ma se è vero che nello spettacolo l’incipit di una serie di riflessioni attorno all’inutilità di qualsiasi guerra viene dato da un soldato semplice, è pur vero che diverse saranno le voci che proseguiranno il ragionamento, come se il reiterare quell’unico concetto che parla di pace fosse indispensabile per comprendere che la vera grande sconfitta è dimenticare, dimenticare quanto gli uomini sono carogne come afferma in un lungo monologo, lo stesso Colonnello che in un primo momento sembra voler colpevolizzare il soldato a causa del suo dire antipatriottico.
Quando la scena cambia, si è trasportati in un Ospedale. I malati sono tutti soldati feriti, hanno ricevuto le medaglie al valore ma la loro psiche sembra compromessa per sempre. Molti sono in preda ai ricordi della guerra, sobbalzano sulle brandine, urlano, hanno occhi e sguardi vitrei. La soluzione per dimenticare le atrocità viste e subite sono i ripetuti elettroshock proposti dai dottori dell’epoca. Medici in camici bianchi noncuranti e fieri, sono coloro che affermano: Grazie alla guerra finalmente abbiamo modo di penetrare nella loro intimità, quasi come se quegli uomini ormai consumati, perduti, possano diventare finalmente utili, utili cavie al servizio della scienza, della medicina che deve progredire, non importa quale sia il prezzo che si debba pagare.
Dopo la pausa del primo atto, la scena è completamente cambiata, sul palco vi è Léon Robinson, l’alter-ego di Céline, l’uomo ormai adulto che dopo aver vissuto gli orrori della guerra, è divenuto medico in una periferia parigina. E’ il Dottore dei poveri, cura un’umanità ingrata, che non ha soldi per pagarlo ma si rivela allo stesso tempo boriosa e aggressiva: un condominio, un ammasso di uomini e donne specchio di una società becera, piccola, infingarda. Non posseggono nulla, tranne il tifo che li sta uccidendo ma anelano al potere, con qualsiasi mezzo, attraversando qualsiasi via, compreso “l’omicidio della nonna”, l’anziana donna che non vuole morire, che vuole opporsi ai piani criminosi dei nipoti. In questo crocevia di genti, Léon, il Dottore vive la sua vita continuamente in bilico tra il desiderio di onorare il giuramento di Ippocrate e la disperazione per la sua condizione umana devastata. Giudicante e giudicato, anche lui, come tutti i personaggi tratteggiati lungo lo spettacolo, mostra tutte le sue debolezze, è pronto a colludere prendendo parte ai piani scellerati dei condomini, trovando però per sé un’assoluzione, quasi come se fosse stato costretto dalle necessità, dalla sua vita crudele di “povero tra i poveri”.
A novant’anni dalla pubblicazione di Viaggio al termine della notte il regista Claudio Collovà tira fuori dall’oblio Louis-Ferdinand Céline, lo scrittore che con il suo lungo romanzo autobiografico è riuscito, come nessuno ha saputo, a tratteggiare un secolo: il Novecento. Il suo testo è un viaggio, un viaggio materiale, spirituale, introspettivo, conoscitivo, autentico, così come lo è la sua cifra stilistica tagliente, schietta, a volte ostica. Collovà ancora una volta si avventura, raccoglie la sua “sfida personale”. La scelta non è un testo teatrale bensì un romanzo, un’opera da decifrare, comprendere, in cui immergersi totalmente, per poi tentare di renderla concreta, viva. Una voce che parla del presente attraverso lo spettacolo. Ancora una volta la funzione del teatro rimane quella delle sue origini, far pensare chi siamo, dove e cosa viviamo.
Nessuno avrebbe potuto immaginare questa nuova guerra che segna il nostro presente, ma forse come dice Céline Dovremmo ormai ricordare/sapere che nessun conflitto ha ragione di esistere.
VIAGGIO AL TERMINE DELLA NOTTE
di Louis-Ferdinand Céline
traduzione Ernesto Ferrero
adattamento teatrale e regia Claudio Collovà
con Sergio Basile, Nicolas Zappa, Gianluigi Fogacci, Luigi Mezzanotte, Antonio Orlando, Margherita Laterza, Serena Barone, Angelica Dipace
scene e costumi Enzo Venezia
luci Pietro Sperduti
musiche Giuseppe Rizzo
assistente alla regia Valentina Enea
scenografa assistente e attrezzista Giuseppina Giacalone
assistente ai costumi Ilenia Modica
direttore di scena Sergio Beghi
produzione Teatro Biondo Palermo
AL TEATRO BIONDO DI PALERMO