Script & Books

Agata MOTTA- C’è piano e piano (al Biondo di Palermo, uno progetto di Olivia Sellerio)

 

Lo spettatore accorto

 


C’E’ PIANO E PIANO

Al Biondo di Palermo, un progetto ideato da Olivia Sellerio, regia di Gigi Borruso

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Il direttore dello Stabile palermitano, Roberto Alajmo, definisce “sfizioso” il progetto che il Biondo ospiterà dal 13 al 17 aprile alla sala Strehler. Si tratta di C’era un piano, spettacolo nato da un’idea di Olivia Sellerio, che ne ha scritto i testi insieme con Nino Vetri e che è anche l’interprete delle canzoni. Il regista Gigi Borruso (anche in scena con Simona Malato) spiega che il lavoro è cresciuto soprattutto in assetto laboratoriale, per mettere in luce le diverse esigenze dello spettacolo – musica e narrazione – e per armonizzare i due piani della scrittura, quello della Sellerio e quello di Vetri.

 

Sottolinea, inoltre, come “lo spettacolo si collochi in quello che il teatro sta facendo negli ultimi anni, sostituirsi cioè alle lacune, alla precarietà della storia che viviamo, sfuggire alla narrazione ideologica e politica per far resuscitare la memoria collettiva e per divenire storia in senso critico, parlare di bombardamenti sui civili, infatti, mai come adesso ha il sapore dell’attualità”. Si allude ai bombardamenti del maggio del ’43 su Palermo.

 

C’era, dunque, un piano miliare, quello delle forze angloamericane di liberazione per sfinire la popolazione locale, ma c’era anche il vecchio pianoforte verticale Blüthner dal suono un po’ ubriaco, appartenuto alla famiglia Gullo-Giorgianni e miracolosamente scampato a quei bombardamenti. Esso torna gloriosamente in scena e si fa personaggio per raccontare delle tante generazioni che su di esso si sono avvicendate, per cui lo spettacolo diviene – scherza affettuosamente la Sellerio – la migliore assicurazione contro la legna da camino. Olivia Sellerio, già nota e raffinata musicista divenuta anche popolare per aver firmato la colonna sonora della seconda serie de Il giovane Montalbano, approda con questo spettacolo alla scrittura teatrale.

 

L’idea, come svela la stessa autrice, è nata dopo la visione dello spettacolo di Moni Ovadia Doppio fronte, oratorio per la Grande Guerra e dal suo sconvolgente impatto che, la stessa sera, l’ha riportata a pensare al vecchio pianoforte e alla possibilità di narrazione che esso avrebbe potuto prospettare, proprio lo strumento da lei stessa utilizzato come appoggio per lo smistamento della corrispondenza dopo il trasferimento in via Pirandello, prima sede della casa editrice dei genitori. Inizialmente pensava di affidare totalmente l’idea ad un altro autore ma, dietro sollecitazione del fratello Antonio, si è decisa a scrivere quel pezzo della propria storia, senza raccontare i personaggi in maniera eccessivamente fedele alla realtà per conservare un carattere di universalità alle sue parole, affinché questa sua storia intima e personale potesse essere avvertita come propria da altre famiglie che hanno affrontato il martirio della guerra.

“Il pianoforte ci consente di narrare la storia in maniera differente, senza che vi sia una vera conclusione, ma lasciando aperta la ferita che i bombardamenti hanno lasciato su questa città caratterizzandone anche l’identità – continua la Sellerio che si è spesso allontanata da Palermo per poi ritornarvi sempre – è importante evitare la reiterazione degli errori e innamorarsi di questa città, anche dello sbaglio, della ferita, del rattoppo fatto male”.

L’altro piano della scrittura è quello di Nino Vetri che, ispiratosi a se stesso bambino, un bambino ossessionato da tutto ciò che potesse riguardare la guerra, ha costruito il personaggio adulto di un accordatore acceso dalla passione storica. Si passa dunque dalla microstoria del pianoforte e della famiglia dell’autrice sfollata a Casteldaccia, affidata a Simona Malato, ai confini allargati della città, rivissuti da Gigi Borruso, l’accordatore.

In sostanza la storia privata e quella collettiva si riflettono l’una nell’altra. “Su tutto – puntualizza Borruso – scorre un sorriso, una leggera ironia, l’unico modo in cui il teatro rende accettabile e praticabile anche l’orrore”. Componente fondamentale del lavoro è naturalmente anche la musica. La Sellerio canterà dieci brani fondamentali dell’epoca (da Rosamunda a Lili Marleen, giusto per citarne alcuni dei più noti, ma anche brani meno conosciuti e bizzarri come Round end round Hitler’s grave) pochi italiani, molti stranieri, uno in siciliano, mantenendo l’equilibrio apparentemente difficile tra le diverse componenti dello spettacolo.

Lo spazio – spiega Ferruccio Bigi cui appartengono scene, costumi, luci e video – è pensato su strati che si sovrappongono, un luogo che archivia la memoria e che contiene provvisoriamente gli affetti di famiglia”. Le immagini proiettate sullo sfondo (alcune sono foto di Enzo Sellerio) hanno una forte capacità evocativa, di ampliamento della memoria di questi luoghi.

In scena i musicisti Roberto Gervasi (fisarmonica) Lino Costa (chitarra), Paolo Pellegrino (violoncello), Alessandro Venza (chitarra e percussioni).