Passato prossimo. Donne romane da Tacita a Sulpicia di Eva Cantarella: un’emancipazione a metà
Marco D’Alessio (15-12-2020)
Un percorso dentro la storia della condizione femminile nel mondo romano è quello in cui ci immerge Eva Cantarella. Partendo dagli studi di Bachofen in cui sosteneva che il cammino verso la civiltà fu caratterizzato da tre fasi: la prima, detta promiscua, consiste in una prevaricazione maschile dettata dalla superiorità fisica; in seguito, vi è una preminenza femminile per via del controllo religioso che spinse l’uomo alla monogamia. Infine, nel terzo stadio vi è l’opposizione tra uomo (forma-spirito) e donna (natura-materia) da cui emerge l’egemonia maschile con la nascita dei valori del patriarcato che si pongono alla base dello stato.
Altro punto cardine relativo allo status della donna romana è la rappresentazione religiosa: la divinità femminile arcaica da adorare è Tacita Muta, la dea del silenzio: secondo la leggenda era una ninfa di nome Lara (dal greco laleo=parlare) che confessò alla sorella l’amore di Giove nei suoi confronti, rendendo vani i tentativi di seduzione del dio che la punì strappandole la lingua. In opposizione la figura di culto maschile è Aius Locutius (dal latino aio=dire e loquor=parlare) che parlò una sola volta per mettere in guardia i romani contro il pericolo dell’avanzata gallica. Quindi fin dai primordi le immagini e i culti sono ideati per provocare l’adesione a un certo modello: Tacita è colei che è punita per aver parlato, Aius è colui che rappresenta la capacità di esprimersi.
Ulteriore elemento di spicco è la non conoscenza del nome di una donna: infatti le figure femminili a noi note sono ricordate con la denominazione della gens d’origine, ma non col praenomen, le motivazioni di questa mancanza sono disparate: o non è mai esistito o non veniva usato, segno di qualcosa da non rivelare se non in ambito estremamente circoscritto, quindi conoscerlo indicava una prossimità fisica. Comunque sia per lo studioso Moses Finley l’assenza di un praenomen era un chiaro messaggio che la donna non veniva accettata in quanto individuo, ma solo come componente del gruppo familiare con un compito ben preciso di moglie o di madre.
Cantarella nella sua opera ci illustra lo status della donna, in particolare nel II-I secolo a.C., periodo in cui, a causa dei conflitti bellici, molta ricchezza si concentrò in mani femminili, moltiplicando la libertà delle donne e aumentandone il potere contrattuale. Un esempio di questa nuova condizione è la protesta per la lex Oppia contro il lusso, ma anche l’episodio delle 1400 donne abbienti designate dallo stato a pagare le spese di guerra. Intervenne in questo caso Ortensia, che ottenne l’annullamento della misura in nome del fatto che era illegittimo chiedere un contributo economico senza nessuna rappresentanza politica o possibilità di accedere alle magistrature. Fra questi ritratti femminili spiccano due figure: Clodia e Sulpicia. La prima, consegnata alla storia dai versi di Catullo che la descrivono come un’amante immorale e capricciosa, viene riletta dalla studiosa proprio alla luce dell’agiatezza economica che le consentì di vivere liberamente la sua vita sentimentale in contrasto con le convenzioni dell’epoca. La seconda è una poetessa, l’unica attestata nel mondo romano, di cui non si conosce molto, ma si può avere un’idea della sua figura attraverso i sei componimenti che ci sono giunti in cui narra le emozioni suscitate dall’amore che nutre nei confronti di Cerintho, mostrando una certa libertà ma soprattutto una testimonianza di scrittura femminile in un mondo dove la creazione letterarie e la descrizione della donna è appannaggio degli uomini.
Il saggio si chiude con una riflessione sull’emancipazione femminile nella società romana, un evento a metà perché la libertà ottenuta e rivendicata è circoscritta entro i limiti del ruolo della donna, cui era preclusa la rivendicazione stessa di qualsiasi spazio di natura pubblica. I limiti di questo processo furono dettati, come purtroppo avviene spesso, in primo luogo dalle donne – timorose di perdere consenso maschile e credibilità sociale – che si adattarono a praticare una sorta di scambio con il sesso opposto. Proprio tale riflessione rende il libro interessante, si tratta di un’accurata esposizione delle volute della condizione femminile romana, non molto distante dalla realtà contemporanea. Un punto di osservazione da cui partire per conoscere i meccanismi di un mondo che ancora oggi stenta a promuovere una piena parità dei sessi. Un regalo natalizio per riflettere sul passato, ma anche sul presente, il tutto con uno stile lineare ma deciso, che sostiene una narrazione tesa senza cedimenti nel tecnicismo, capace di rendere piacevole la lettura, spingendo il lettore a seguire le linee tematiche tracciate dall’autrice.
SCHEDA LIBRO
titolo | Passato prossimo. Donne romane da Tacita a Sulpicia |
autore | Eva Cantarella |
argomento | Storia, Religione e Filosofia, storia |
collana | Universale economica saggi |
editore | Feltrinelli |
formato | Libro |
pagine | 187 |