Un caso di entusiasmo condiviso. Al Taobuk di Taormina 2020 i due premi Nobel per la letteratura Mario Vargas Llosa e Svetlana Aleksievich
@ Anna Di Mauro (09-10-2020)
Taormina – Hanno lo sguardo di chi vede lontano. Si muovono con eleganza sul palco dove riceveranno l’ennesimo premio nel gran gala del sabato sera, saldi nella vita che hanno scelto. Sono modelli di forza, coraggio, speranza. Il peso del loro impegno non ha fiaccato le loro membra. I loro volti sono segnati, non piegati. Rivelano la fatica, non la rinuncia, di essere uomini in un mondo dove il disumano cerca di sopravanzare. Incedono decisi sul loro cammino di denuncia e lotta per la libertà. Sono Mario Vargas Llosa e Svetlana Aleksievich, gli ospiti d’onore del Taormina Book Festival, 2020, giunto al suo decimo anno, ideato, diretto e quest’anno fortemente voluto anche in queste difficili circostanze da Antonella Ferrara. Inaugurato l’1 Ottobre il Taobuk ha chiuso il 5 Ottobre i battenti, pronto a scendere in campo nella prossima stagione dal 17 al 21 Giugno 2021.
Ricca di presenze significative, di incontri sapientemente calibrati, grazie a uno staff efficiente e ben organizzato, scanditi da una folta partecipazione di pubblico attento e disciplinato dalle regole antiCovid, la manifestazione che si è svolta nell’incantevole location di Taormina ha coraggiosamente rilanciato i semi di una rinascita nel clima di tensione che stiamo attraversando, rendendola particolarmente coinvolgente. Incastonato nella bellezza dei palazzi taorminesi, nella magica cornice del teatro greco, come un pavone in amore il Taobuk ha aperto il ventaglio delle sue iniziative che ci hanno stupito piacevolmente per l’esuberante generosità dell’offerta, sprofondati come eravamo nel taedium vitae che il Coronavirus ha pericolosamente accentuato. Cinque intensi giorni di presenze letterarie significative, dibattiti, lectio magistralis, dal premio Strega Giorgio Montefoschi a Marco Risi, a Pupi Avati, a Veronica Pivetti, a Mario Brunello. Intrecciando la letteratura con il cinema, la fotografia, l’architettura, la musica, la pittura, l’economia e la politica, affiancate da mostre e laboratori, ininterrottamente dalle 10 del mattino alle 10 di sera, nomi più o meno conosciuti, amati, frequentati, si sono avvicendati nelle sale e negli spazi suggestivi della piccola perla del Mediterraneo, sullo sfondo dei suoi panorami mozzafiato, tra cielo, mare, antiche pietre. Gli appassionati di libri sono stati inesorabilmente coinvolti in una kermesse variegata, dove la cifra proposta che li accomuna è l’entusiasmo, l’unico antidoto possibile alla depressione che incombe sul suolo europeo.
Voluto fortemente dall’entusiasmo, ci si consenta il gioco di parole, dei suoi organizzatori, nonostante la pandemia, il clima di paura, il sospetto, che dai primi di marzo ha pesantemente segnato la nostra vita, Taobuk ha rappresentato un’allettante sfida, un’occasione di rilancio per il vecchio Continente, pronto a risorgere più forte di prima. Ai progetti di una nuova Europa sono stati infatti dedicati i primi due giorni del Festival, con la collaborazione dell’Università di Messina.
Parola d’ordine: Entusiasmo.
Apparentemente semplicistica, fanciullesca, in realtà questa parola nasconde un significato profondo e per certi versi misterioso. Premesso che senza entusiasmo non si va lontano in nessun campo, soprattutto in questo particolare momento, occorre sempre un saldo anelito che porti avanti il progetto a cui sentiamo di volerci dedicare. Occorre, sottolineano i relatori, un entusiasmo salvifico che dia nuova linfa alla pianta debilitata che è l’Europa. Puntando i riflettori sulla letteratura il festival ha colto il segno di un possibile rinnovamento.
Chi scrive non può che essere entusiasta di un’idea, un progetto che vuole fortemente comunicare e condividere con chi vuole a sua volta ascoltare e condividere. Questo denominatore comune crea, ben lo sappiamo, una potente sinergia tra gli scrittori e i lettori. L’elemento magico che contraddistingue questa straordinaria esperienza dell’incontro virtuale con l’autore di un testo si avvale in questo, come del resto in altri festival, di una vicinanza reale che accresce l’intesa, favorendo un passaggio potente di idee, emozioni, sentimenti.
Da questo punto di vista particolare riscontro hanno avuto i due premi Nobel, punta di diamante della manifestazione. Il vigore senile di Vargas Llosa, accanto alla ferma dolcezza di Svetlana Aleksievich, hanno particolarmente turbato e colpito il numeroso pubblico accorso per la loro testimonianza di impegno civile, condotto al di là delle aspirazioni profonde degli scrittori, che hanno messo al servizio di una giusta causa la loro penna, pur desiderando coltivare tematiche esistenziali altrettanto significative come l’amore, la morte, stando alle dichiarazioni della stessa Aleksievich, a conclusione del suo intenso intervento.
L’impegno politico e letterario di Mario Vargas Llosa, accanto alla fertile carriera giornalistica di Valentina Aleksievich, è un dovere morale che i due scrittori sentono di onorare, pur intimamente inclini a tematiche di altra natura. Una militanza dunque ancora più preziosa, rischiosa, sorretta dalla forza e dall’entusiasmo con cui portano avanti la loro battaglia per i diritti umani, impossibile senza un’adesione entusiastica e un’intima convinzione. Le opere letterarie, ben lo sappiamo, quando diventano denuncia e indicazione di un nuovo orientamento rendono il lavoro dello scrittore un’arma di grande efficacia nelle questioni politiche e sociali, per usare la quale occorrono oltre il talento creativo coraggio e generosità. Una briciola di questa potenza passa a chi ascolta e legge. Una seducente alchimia.
Di origine peruviana, spagnolo di adozione, Vargas Llosa, scrittore, drammaturgo, politico, prima comunista, poi liberale, durante l’incontro a lui dedicato al Taobuk ha dichiarato inaccettabile l’atteggiamento di molti governi che hanno usato la pandemia per limitare la libertà dei cittadini. L’autore di numerose opere tra cui “La città e i cani” del 1967, che lo ha rivelato al grande pubblico, premio Nobel nel 2010 per la sua indagine sul potere e sulla resistenza rivolte e sconfitte dell’individuo, continua a lottare con i suoi scritti per la libertà.
La guerra raccontata dalle donne è il fulcro dell’incontro con Svetlana Aleksievich. Oggi tocca alle donne raccontare e fare la storia. Premio Nobel nel 2015, la giornalista ucraina perseguitata poichè fortemente critica nei confronti del regime dittatoriale in Bielorussia, ha rivelato l’intima sofferenza delle donne nel suo libro “La guerra non ha un volto di donna: l’epopea delle donne sovietiche nella seconda guerra mondiale”. Autrice di opere bandite nel suo paese, premiata e apprezzata all’estero, la scrittrice si è voluta soffermare su eventi tragici di risonanza mondiale. Con “Preghiera per Cernobyl” ha affrontato il drammatico disastro nucleare del 1986, con “Ragazzi di zinco” il tema doloroso dei reduci dalla guerra afgana. Sorretta da uno spirito indomito la Aleksievich ha puntato i suoi strali sulle conseguenze nefaste della guerra, in particolare nelle soldatesse, donne costrette a indossare panni maschili, a fare i conti con il ciclo mestruale, con la violenza, con la morte. In un susseguirsi ininterrotto di interviste fortemente osteggiate dal governo sovietico, Svetlana ha iniziato la sua battaglia. A spingerla sulla strada di una scrittura civile un episodio sconvolgente. Durante la guerra in Afghanistan un bambino in braccio alla madre ha afferrato il giocattolo di pelouche che lei gli donava con i denti. Non aveva braccia nè gambe. L’orrore lacerante del vero volto dei soldati sovietici, biechi assassini, l’ha spinta sulla via di una verità scomoda di denuncia, condotta con ferma determinazione. Una missione al servizio della democrazia. Impossibile sottrarsi a questo delicato e importante compito. Dolce fermezza nel suo volto, parole stillanti sangue e dolore, notti intere ad ascoltare le donne. Una in particolare. Prima di andare via Svetlana si volterà due volte a guardare la sua casetta, “perché guardare due volte significa far parlare l’altro dei misteri dell’anima”. La denuncia della guerra, delle oltraggiose condizioni della donna, delle ingiustizie perpetrate nel suo paese sono diventati lo scopo della sua scrittura.
La luce intravista negli occhi di questi grandi esempi di letteratura civile illumina il nostro cammino spesso cosparso di feroci delusioni, gettando germogli di rigenerante energia e speranza nella vacillante realtà del nostro tempo. Sapere che esistono persone salde e decise nel loro progetto di giustizia fa sentire meno disperati, non più soli.