Vissi d’arte. ‘La prima donna’ di Tony Santucci, con Licia Maglietta

Vissi d’arte. ‘La prima donna’ di Tony Santucci, con Licia Maglietta

@ Loredana Pitino (08-10-2020)

‘La prima donna’, film evento di preapertura della 14° Festa del Cinema di Roma (nelle sale del Teatro dell’Opera), soggetto e regia di Tony Santucci da un’idea di Carlo Fuortes, con Licia Maglietta, una produzione Istituto Luce Cinecittà, in collaborazione con Teatro dell’Opera di Roma.

Licia Maglietta

La prima donna è un film di Tony Saccucci, narrato da Licia Maglietta e Tommaso Ragno.  Narrato perché la struttura filmica della pellicola è costruita attorno all’idea della testimonianza, quasi del docu-film, supportato da registrazioni e foto d’epoca. La voce narrante e nello stesso tempo interprete della storia della protagonista è quella dell’attrice Licia Maglietta – che somiglia davvero tanto alla reale Emma Carelli – che racconta in prima persona la sua vicenda, legge lettere personali e articoli di giornali che la riguardano, racconta di sé, del suo amore per il teatro lirico, per il suo uomo, le sue battaglie civili e politiche, le sue sconfitte, la sua esistenza tragica.

Saccucci racconta questa storia attraverso documenti originali e inediti, testuali, fotografici e sonori; preziose immagini di importanti archivi nazionali ed esteri, primo tra tutti l’immenso Archivio storico Luce; film del cinema muto usati come materiale narrativo, e riprese originali dentro il tempio del Teatro dell’Opera di Roma.  Licia Maglietta riesce a farci sentire, vedere, vivere, l’arte e la donna mai vista e conosciuta che ebbe nome di Emma Carelli, come fosse una presenza viva.

Emma Carelli è stata un soprano drammatico, specializzato nel repertorio verista, ha cantato in diverse prime assolute di opere liriche di Mascagni e Puccini, alla Scala diretta da Toscanini nel 1900, con Caruso e tutti i più grandi artisti dell’epoca. Dopo una carriera canora durata circa due decenni, gestì il Teatro Costanzi di Roma, per quindici anni, in società con Walter Mocchi, suo marito; impresaria in un ambiente dominato esclusivamente da uomini, ha portato nel suo teatro, per la prima volta in Italia, Picasso, i Balletti russi, i Futuristi.

Una donna emancipata, che nel 1917 era il “manager” più ricercato dagli artisti di tutto il mondo, aveva assunto un potere considerevole nel momento in cui il teatro era un’industria fiorente; la sua determinazione fu bloccata da un potere maschilista e retrogrado che ne ha determinato la rovina prima e la disfatta personale, dopo. Il potere del regime fascista e il potere degli uomini. Nel 1926 il regime di Mussolini la estromette improvvisamente dalla direzione del suo teatro, perché – recita un resoconto redatto dalla polizia segreta fascista – «come donna ha sviluppato un carattere indipendente che le fa assumere atteggiamenti di superiorità verso chicchessia».

Il dramma di Emma è la storia delle donne. E oggi il tema della parità di genere è la questione politica per eccellenza, tornata di prepotenza alla ribalta. Una donna di carattere e di grande forza psichica, una donna che Puccini aveva voluto per il debutto della sua Tosca e che si è portata dietro il suo stesso destino di amore, di arte, di lotta per la giustizia, di sopraffazione maschile, di scelta di morte.

La voce fuori campo che tiene insieme il filo del racconto, riporta quanto veniva scritto su di lei: “Emma Carelli è nel senso eletto una vera figlia dell’arte” ma da quell’arte che era divenuta merce e da un amore tradito fu sopraffatta. Il regista che ha concepito il soggetto del film, così spiega la scelta tecnica: “Così, ho provato a fare un film con una struttura tragica che racconta la tragedia delle donne nella questione di genere. Confido nella forza catartica della tragedia, come ce l’ha descritta Aristotele, nella potenza del Coro che dà voce all’inconscio.”

La prima donna non è un film, per come siamo abituati a vedere, non è un vero documentario, non è un’intervista. E’ tutto questo insieme ed è, anche, una trasposizione di linguaggi espressivi diversi. C’è molto teatro nella complessità della pellicola, nella recitazione della Maglietta, nel taglio con cui si inseriscono documenti autentici, nelle riprese sceniche sulla figura della Carelli-Maglietta e nell’uso delle musiche, dei brani di opere liriche. C’è una teatralità complessiva, mimesi di una vita vissuta teatralmente, tragicamente, sull’impronta dell’arte. “Come la Tosca in teatro”.