High Life: «così termina anche la vita»
@ Silvia Scaravaggi (09-08-2020)
Distanza.
Si colma di nulla
latente,
lo spazio isolato
che raccoglie la
luce
se il giorno termina;
così termina
anche la vita.
Osip Solonovi (1898)
«Autorizzazione concessa, prolungamento dei sistemi di supporto vitale per 24 ore». Un’astronave galleggia nello spazio e ospita un uomo e una neonata. Da anni, ogni giorno si rinnova il rito della relazione quotidiana con la macchina che concede loro un altro giorno di vita sulla nave diretta verso un buco nero. In precedenza, anche altre persone, prescelte, hanno abitato questi luoghi, in una lunga attesa verso il nulla, amplificata da una costante tensione tra bisogni personali e convivenza forzata. Nel centro dell’astronave è stata ricavata una serra, una sorta di Eden, che consente una parvenza di vita reale, riuscendo a generare frutti della terra. Qui si può avere l’impressione di immergersi sotto un’abbondante pioggia, un’artificiale manifestazione di vita. Una vita che non tornerà più: tutti i presenti sono condannati. Delinquenti, tossici e reietti sono stati scelti come cavie e spediti nello spazio per una missione estrema e senza ritorno. Insieme a loro una dottoressa incaricata di controllare e garantire il meglio per il sistema vitale di ognuno, si rivelerà poi una criminale lei stessa. Ben presto tutti, nonostante i tentativi di mascheramento della realtà indotti dalla somministrazione di tranquillanti e dall’arrivo di immagini rassicuranti dalla terra, capiranno. È come una prigione, un riformatorio – dice Monte il protagonista – da cui non si torna. È l’ultimo luogo dove vivranno, alcuni moriranno, altri sceglieranno il suicidio. Una sola nuova vita nascerà sull’astronave, attraverso l’inganno ben congegnato della dottoressa che preleva il seme di Monte e lo inietta in una inerme giovane passeggera. Monte sopravviverà a tutti loro con la figlia fino all’età dell’adolescenza, e con lei infine sceglierà di perdersi nel grande vuoto lanciandosi dentro la luce del buco nero. La curiosità contro l’apatia, il movimento contro l’inazione.
Claire Denis ha lavorato come assistente con registi come Costa-Gavras, Jim Jarmusch, Wim Wenders. È evidente il suo interesse per la condizione umana che penetra con un occhio impietoso. L’essere umano visto da vicino e nelle sue manifestazioni più corporali e organiche è quasi fastidioso. Il biologico entra in modo martellante nel racconto del film, il sangue, lo sperma, la terra. Come a ricordare di cosa siamo in fondo fatti a confronto con la materia dell’universo, luce e tempo infinito.
La scena finale del film è mutuata dall’installazione Contact dell’artista danese Olafur Eliasson, realizzata nel 2014 per Fondation Louis Vuitton di Parigi. Lo spazio sublimato in un’unica sterminata linea di luce immersa nel buio regala alla pellicola il momento di più alto impatto visivo e rafforza l’atmosfera ipnotica e psicotropa in cui l’intera opera è immersa.
Titolo | High Life |
Anno | 2020 |
Regia | Claire Denis |
Distribuzione | Movies Inspired |
Nazione | Germania, Francia, Gran Bretagna, Polonia, USA |
Cast | Robert Pattinson, Juliette Binoche, André Benjamin, Mia Goth, Lars Eidinger, Agata Buzek, Claire Tran, Ewan Mitchell, Gloria Obianyo, Jessie Ross, Victor Banerjee |
Genere | Avventura,Drammatico,Fantascienza |
Durata | 110 |