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Agata MOTTA- Come lo stupore di un Piccolo Pricipe (“Due passi sono”. Teatro Libero, Palermo)

 

Il mestiere del critico



COME LO STUPORE DI UN PICCOLO PRINCIPE

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Recensione dello spettacolo visto in occasione de “Le Vie dei Festival” 2012

Non è difficile capire il motivo per cui Due passi sono sia stato lo spettacolo vincitore del “Premio Scenario per Ustica” nel 2011: parla al pubblico e vive nel pubblico.

G

– See more at: http://www.scenecontemporanee.it/arti-performative/carullo/minasi-due-passi-sono-220#sthash.JFn1k2yy.dpuf

Recensione dello spettacolo visto in occasione de “Le Vie dei Festival” 2012

Non è difficile capire il motivo per cui Due passi sono sia stato lo spettacolo vincitore del “Premio Scenario per Ustica” nel 2011: parla al pubblico e vive nel pubblico.

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“Due passi sono” di Carullo e Minasi. Teatro Libero di Palermo

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Uno zerbino con il benaugurale “salve”, un pavimento a scacchi, due sedie e un fiore dai petali di stoffa che cresce sotto le amorevoli cure della sua padroncina, un po’ come la rosa custodita dal Piccolo Principe. E non è un caso se citiamo proprio una favola per grandi e piccini come quella di Saint Exupéry, perché il pluripremiato spettacolo in scena al Libero Due passi sono, scritto, interpretato e diretto da Giuseppe Carullo e Cristina Minasi (dell’omonima Compagnia messinese), presenta una simile saggezza e un simile stupore.

Un ambiente in miniatura, dunque, come i personaggi che accoglie, piccole statuine di carillon dal grande cuore e dai poetici bagliori. Anche volendo, sarebbe arduo tentare di riassumere la trama di uno spettacolo – facente parte della Trilogia del Limite – che vive di tenerezza e di ironia, della reciproca cura che si riservano le due creature confinate, per volontà o per obbligo, in quel piccolo universo i cui unici spiragli sono quelli costituiti dai sogni.

Magari il sogno di una fragile felicità quotidiana, fatta di piccole cose, di attenzioni, di parole, persino di ipocondria se, attraverso l’orrore per le malattie e le contaminazioni, si può testimoniare il reciproco tentativo di proteggersi dal mondo esterno. Naturalmente tra i sogni sboccia quello di un amore che potrebbe esistere là fuori nel mondo, dove sfolgorano le stelle e i desideri, un amore fatto di abbracci e, perché no, di un bel matrimonio con tanto di abito bianco e velo con strascico, e, ciliegina sulla torta, di una bimba che possa racchiudere in sé il meglio dei propri genitori o almeno la gioia che è il meglio di qualsiasi vita che valga la pena di essere vissuta.

Si sorride molto in questo delicato lavoro che corre via velocissimo, grazie ad una drammaturgia agile, sagace, intelligente e ad interpretazioni fresche e spontanee, lavoro che termina con una promessa di amore particolare, perché in fondo ogni amore è unico e particolare, ogni amore può salvare dalle insidie della sterilità affettiva.

Alla fine dello spettacolo si mantiene una calda sensazione di conforto, una tenue promessa di felicità, e soprattutto la percezione netta di avere imparato qualcosa che già si conosceva, ma aveva bisogno di essere tirato fuori e rispolverato: l’arte della gioia, poco praticata e assai sprecata.