La ‘vax populi’ di Santa Caltabiano. “Qui gatta ci covid”, Babbomorto Editore
@ Antonella Falco (29-05-2020)
La ludolinguistica è esercizio di intelligenza e ironia. Permette di scoprire dimensioni inesplorate della lingua e di smontare e rimontare le parole creando inusuali e formidabili giochi di senso. Giochi che spesso si rivelano illuminanti. È il caso della recente plaquette di Santa Caltabiano, Qui gatta ci covid, pubblicata da Babbomorto Editore.
Sì, il Covid del titolo è proprio il famigerato e temutissimo Covid-19 che ha sconvolto le nostre esistenze di esseri cosmopoliti e iperconnessi e ha condannato il genere umano a un confinamento forzato nelle proprie case da tutti ritenuto inimmaginabile fino a poche settimane fa.
Eppure anche su un evento tanto drammatico e destabilizzante si può – anzi, paradossalmente, si deve – ironizzare, suscitando quel riso, o almeno quel sorriso, che sprigionando tutta la sua portata esorcizzante è in grado di dispiegare l’effetto lenitivo di un balsamo.
Il riso, dunque, come terapia contro la paura, ma anche come strumento in grado di mettere alla berlina vizi e difetti che la straordinarietà della situazione ha fatto emergere in esseri – gli umani – facilmente inclini alle cattive abitudini e all’intemperanza.
Così il «sacrificio della costrizione a casa» durante il lockdown diventa «schiavirtù», mentre una persona «allegra» perché risultata «negativa al virus» può definirsi «buontampone». «Vax populi» è «il mondo che inneggia al vaccino», la cui «prima tappa di sperimentazione» sarà un «mettere alla provax». La «Scala Quaranta» in tempo di Covid si trasforma in «scala Quarantena», ossia «gioco organizzato tra vicini sul pianerottolo». «Vedi Roma e poi muri» potrà dirsi di un «turista sorpreso a zonzo e chiuso in quarantena». La riflessione sui pregiudizi e le false notizie circolanti sull’agente patogeno suggerisce che «In medioevo stat virus», vale a dire il «pensiero di chi considera l’epidemia una conseguenza di sodomia e matrimoni gay». Dall’altezzosa protervia di taluni soggetti può scaturire il detto «Avere la pezza sotto al naso», che equivarrà a «proteggersi con superbia».
Ma vi è un detto o una definizione ad hoc per ciascuna delle situazioni e delle vicende che l’emergenza sanitaria ha prodotto. Dalla didattica a distanza («Lunedì, con bit in classe. La scuola smart ai tempi del virus»; «Di.tattica a distanza. Nuovo modo di flirtare tra insegnanti») alla ripresa delle celebrazioni liturgiche precedentemente sospese («Venite, missa est. Ripartenza delle funzioni in chiesa»), ai controlli di sicurezza in aeroporto («Cecchin. Chi ti fredda all’aeroporto se superi i 37°»), ai problemi e alle nuove sfide della politica («Do ut MES. Motto scandito per il prestito europeo»). Colui che è ligio nell’osservanza delle regole sarà definibile come «Ligienico. Individuo che osserva scrupolosamente tutte le indicazioni di prevenzione»), mentre «fare buon virus a cattivo giogo» vorrà dire «cercare di apparire sano, pur essendo positivo, per liberarsi dalla costrizione a casa».
La straripante inventiva di Santa Caltabiano funge da antidoto a una situazione che ha rischiato di istupidire le menti, perché proprio questo è il pericolo quando si interrompe l’interazione col mondo. Interruzione che, per quanto inevitabile, ha prodotto non poche conseguenze nefaste, non solo sul piano pratico ma anche su quello psicologico, aspetto, quest’ultimo, forse meno indagato e poco considerato ma non meno carico di strascichi penosi.
La ludolinguistica osservando le vicende umane da una prospettiva diversa, inconsueta, in cui la logica e l’ironia concorrono a creare significati e immagini verbali fuori dall’ordinario, consente di mantenersi ricettivi di fronte alle sollecitazioni esterne, le sollecitazioni di un mondo in continuo divenire, la cui stasi, in queste settimane di lockdown, a ben vedere, è stata solo apparente.