La storia ribelle di un sognatore lento
@ Loredana Pitino (16-04-2020)
Luis Sepulveda, lo scrittore che ci ha insegnato l’accoglienza, la solidarietà, l’autodeterminazione, se n’è andato a causa del morbo che ci sta togliendo la libertà.
Esule, fuggiasco già prima di nascere, ribelle, rivoluzionario, anarchico, sognatore, poeta. Aveva vissuto una vita eroica, lui che era un contemplatore amante della lentezza. Era nato in Cile, nel 1949, da genitori in fuga per motivi politici ed era nipote di un anarchico andaluso, nome di battaglia Ricardo Blanco, che era stato costretto a rifugiarsi in Sud America perché perseguitato dal regime Franchista. Ancora giovanissimo si era iscritto alla Gioventù Comunista e aveva cominciato a scrivere per il giornale Clarin. Vinse una borsa di studio che gli permise di recarsi a Mosca dove entrò in contatto con alcuni gruppi di dissidenti e, per questo, venne cacciato dal Paese con l’accusa di aver turbato la morale condivisa per una sua relazione con una docente dell’Università. Tornò allora in patria e cominciò a occuparsi di teatro, di radio, a scrivere racconti ma si impegnò anche in lavori molto concreti e faticosi, entrò a far parte di una cooperativa agricola.
Visse da vicino gli anni luminosi del governo socialista di Salvador Allende, del quale divenne guardia personale. Quell’esperienza entusiasmante, che aveva acceso nel popolo cileno la speranza che un mondo migliore fosse possibile, che si potesse attuare una economia di condivisione e uguaglianza, che le riforme pensate da Allende potessero sconfiggere la miseria del paese e le ingiustizie sociali, si infranse, nel 1973, contro il muro violento e inflessibile del colpo di Stato di Pinochet.
Luis Sepulveda venne arrestato, anzi sequestrato, rinchiuso in una cella-loculo per sette mesi, torturato con le sevizie mostruose che i miliziani del regime avevano “perfezionato” su migliaia di giovani, messo di fronte alla paura e al dolore; non si arrese e continuò a sognare libertà e giustizia, uguaglianza e solidarietà.
Fu liberato una prima volta e poi di nuovo arrestato e condannato all’ergastolo; grazie all’intervento di Amnesty International, e poiché come scrittore aveva raggiunto già una grande notorietà, la pena fu commutata in esilio (dal quale ritornerà solo 31 anni dopo). Così lasciò il Cile e cominciò una lunga peregrinazione nel Sud America prima (in Nicaragua a fianco delle Brigate Internazionali) e poi in Europa, sempre portando avanti i suoi ideali e combattendo, con la scrittura e con le azioni per i diritti degli ultimi e per l’ambiente, tanto da diventare, nel 1982, un militante di Greenpeace.
In un’intervista del 2017, rilasciata al quotidiano Il Manifesto, spiegò che l’ambientalismo per lui era una preoccupazione politica perché “i crimini contro l’ambiente hanno un’origine economica e tutto ciò che è economico è intrinsecamente politico”.
Quando cominciò a scrivere romanzi, nel 1989, Sepulveda raccontò una storia calibrata sul mondo sudamericano che conosceva bene: Il vecchio che leggeva romanzi d’amore. Un romanzo che è un omaggio al valore edificante e consolatorio della lettura e alla figura di un anziano sognatore che, dopo avere ripercorso tutta la sua vita con la memoria, cerca la vita e l’amore nei romanzi. I luoghi dell’ambientazione, Il paese (El Idilio, nel romanzo ma si riconosce l’Equador dove il giovane Luis aveva trascorso alcuni mesi nella foresta), la capanna di Antonio José Bolívar, la foresta, Eldorado, la città dove il vecchio cerca i primi libri da leggere; la capanna di un colono: la prigione, sono caratterizzati da una descrizione realistica che si amplia per diventare allegoria dell’esistenza, seguendo così il filone del realismo magico della letteratura sud americana.
Poi, Sepulveda trovò la sua cifra di scrittura più autentica nella favola che ha per protagonisti gli animali. La favola, il genere antico e nobile della letteratura, permette di raccontare l’umanità, come Esopo e Fedro e La Fontaine e Andersen e i Fratelli Grimm (alcune favole dei quali egli riscrisse) ci hanno insegnato. Per lo scrittore cileno le ragioni di questa scelta stanno forse nella consapevolezza amara che se si vuole costruire un messaggio di speranza o di sogno, bisogna affidarsi agli animali, perché gli uomini hanno perso l’umanità. Ci ha raccontato le storie di cani, di lumache, di balene, di gatti e di topi e quella indimenticabile, tenera, stupefacente, toccante storia della Gabbianella e del gatto che le insegnò a volare.
Fortunata, il piccolo cucciolo di gabbiano che nasce dall’uovo abbandonato dalla mamma – che era rimasta invischiata dal petrolio di una nave in avaria nel mare di Amburgo – Fortunata è la protagonista della favola moderna più amata da grandi e piccini, dopo Il piccolo principe. Fortunata ha un grande amico, un gatto che lei chiama mamma, Zorba, pigro e sornione soriano che si trova, suo malgrado, a far crescere la piccola, a proteggerla dai pericoli di un mondo crudele e a insegnarle a volare, lui: un gatto… Ai gatti che si uniscono per aiutarla, che studiano, che leggono in una grande biblioteca e consultano l’enciclopedia, che rendono omaggio ai lumi della ragione (Diderot è il gatto saggio) Fortunata deve tutto. Quando imparerà a volare li ringrazierà e dirà loro “lo devo solo a voi”.
La favola è fra le cose più tenere ma importanti da leggere; il film d’animazione che nel 1998 il regista Enzo D’Alò creò rese famosa al gran pubblico la storia della gabbianella e ne decretò il successo, anche perché il racconto fu arricchito da musiche originali di David Rhodes e dalla voce di Ivana Spagna che accentuava la commozione di alcuni passaggi cruciali come il momento della morte del gabbiamo-mamma o il primo volo di Fortunata. I temi cari al ribelle-sognatore ci sono tutti: l’ambientalismo, l’accoglienza del diverso, la solidarietà, l’amicizia, la gratitudine, la paura, il coraggio, la libertà. La libertà di imparare a volare, di sognare di farlo e sconfiggere la paura, perché “Vola solo chi osa farlo” Questa lezione Sepulveda ci lascia come testamento spirituale, senza retorica perché lui ha vissuto osando, sognando, rischiando e volando.
Dopo questo successo arriveranno negli anni Storia di un gatto e del topo che diventò suo amico, Storia di una lumaca che scoprì l’importanza della lentezza, Storia di un cane che insegnò a un bambino la fedeltà, e il recentissimo Storia di una balena bianca raccontata da lei stessa.
Nel frattempo Sepulveda non ha mai abbandonato la sua prima matrice realistico-romantica: nel 1997 pubblica 24 racconti raccolti in Desencuentros, Incontro d’amore in un paese in guerra, dove il filo conduttore è rappresentato dall’amore per qualcuno o per qualcosa. In Nicaragua, durante la rivoluzione sandinista, tra un ribelle e la moglie di un loro prigioniero; ad Amburgo tra un rifugiato e una donna conosciuta quindici anni prima; nel maggio francese, l’amore per una locomotiva restaurata da dodici confinati politici e rimessa in funzione in un riscatto di libertà.
E poi ancora, nel 2000, con Le rose di Atacama (titolo originale Historias marginales), trentacinque storie di uomini e di donne che hanno in comune la volontà di lottare per i propri ideali e di non piegarsi alle prepotenze. I luoghi ove si svolgono le storie narrate toccano tutti gli estremi della terra, dalla Patagonia alla Norvegia, all’Argentina, passando per i campi di sterminio nazisti e le prigioni di Pinochet, le isole dell’Adriatico, i protagonisti sono tutti emarginati che non smettono di sognare e di lottare.
La sua vicenda di uomo e di scrittore Sepulveda l’ha ripercorsa in un’opera che non è un’autobiografia tradizionale ma una narrazione corale sentita, popolata di uomini e donne, amici e personaggi storici che hanno segnato le tappe di un’epoca a cavallo fra due secoli, lasciando tracce profonde.
Storie ribelli lega i racconti di una lunga vicenda umana. Temi come l’amicizia – con Saramago, Soriano, Neruda e altri –, il ricordo dei maestri, l’impegno per l’ambiente, la lotta per la libertà e per la difesa degli ultimi, la memoria di Óscar Lagos Ríos, il più giovane della scorta di Allende che quel tragico giorno restò fino alla fine accanto al presidente nel palazzo della Moneda, e si chiude con il testo scritto a caldo in occasione della morte di Pinochet.
Oggi, in un reparto di rianimazione di un ospedale Covid, nella Spagna che lo aveva accolto ed era diventata la sua seconda patria, dopo una lenta e lunga agonia, la vita ribelle ed eroica del sognatore Sepulveda si è chiusa, falciata da questo virus che sta cambiando il nostro mondo, portando via una generazione di memorie e affetti, cancellando le nostre abitudini, soffocando le nostre libertà, paralizzandoci nella paura.
Dobbiamo dare il triste addio a un maestro che ci ha insegnato a volare.