Una seduzione malinconica. ‘La locandiera’ di Carlo Goldoni al Teatro di Rifredi
@ Mattia Aloi (04-02-2020)
Firenze – Maschere. Le maschere uniformano, coprono, appiattiscono. Nella maschera tutto è già scritto, basta guardarla per capire cosa farà nel corso della messinscena, come si comporterà, che fine farà.
Goldoni toglie la maschera ai personaggi, dona loro un pensiero articolato, una profondità che li rende vivi e “reali”. Il gesto degli attori di togliersi la maschera in questa rappresentazione diretta da Andrea Chiodi è il primo omaggio dello spettacolo alla rivoluzione copernicana operata dal commediografo veneto. Tutti i personaggi si muovono attorno ad un grande tavolo centrale che di volta in volta delimita la scena e ne diviene fulcro assoluto. Questo delicatissimo gioco di prossemica è orchestrato ad arte con i personaggi che scivolano attorno al tavolo, sopra e sotto, e quando si allontanano escono di scena rimanendo sul palco, con cambi di personaggio e di abito che avvengono sotto gli occhi degli spettatori ma distanti dal cuore dell’azione. Sotto al tavolo sono conservati, in attesa di fare la loro apparizione dentro lo spazio scenico, dei pupazzi raffiguranti tutti i personaggi della commedia. Le relazioni fra i personaggi sono svelate dalla dinamica fra pupazzi e attori che interagiscono con essi, talvolta come a spiare le azioni delle bambole, in altri momenti invece cercandone il contatto con una devozione quasi animistica.
Il candore dei costumi e dei guardaroba suggerisce il nitore luminoso della struttura drammaturgica, e va sottolineato che in questo allestimento vengono proposti anche gli intermezzi che Goldoni aveva riservato ai lettori della versione stampata dei suoi copioni. La scelta di non usare cadenze toscane aiuta la purezza dell’opera che in questo candore diffuso e per la semplicità degli arredi si eleva a rappresentazione quasi metafisica del testo goldoniano, espresso in tutta la sua grazia. Di contro i personaggi sono ben vividi e reali: Tindaro Granata è scatenato e lanciatissimo in un Marchese di Forlipopoli istrionico fino al parossismo, un divertente cicisbeo vanesio reso amabile dai suoi difetti; Caterina Carpio e Caterina Filograno affrontano entrambe il doppio personaggio maschio/femmina come conte d’Albafiorita la prima e Fabrizio la seconda, alternando questi personaggi alle due commedianti. Fabio Marchisio rende il cavaliere di Ripafratta estremamente burbero e prevenuto nei confronti del genere femminile fino ai limiti della misoginia, quindi viene spontaneo parteggiare per Mariangela Granelli ovvero Mirandolina, in grado di manipolare gli uomini proprio come i pupazzi mossi dagli attori sul tavolo. La Granelli esprime una Mirandolina molto matura, a tratti malinconica, che dispiega l’arte della seduzione per rivalsa di classe e di genere più che per capriccio. La scelta di sposare Fabrizio alla fine della commedia suona come una condanna, sottolineata dal monologo finale che suona come il monito maledetto di uno spettro, colorando il testo di moderna inquietudine.
Lo spettacolo fluisce con garbo, esprimendo l’anima goldoniana senza però sottrarsi alla necessità di una reinterpretazione contemporanea.
Proxima Res
LA LOCANDIERA
di Carlo Goldoni – regia Andrea Chiodi
con (in ordine alfabetico) Caterina Carpio, Caterina Filograno,
Tindaro Granata, Mariangela Granelli, Fabio Marchisio
scene e costumi Margherita Baldoni
disegno luci Marco Grisa – musiche Daniele D’Angelo