Luciano Canfora, Il Sovversivo, Concetto Marchesi e il comunismo italiano, Ed. Laterza

Luciano Canfora, Il Sovversivo, Concetto Marchesi e il comunismo italiano, Ed. Laterza

@ Loredana Pitino (10-11-2019)

Luciano Canfora, forse il più grande intellettuale vivente in Italia, dedica un volume monumentale (978 pagine) a un personaggio complesso, un grande intellettuale italiano, siciliano, un comunista “puro” (come egli stesso si definiva), uno dei fondamentali studiosi della Lingua e della Letteratura latina: Concetto Marchesi, un sovversivo.

Attraverso la vicenda personale, politica e intellettuale di Marchesi, Canfora ripercorrere l’intera vicenda del movimento socialistico italiano: dai fasci siciliani al PCI, dalla scissione di Livorno alla persecuzione fascista, dal giuramento degli intellettuali al Partito fascista, alla guerra e alla Resistenza, al dibattito politico degli anni Cinquanta.

La personalità di Marchesi è delineata da Canfora con una dettagliatissima ricostruzione storico-filologica – a partire dai suoi rapporti familiari e professionali. Il suo anticonformismo viene rivelato partendo dal racconto di alcuni episodi apparentemente marginali; per esempio la scelta di non adottare come lettura obbligatoria per le classi del Ginnasio dove insegnò (a Messina prima, poi a Verona e Pisa) I Promessi Sposi.

Il professore socialista anticlericale che, ancora prima della Laurea in lettere, aveva già trascorso due anni in carcere con l’accusa di essere un sovversivo, fa mettere a verbale del suo Consiglio di Classe la necessità di ampliare il canone delle letture scolastiche, con buona pace del cattolico Manzoni.

Questo spirito di ribellione e questa spiccata personalità Marchesi la mantenne fino agli ultimi giorni della vita, la vita di uno dei protagonisti della storia d’Italia nel Novecento, negli anni più difficili e turbolenti del Novecento, partigiano, esule, ribelle anche verso il suo Partito, eletto come uno dei Padri Costituenti (non votò l’articolo 7 della Costituzione che avrebbe inglobato i Patti Lateranensi).

Alla ricostruzione biografica, Canfora aggiunge un approccio intellettuale raffinatissimo e specialistico. Dal suo altissimo punto di vista, egli procede attraverso un’indagine filologica che illustra come Marchesi abbia letto, tradotto, interrogato i grandi autori latini (su tutti Tacito a cui ha dedicato tutta la sua vita, e Sallustio), per comprendere il suo presente: “è la storia vivente che alimenta la sua ricerca”.

Tacito, Sallustio e Virgilio sono, per Concetto Marchesi, lo strumento di decodifica del presente ma sono anche il mezzo attraverso il quale il professore studioso vuole leggere passato e presente sotto la lente ideologica comunista e la granitica posizione politica. In questo Canfora smaschera Marchesi laddove il latinista compie delle scelte di traduzione che manipolano il pensiero di Tacito per plasmarlo nella direzione della sua personale visione di temi oggetto di forte dibattito e polemica ai suoi tempi.

L’approccio linguistico di Canfora, la sua dimestichezza con la lingua di Tacito, gli permettono di mettere a confronto, per esempio, le diverse edizioni della Letteratura Latina di Marchesi e di scoprire come, nelle varianti, ci siano interventi intellettualistici e politici che piegano il lessico di Tacito, e anche di Sallustio, a favore della sua idea.

Luciano Canfora

Canfora filologo passa in rassegna le modifiche che Marchesi ha fatto tra le varie edizioni del suo Tacito individuando nella traduzione, avvisi di modifiche del suo pensiero. A proposito delle soluzioni proposte e modificate nel tempo per la traduzione dell’espressione res novae dice: “Questo è un caso evidente in cui è Marchesi che parla e attribuisce a Tacito cose che Tacito non dice”; questa modalità di interpretazione viene definita “tecnica del far dire” ed è evidente che la correttezza intellettuale di Canfora non gli permette di condividere l’idea di applicare una pedagogia politica all’interpretazione dei classici.

Simile l’operazione che Marchesi fa a proposito della figura di Cesare, esaltando, quasi, quello che anche Antonio Gramsci aveva chiamato “il cesarismo progressivo”, l’unica strada percorribile per attuare una vera rivoluzione (palese l’allusione a Stalin liberatore), laddove, in Italia, la rivoluzione di popolo era fallita (la vicenda di Spartaco, a questo proposito, viene del tutto sottovalutata). Anche su questo punto Canfora dissente palesemente dal giudizio di Marchesi.

Più indulgente, invece, la sua posizione rispetto uno degli eventi più bui e dolorosi della vita di Marchesi: il suo giuramento al Partito fascista nel ruolo di Docente Universitario a Padova. Per spiegare ma non giustificare quella necessaria posizione, ancora una volta Marchesi fece appello a Tacito, al passo dell’Agricola dove lo storico romano, a proposito della vicenda del suocero, comprende la sua scelta di seguire e dimostrare fedeltà all’imperatore; inutile sarebbe il martirio politico, l’ambitiosa mors, in un momento in cui la storia non offre più alternative.

In questo saggio che è anche romanzo biografico, Luciano Canfora ha ricostruito le tappe di una vita che “non meritava, né aveva bisogno, di essere eroicizzata e che vanno restituite alla loro vera dimensione”; con lo stile al quale ci ha da sempre abituato, con il quale parla di Tucidide o di Pericle, di Cicerone o di Seneca, di Aristofane e di Platone, di Manzoni e di Togliatti, Canfora dà saggio di una linearità squisitamente raffinata che riesce a rendere facile e accattivante una lettura davvero impegnativa.