La perturbabile maschera dell’artista incompreso: Joker, Black Swan e Birdman a confronto con la propria ombra
@ Simona Almerini (31-10-2019)
La recente uscita di Joker ha provocato numerose reazioni contrastanti: dalle ovazioni alle critiche più feroci, soprattutto per quanto riguarda la violenza agita dal protagonista. I primi riferimenti cinematografici che vengono subito in mente sono Re per una notte (Martin Scorsese, 1983) e V per vendetta (James McTeigue, 2005).
Arthur (Joaquin Phoenix) come Rupert è pronto a tutto pur di diventare un comico famoso e la presenza di De Niro nel cast di Joker, nei panni di un noto presentatore, conferma l’idea di un omaggio cinefilo. Allo stesso modo, come il protagonista di V per Vendetta, Arthur si maschera e viene percepito dalla collettività come un “eroe rivoluzionario”. Ma le similitudini sembrano fermarsi qui perché il protagonista di Joker, al contrario degli altri due personaggi (sempre uguali a loro stessi), compie un’evoluzione notevole. Ed è proprio la presenza di questo arco di trasformazione che accomuna Arthur ad altre due figure del cinema contemporaneo: Nina (interpretata da Natalie Portman, che curiosamente è anche la protagonista di V per Vendetta) di Black Swan (Darren Aronofsky, 2010) e Riggan (Michael Keaton) di Birdman (Alejandro G. Iñàrritu, 2014). Tutti e tre infatti vivono una sorta di sindrome di alienazione da artista disadattato che li costringe a confrontarsi con la propria Ombra.
Joker racconta una di storia di emarginazione e la Gotham in cui vive (che ha le sembianze di una New York fine anni ’70) potrebbe essere una qualunque metropoli contemporanea. Arthur è prima di tutto un artista incompreso, particolare non trascurabile perché quasi tutta la sua frustrazione deriva dal non riuscire a comunicare il malessere che ha dentro, che secondo lui è tragicomico. Gli unici a comprenderlo sono i bambini, ignari dei meccanismi sociali degli adulti che considerano Arthur un fallito, un cencio d’uomo. Il protagonista soffre perché nessuno crede in lui e non ha la possibilità di dimostrare quanto vale come artista. I suoi colleghi clown lo umiliano e lo emarginano e quando ha la possibilità di esibirsi in un locale di stand-up comedy ancora una volta il suo umorismo viene frainteso.
In Black Swan Nina, al contrario di Arthur, è una ballerina talentuosa ed apprezzata ma è troppo fragile e insicura per rendersene conto e non riuscirà a reggere la tensione. Nonostante infatti abbia realizzato il suo sogno di diventare la star del New York City Ballet, non riesce a godersi il suo momento di gloria e comincia a diventare paranoica e ossessiva. La sua “confusione mentale” infatti comincia dal momento in cui viene scelta come protagonista de Il lago dei cigni. All’inizio del racconto Nina è una ragazza timida e ligia al dovere ma pur di avere la parte è pronta a qualunque umiliazione e sacrificio. Thomas (Vincent Cassel), il direttore artistico, continua a provocarla per farle uscire la parte più torbida e poter essere in grado di recitare la parte del Cigno Nero.
Riggan, ultracinquantenne, vive una fase differente rispetto ad Arthur e Nina. Ha conosciuto il successo vent’anni prima come supereroe di un fumettone cinematografico, ma ormai è una star passata, dimenticata dal pubblico e derisa dalla critica. Riggan ha una vita emotiva complicata: con la nuova compagna non ha nessuna intimità e sembra più a suo agio con l’ex moglie, mentre la figlia nutre del rancore nei suoi confronti per essere stato assente durante la sua infanzia. L’uomo sembra che voglia colmare questo vuoto attraverso il riconoscimento professionale e così scommette tutto (compresa la casa a Malibù) su uno spettacolo teatrale tratto da Di cosa parliamo quando parliamo d’amore di Raymond Carver.
Tutti e tre i personaggi indossano una maschera, non solo simbolica: un Clown, un Cigno Nero e un Uomo Uccello. Tutti e tre hanno bisogno di una sorta di alter ego, che li spaventa ma allo stesso tempo li esalta. La loro maschera è la loro Ombra, che in termini junghiani è quella parte di noi stessi che spesso non conosciamo, costituita dai nostri difetti, dalle pulsioni e dai desideri più inconfessabili. Potremmo definirla la nostra parte più oscura, che non integrata viene proiettata nella relazione con l’altro. Ciò che quindi occorre fare per un’evoluzione personale non è rifiutarla o cercare di combatterla ma piuttosto accoglierla.
L’Ombra di Arthur è Joker, un essere libero e violento. Joker non segue la morale corrente, il buon senso ma i suoi personali valori. Joker vendica tutto ciò che Arthur ha subito in quanto cittadino povero di serie b, artista non compreso e figlio non amato. Diventando Joker, Arthur assapora una felicità mai provata, che non si esplicita con una risata (patologica) ma con uno sguardo calmo e freddo. La sua trasformazione da uomo problematico a Joker è una metamorfosi di rinascita. Da individuo debole, malato e succube della madre diventa un essere forte, assertivo, che prende in mano la propria vita. È vero che Joker è un assassino, ma uccide secondo una logica personale, non in modo indiscriminato: i tre yuppie nella metro stavano infastidendo una ragazza e forse se non fosse intervenuto lui la giovane avrebbe subito una violenza. Il collega a cui spara, l’aveva precedentemente ingannato per farlo licenziare e si presenta a casa sua non per una visita di cortesia ma per intimidirlo. Infine anche Murray Franklin (Robert De Niro) agli occhi di Joker incarna l’aspetto repressivo del sistema e quindi come tale indegno di esistere. Ma l’omicidio più catartico è sicuramente quello della madre (Frances Conroy). Arthur da bambino ha subito una ferita profonda: è stato abusato e seviziato con la complicità silente della madre, una donna instabile, barricata nelle sue ossessioni e incapace di ascoltare il figlio.
Come nel caso di Arthur, anche Nina ha una madre problematica ed ingombrante. Se da un lato Erica (Barbara Hershey) sostiene la decisione della figlia di fare la ballerina, dall’altra spera che non riesca ad avere successo. Continua a rinfacciare a Nina di aver dovuto interrompere la sua carriera quando è nata, ma la verità è che non è mai stata più di una ballerina mediocre. Anche il rapporto tra lei e Nina è simbiotico e viene gettata un’ombra su un ipotetico incesto. Erica tocca Nina come se il suo corpo le appartenesse e non concede alla figlia nessuna privacy, perché entra nella sua stanza senza bussare a qualunque ora del giorno e della notte. Anche la scena (immaginaria) di sesso tra Nina e Lily (Mila Kunis) non fa che avallare questo dubbio. Ad un certo punto nella testa (drogata) di Nina madre e amante si confondono e non per una sua fantasia incestuosa ma per una reminiscenza.Questo rapporto non risolto con la madre è una delle ragioni che porta Nina a fallire nel suo processo di integrazione dell’Ombra, che è incarnata dal Cigno Nero, un essere disinibito sessualmente e privo di scrupoli. Molto semplicisticamente potremmo identificarlo nel personaggio di Lily, che con il suo abbigliamento e trucco gothic e le sue maniere strafottenti potrebbe essere considerata come la femme fatale della situazione. Nina è incuriosita da Lily e proprio grazie a lei comincia ad esplorare la sua parte più nascosta con il risultato di masturbarsi, prendere droghe e disubbidire alla madre. Ad un certo punto Nina accoglie la sua Ombra (che culmina con la scena di sesso con Lily) ma ne sarà talmente spaventata da decidere di ucciderla e quindi naturalmente ferire sé stessa, perché è impossibile sopravvivere senza la propria Ombra.
Rimane invece più ambigua la metamorfosi di Riggan, che si trasmuta da attore a Birdman, l’Uomo Uccello. Questo supereroe rappresenta tutto ciò che l’uomo è stato e non è più, esprime la sua mania di onnipotenza che lo porta a pensare di avere i superpoteri. Ma Riggan convive anche con le sue insicurezze, che lo portano a sentirsi in una perenne condizione di inferiorità rispetto a chi ha più successo e talento di lui, come nel caso di Mike (Edward Norton). Riggan ad un certo punto abbandona la sua mania di controllo e si lascia andare all’imprevisto, abbracciando la sua parte più oscura e istintiva. Questo però lo porta ad un atto autodistruttivo, proprio come avviene in Black Swan. E se ciò fa pensare ad un fallimento il finale apre una sorta di speranza. È la stessa figlia Sam (Emma Stone) ad assistere a questa rinascita. Riggan si è buttato dalla finestra e non sapremo mai se è semplicemente morto oppure se si è trasformato definitivamente in Birdman. Quello che rimane è il sorriso gioioso di Emma Stone, che suggerisce un evento inaspettato e in un certo senso magico, come se il padre finalmente avesse trovato quella libertà tanto agognata.
È doveroso ricordare che Joker nasce nel 1940 come personaggio della DC Comics, come villain, nemesi di Batman. Naturalmente erano altri tempi, tempi in cui la linea che separava Bene e Male era molto marcata e tutto ciò che era “diverso e imperfetto” apparteneva alla seconda categoria. Oggi Joker è considerato una sorta di antieroe che vendica le ingiustizie sociali create dalle aberrazioni del potere politico ed economico. Questa metamorfosi è cominciata nei fumetti con Batman: The Killing Joke (1988) scritta da Alan Moore, che è anche il creatore del comic V per Vendetta. In ambito cinematografico l’evoluzione di Joker è iniziata con Batman (1989) di Tim Burton, dove il personaggio è interpretato da Jack Nicholson mentre Batman, altra coincidenza, da Michael Keaton. Ma sarà solo Il cavaliere oscuro (2008) di Christopher Nolan, dove Joker è incarnato magistralmente da Heath Ledger, ad aprire la strada a quel personaggio più umano e tormentato, poi sviscerato nel nuovo Joker di Todd Phillips.