Atelier Fontana: la dolce vita della moda italiana all’epoca della Hollywood sul Tevere
di Antonella Falco (13-09-2019)
Zoe, Micol e Giovanna Fontana nascono a Traversetolo, un piccolo paese in provincia di Parma, all’inizio del ‘900. La passione per la sartoria viene trasmessa loro dalla madre, Amabile, che gestisce un piccolo negozio ereditato dalla nonna: «Abbiamo imparato a lavorare dalla mamma, la nonna, la bisnonna. Duecento anni della famiglia. Le donne della nostra casa hanno sempre fatto questo mestiere», racconta Micol.
Desiderosa di fare nuove esperienze e di tentare la fortuna, Zoe, la sorella più grande, decide di trasferirsi a Roma, dove con i primi guadagni si fa raggiungere dalle altre due sorelle. Dapprima lavorano sotto padrone: Zoe presso la sartoria Zecca e Micol presso la sartoria Battilocchi, Giovanna invece lavora in casa. Nelle ore sottratte al sonno le sorelle realizzano delle creazioni proprie, che poi propongono alle inquiline del palazzo in cui abitano. Come ricorda Micol, è la portiera dello stabile a far loro pubblicità. Intanto in sartoria il datore di lavoro si accorge del grande talento di Micol e la incarica di realizzare i vestiti per la sua cliente più prestigiosa. Grazie al passaparola e all’uso di una mannequin de societé che partecipa ai salotti vestendo le loro creazioni al fine di portar loro delle clienti, le tre sorelle iniziano a vestire le principesse romane di casa Torlonia, Colonna e Borghese, nonché le donne di casa Savoia.
Nel 1943 riescono ad aprire un proprio atelier in Via San Sebastianello, ma è con la fine della guerra che le sorelle Fontana iniziano a vivere il loro periodo di maggior splendore. Roma in quegli anni è invasa dai produttori cinematografici, è l’epoca d’oro di Cinecittà, la capitale diventa la Hollywood sul Tevere, luogo di ritrovo per registi, attori ed esponenti del jet set internazionale. Per le sartorie è una grande opportunità e per le Fontana è la straordinaria occasione di farsi conoscere in tutto il mondo. La fama che travalica i confini nazionali arriva infatti nel 1949, quando Linda Christian decide di farsi fare da loro l’abito da sposa per il suo matrimonio con Tyrone Power.
Le nozze vengono celebrate a Roma nella Chiesa di Santa Francesca Romana il 27 gennaio 1949. L’abito si ispira alla pittura del Quattrocento italiano, sia per il taglio che per l’acconciatura. Il tessuto è raso di seta pura color bianco perla con incrostazioni di merletto chantilly ricamato con perle e piccoli cristalli di Venezia. Lo completa uno strascico della lunghezza di 7 metri. Un lungo velo di tulle parte dalla cuffietta realizzata con lo stesso tessuto e lavorazione dell’abito. A completare il tutto un manicotto in raso di seta ornato di piccole orchidee fresche. Le foto dell’abito e il nome delle sorelle Fontana compaiono sulle più importanti riviste patinate europee e americane. È a partire da questo momento che gli abiti nuziali diventano uno dei cavalli di battaglia della maison. Indossare un abito Fontana il giorno del proprio matrimonio diviene il sogno di molte giovani donne, italiane e non, negli anni del boom economico.
Nel corso degli anni Cinquanta le sorelle Fontana si impongono definitivamente e spostano l’atelier in Piazza di Spagna. Tratti distintivi del loro stile sono il recupero della tradizione rinascimentale, i tessuti stampati e il corpetto aderente unito all’ampia gonna a ruota. L’atelier è ormai frequentato da celebrità quali Audrey Hepburn, Grace Kelly, Jackie Kennedy, Gina Lollobrigida, Sophia Loren, Liz Taylor, Ursula Andress, la principessa Soraya di Persia, Ava Gardner, Anita Eckberg. Il celebre “pretino”, il seducente abito di taglio talare indossato dalla Eckberg ne La dolce vita, è una loro creazione, inizialmente realizzata per la Gardner. Micol Fontana racconta che in quanto cattoliche in quell’occasione chiedono al Vaticano il permesso di realizzare il vestito e come risposta ricevono un abito da cardinale da copiare.
Il successo della maison si deve anche al grande legame affettivo e al forte sodalizio professionale che le tre sorelle sanno costruire, utilizzando sapientemente i rispettivi talenti, in modo da unire estro creativo e doti gestionali: Giovanna è la manager, si occupa dei numeri, pianifica le collezioni, cura la formazione delle apprendiste; Zoe è la mente creativa, colei che fiuta le tendenze e rinnova di continuo le proposte della maison; Micol è “il piccione”, come la chiamano in famiglia, ossia colei che cura le pubbliche relazioni, viaggia in tutto il mondo e promuove le creazioni dell’atelier. Una perfetta ripartizione dei ruoli e delle competenze che poi, negli anni futuri, caratterizza altre case di moda italiane, basti pensare a Valentino Garavani affiancato dal socio e compagno Giancarlo Giacometti, a Giorgio Armani con Sergio Galeotti e ai fratelli Gianni, Santo e Donatella Versace.
Nel 1951 le Fontana disegnano la loro prima collezione prêt-à-porter che viene presentata in una ormai storica sfilata svoltasi a Firenze, nella suggestiva cornice di Palazzo Pitti. A occuparsi dell’organizzazione è l’imprenditore Giovanni Giorgini. Questa sfilata segna l’esordio della moda pronta italiana sulla scena internazionale, dominata fino a quel momento dalle creazioni parigine di Chanel e dal New Look di Christian Dior.
Nel 1953 le sorelle Fontana, insieme ad altri creatori di moda italiani, concorrono a fondare il SIAM, Sindacato Italiano Alta Moda, che successivamente assume il nome di Camera Nazionale della Moda Italiana.
Negli anni Sessanta l’atelier Fontana firma le divise delle hostess di Alitalia e delle Nazioni Unite.
Il 1972 è l’anno in cui le sorelle si ritirano dalle sfilate, continuando tuttavia ancora per qualche anno a collaborare alle creazioni della maison.
Zoe, nata il 16 maggio del 1911, muore il 31 ottobre del 1979, all’età di 68 anni; Giovanna, la più giovane, nata il 27 novembre 1915, muore il 15 aprile del 2004, per una malattia cardiovascolare, all’età di 89 anni. La più longeva, Micol, nata l’8 novembre 1913, scompare a Roma il 12 giugno del 2015, all’età di 102 anni, dopo aver istituito nel 1994 la Fondazione che porta il suo nome e che raccoglie la preziosa eredità dell’atelier creato assieme alle sorelle: un’eredità che conta oltre duecento abiti, realizzati fra il 1940 e il 1990, oltre a ricami e decorazioni, accessori e modellini che sono custoditi nell’Archivio.