Senza Confini – Ebrei e Zingari, l’esortazione all’umanità di Moni Ovadia nella quinta serata della XL edizione di Benevento Città Spettacolo
di Marco D’Alessio 31-08-2019
BENEVENTO – Un cantastorie narra al suo pubblico le origini e germi di due popolazioni da sempre oppresse e oggetto di pregiudizi, Ebrei e Gitani, con l’obiettivo di illustrare allo spettatore l’importanza della loro cultura, la bellezza e le affinità con la nostra, smontando ogni forma di cliché. Parte dall’introduzione di Roth in Ebrei erranti “Sono abbastanza sporchi, vivono in baracche e, qualora prendano in affitto stanze fatiscenti, gli occupanti da due diventano quattro, cinque, dieci. Di razza negroide, sono inclini al furto e non di rado violentano donne.” Sembrano parole scaturite dal clima odierno di odio e xenofobia, ma in realtà si riferivano agli italiani immigrati negli Stati Uniti, proprio per dimostrare come non sia diversa la sorte dei poveri del mondo quando lasciano la propria terra, ammesso che ce l’abbiano una terra. Da questa lettura si sviluppa un lungo racconto in cui Ovadia delinea le origini di Ebrei ed Gitani, spiegando che questi ultimi originariamente erano un ricco e aristocratico gruppo sociale stanziato in India che poi iniziò a migrare di luogo in luogo, senza mai pensare di mettere in atto una guerra offensiva contro un’altra popolazione, eppure inviso per le proprie usanze e i costumi (a volte oggettivamente criticabili, in particolare per quanto riguardo lo sfruttamento dei minori e l’asservimento delle donne, ndr). Gli Ebrei, principali vittime dell’olocausto messo in atto dal regime nazista, erano considerati ‘diversi’ per la loro religione, esiste tuttavia anche una ben precisa ragione economica. Additare come qualcosa di criminoso qualsiasi attività svolta dalla colta borghesia ebraica, faceva parte di un disegno perverso tendente ad impadronirsi delle sue ricchezze (ndr).
Moni Ovadia smantella senza troppe mediazioni tutti i muri del pregiudizio servendosi di un linguaggio universale, quello della musica, mettendo in scena cinque solisti con due clarinetti, fisarmonica, cymbalon e contrabbasso che prima fanno deflagrare la vitalità delle canzoni gitane, poi eseguono i canti del lamento ebrei per la lontananza da casa caratterizzati da tonalità malinconiche. Brani apprezzati da compositori come George Gershwin, un ebreo russo, che ha assemblato musiche dalla forte connotazione americana nelle quali però lo swing si fonde con l’elemento gitano.
Una performance nata dall’idea di condurre lo spettatore in un mondo nuovo, dove sia finalmente possibile trovare le soluzioni per relazionarsi al diverso senza pregiudizi, cercando anzi dall’una e dall’altra parte i punti di contatto per creare un terreno comune. Tutti gli individui, senza distinzione, discendono dai primi abitanti del continente africano, e sono gli spostamenti di questi progenitori in aree geografiche dalle differenti condizioni climatiche ad aver costretto il corpo e la psiche all’adattamento ambientale dando così origine alle infinite diversità somatiche, culturali, sociali ecc. Uno spettacolo appassionato, denso di momenti entusiasmanti e sorprendenti con un’unica esortazione: ricordare sempre di appartenere al genere umano.
SENZA CONFINI – EBREI E ZINGARI
con Moni Ovadia