La memoria
MANRICO GAMMAROTA
Che ha preferito ‘andarsene’ troppo presto- Talento naturale, ma elaborato e sofferto
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Colposamente, a quattro mesi dalla scomparsa, apprendo della fine, per autodeterminazione (e qualche anno di ben celata depressione) dell’amico ed attore Manrico Gammarota, nato nel 1955 a Barletta e attivo, con dolente incisività espressiva, umana, sia in cinema che in teatro. Volto scarnificato, sublimante ed esaltante una sottile, crescente ‘disperazione’ esistenziale ed artistica, incredibilmente trasfigurata in lealtà, fedeltà, solidarietà verso gli ‘ultimi’. Brutalità della vita grottescamente macabra, premonitiva: prima di apprezzarlo per il suo lavoro, avevo conosciuto Manrico al funerale di un amico comune (poeta, musicista, radiologo), morto d’infarto, giovanissimo, una decina d’anni fa.
E nel febbrile, autentico ‘disagio ancestrale’ che dal suo sguardo si emanava come tutto ciò che è non-dicibile. Diffuso tra levantini intelligenti, crativi, ma frastornati dalle competitive bolge dell’occidente. Del resto, in certi luoghi, o ci nasci, sguazzi e sollazzi sino alla più catatonica delle simbiosi; o scappi via ignudo e indifeso, ma con l’accortezza di un cordone ombelicale reciso per sempre. Poichè l’andirivieni, il legame ancestrale, i profumi della giovinezza, a lungo andare, si ‘vendicano’ della tua affettività nostalgica, generosa, morbosamente arrendevole
Manrico, che da tempo viveva tra Roma e Milano, tornava spesso e infatti nella sua città, dove ricopriva il ruolo di direttore artistico del cartellone del teatro Curci. Attore, regista e autore teatrale, cinematografico e televisivo, Gammarota aveva una carriera affermata che lo impegnava in tournée e in attività formative e di laboratorio con giovani artisti. Fra i tanti riconoscimenti, nel 2009 ricevette il premio Persefone quale “migliore attore” per l’interpretazione in “La parola ai giurati” di Reginald Rose, con la regia di Alessandro Gassman, di cui era vecchio amico e sodale.
Numerose anche le parti in film e fiction di successo, da “Sanguepazzo” a “La capagira”, passando per “Don Matteo” e “Distretto di Polizia”. La notizia della morte era stata data (apprendo adesso) sui social dallo stesso Gassman, con un messaggio toccante: “E’ morto un amico. Aveva un cuore forse troppo fragile per affrontare l’avventura della vita….peccato Manrico, grande essere umano”. Cosa posso aggiungere di mio che la vita del teatrante l’ho sempre rasentata? “Si fà l’attore perchè la vita, così come si prospetta, è troppo competitiva, repellente, babelica. Così, per un paio d’ore, ne incarni quella di un’altro e il tuo schifo lo metti a riposo. Ma è lì che ti aspetta”. Oppure no, ma sei solo tu a poter decidere. E non starci troppo a pensare.