Dell’essere e dell’apparire. La vita secondo Rosso di San Secondo

Dell’essere e dell’apparire. La vita secondo Rosso di San Secondo

di Anna di Mauro 10-07-2019

CATANIA – Ilare, disperato, lieve e greve “Marionette, che passione!” testo originale e ricco di spunti drammaturgici, rivive nell’intelligente mise en scène diretta e interpretata da Giuseppe Carullo e Cristiana Minasi, che insieme al cast che ben li accompagna, hanno dato risalto alla componente schizofrenica dell’opera più famosa di Rosso di San Secondo, adattandola con maestria e arguzia, calandola nel mondo del teatro, del “Varietà” nella fattispecie, contenitore incontenibile, tracimante da ogni punto della scena. L’aspetto probante della nuova strada drammaturgica imboccata con pervicacia dal suo autore e degnamente restituita dalla regia si rivela a ogni angolo, sbucando dagli oggetti che trasformano costantemente le marionette-attori in altro, alla disperata e vana ricerca di un’identità e di un amore.

Straziante verità che ci accomuna nel perno esistenziale, dagli accenti tragicomici, in una vera e propria rivoluzione del teatro borghese. In costante trasmutazione, affetti da “marionettite” nei gesti e nei toni, i sei esperiti attori danno vita a una moltitudine di personaggi senza nome, in spazi senza tempo. Sono incontenibili e liberati. Non cercano un autore ma il senso della vita, un baricentro sfuggente, un’armonia costantemente frantumata in un diluvio di gesti, frasi, ammiccamenti, esilaranti e angoscianti. Siamo di fronte a una drammaturgia surreale, ironica, alla messinscena irridente e disperata del dramma inverecondo della vita, dove il Tutto e il Niente coincidono, dove il progetto d’amore diventa pantomima beffarda e sogno, dove le relazioni si sfaldano sulle note stridule di voci sospese, sopra le righe, perché la parola è ineffabile, indicibile, vuota di significato, come il gesto, meccanico e inconsapevole.

Assurdo, grottesco, delirante, sgomitando dai buffi costumi e dalle impalcature – tralicci scorrevoli e polifunzionali – stuzzicando sorrisi e amare riflessioni, rivelatrice di destini indicibili, l’opera di Rosso di San Secondo, densa di atmosfere più che di azione, brilla per acume e modernità nel panorama straordinario del ‘900, con minore successo del coevo Pirandello, pur trattando gli stessi temi, ma con una drammaturgia sconcertante, laddove la narrazione è potentemente disarticolata, al punto da non essere colta nel suo spessore in un tempo in cui il classicismo del teatro borghese imperava. Destino di chi “ridendo castigat mores”, in un momento storico che privilegiava la gravezza, ancorchè ancorato a un gusto lontano dal piglio dirompente di una sorta di beffardo Woody Allen ante litteram, dal suo sapido umorismo frizzante e intelligente, da una mise en question leggera, ma profonda.

“Marionette, che passione!”, nella pièce convincente e stimolante di Carullo e della Minasi, che nella loro ricerca si caratterizzano per l’ironia e il sarcasmo dei loro spettacoli, apre squarci di leggerezza, quella kunderiana insostenibile leggerezza dell’essere dirompente sul grigiore del pensiero dominante, restituendoci meritatamente un grande scrittore, più che mai attuale e significativo.

MARIONETTE, CHE PASSIONE!

Di Pier Maria Rosso di San Secondo

Adattamento e regia di Giuseppe Carullo e Cristiana Minasi

Scene e costumi Cinzia Muscolino

Regista collaboratore Roberto Bonaventura

Con Giuseppe Carullo, Cristiana Minasi, Gianluca Cesale, Manuela Ventura, Alessandra Fazzino, Ciccio Natoli

Produzione Teatro Stabile di Catania

Al Castello Ursino di Catania fino al 18 Luglio