I lavacri dell’Ellade diventano dramma contemporaneo nell’ “Elena” di Euripide diretta da Livermore al Teatro Greco di Siracusa
di Anna Di Mauro 03-06-2019
SIRACUSA – L’apparato scenico sontuoso ed essenziale di un palco-piscina da cui emerge il relitto di una nave, una tomba, un’arpa, una rampa misteriosa, sovrastate dall’installazione di video proiezioni permanenti, voci fuori campo, suoni suggestivi, canto lirico in straordinari ariosi, accurate danze corali, candelabri, coppe, piccoli specchi, non particolarmente efficaci (unico neo di questo spettacolo), toilettes scintillanti da gran soirée, coreografie ieratiche, elmi greci e corazze inalberati a evocare vasi e tazze dell’Ellade, hanno avvolto e accompagnato in questa “Elena” di Euripide pre-vittoriana, la bella e intensa Elena di Laura Marinoni, l’acceso, turrito Menelao di Sax Nicosia, la magica grazia settecentesca dell’indovina Teonoe di Simonetta Cartia, l’ironica leziosaggine di Teoclimeno, re capriccioso imparruccato, in odore di dandismo, tutto da gustare di Giancarlo Judica Cordiglia, il fascino ambiguo en travesti delle donne-guerriero, inguainate in abiti sfolgoranti e la grazia erculea di otto coreuti in gonne femminee, tutti nella varietà dei ruoli intensi interpreti di un testo che risente dei cambiamenti delle ultime opere di Euripide, dove tuttavia l’apparente attenuazione della tragicità del tema rinnova sempre gli orrori della guerra e la sete di giustizia di un poeta e tragediografo amato per il suo profondo antimilitarismo e il suo stile evoluto.
Questi sono gli ingredienti della “spettacolare” Elena, sorta di dramma giocoso rivisitato attentamente dalla regia di Davide Livermore, che ha trattato il testo come un archetipo dell’opera buffa settecentesca, con la stessa mano sontuosa delle opere liriche a cui è avvezzo, sicuramente accattivante, ma che ha fatto storcere il naso ai proseliti della tradizione. Il risultato è indubbiamente seduttivo, affidato agli effetti speciali di un mix di tecnologie contemporanee e alla scelta totalizzante dell’acqua come ambiente di ricerca sonora. L’impianto scenico infatti sposa la multimedialità alla tradizione, innestata e cercata nella coralità vocale, nella recitazione classica, improvvisamente sterzante su stilemi contemporanei, nell’ambientazione acquatica dove l’acqua diventa un percorso di ricerca e luogo della memoria di Elena, arabescata da tremolii e sinuosità scaturite dall’incedere dei corpi in movimento costante, con effetti cromatici e plastici di notevole bellezza, dove la preziosità estetica arricchisce la scena di una cangiante realtà, come il destino degli uomini.
Il destino di Elena, diffamata e vittima della sua bellezza, è qui sorprendentemente rovesciato e riscattato. Già Stesicoro prima di Euripide parlava di una doppia Elena. L’apparenza e la verità trovano la loro ambigua coesistenza nell’affascinante narrazione della guerra di Troia dal punto di vista della figlia di Leda. Non più moglie infedele, la bella e seducente creatura si proclama innocente. Si trova in Egitto, dove è sempre stata. Paride ha rapito il suo fantasma. Gli strali dell’odio dei troiani si sono scagliati contro un’effimera effigie. Ospite di Teoclimeno e della sorella Teonoe, la casta Elena, ambita a forza come sposa dal re, si trova davanti l’incredulo Menelao, suo sposo legittimo, giunto da Troia con colei che crede Elena, alle sponde dell’Egitto. La sofferta agnizione porterà i due sposi ad ordire un inganno, per sfuggire alle mire di Teoclimeno. La falsa notizia della morte di Menelao, narrata al re dallo stesso Menelao sotto mentite spoglie, porterà i due sposi su una nave che fingeranno sia necessaria ad Elena per onorare con un rito sacrificale, inventato lì per lì, la morte del marito avvenuta in mare. In realtà l’imbarcazione fornita dal re all’uopo servirà alla loro fuga che adirerà il re gabbato, ma sarà considerata legittima dalla sorella Teonoe, che il fratello vorrebbe uccidere per avere taciuto la verità, e che invoca invece il perdono e la giustizia come virtù fondamentale di un sovrano. L’accettazione del volere divino verrà definitivamente sancita dall’apparizione dei Dioscuri, fratelli di Elena.
Non vi è felicità senza giustizia.
Sul lieto fine della vicenda calerà il rosso sangue del mare, in memoria delle vittime dei naufragi del Mediterraneo, accompagnato dal pianto straziante di Elena, ormai vecchia, canuta e stanca. La Bellezza e la Giustizia, contro le guerre fratricide e l’odio per lo straniero, si ergono a difesa delle mura della dignità umana.
ELENA
Di Euripide
Traduzione Walter Lapini
Regia Davide Livermore
Costumi Gianluca Falaschi
Musiche Andrea Chenna
Disegno Antonio Castro
Video Design D-Wok
Con Laura Marinoni, Viola Marietti, Sax Nicosia, Mariagrazia Solano, Maria Chiara Centorami, Simonetta Cartia, Giancarlo Judica Cordiglia, Linda Gennari, Federica Quartana
Coro e Dioscuri Bruno Di Chiara, Marcello Gravina, Django Guerzoni, Giancarlo Latina, Silvio Laviano, Turi Moricca, Vladimir Randazzo, Marouane Zotti
Produzione Fondazione INDA Onlus
Al Teatro greco di Siracusa fino al 22 Giugno