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Agata MOTTA- La fatica di essere italiani (“Magazzino 18”, con Simone Cristicchi, al Teatro Biondo di Palermo)



La sera della prima



LA FATICA DI ESSERE ITALIANI

Simone Cristicchi

Simone Cristicchi al Teatro Biondo di Palermo con “Magazzino 18”

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Innanzitutto il luogo, così com’è, in immagini riprese dall’esterno mentre una voce fuori campo, che presto avrà il volto dell’interprete, ce lo commenta in romanesco. Poi una lunga soggettiva guida lo spettatore alla scoperta dei cumuli di oggetti accatastati, da quelli di uso più comune a quelli più improbabili. Simone Cristicchi porta in scena al teatro Biondo Magazzino 18, uno spettacolo ormai più che rodato che di quel luogo del Porto Vecchio di Trieste narra la storia e le storie, perché sempre i grandi eventi sono vissuti da masse anonime che da essi vengono travolte.

Scritto con Jan Bernas (autore di Ci chiamavano fascisti. Eravamo italiani, testo che unisce storia e testimonianze), il lavoro è diretto da Antonio Calenda con un rigore che lascia spazio all’ironia ed è magistralmente sostenuto dal suggestivo impianto musicale dello stesso Cristicchi, che si conferma, anche in quest’altra difficile prova, abile e versatile interprete.

Un ingenuo archivista romano, inviato dal Ministero per redigere un inventario, si accorge che le coste dalmate e istriane, oggi gettonate mete di turismo a buon mercato, un tempo furono italiane, scopre pian piano una realtà di cui sconosceva l’esistenza, una realtà taciuta, dimenticata, occultata che inizia a serpeggiare nella sua coscienza anestetizzata dall’ignoranza e dalla nobile arte della convenienza.

Lo spirito delle masserizie, il genius loci che ha un volto ma ne potrebbe avere centomila, anima quel cimitero di oggetti su cui aleggiano storie mai narrate e volti mai incontrati. Di quell’esodo avvenuto nel ’47 che portò migliaia di istriani e dalmati dai luoghi d’origine, ceduti alla Jugoslavia come risarcimento dei danni di guerra, all’Italia, il Magazzino 18 è il simbolo, il punto di raccolta in cui venivano accumulati i beni personali in attesa di una restituzione che non avvenne mai. Un esodo di cui non si è parlato a sufficienza che rese esuli, e non migranti, interi nuclei familiari, fagocitati da un destino di dolore.

Se è vero che i luoghi di nascita sono la carta d’identità che ci dice chi siamo e da dove veniamo è altrettanto vero che l’abbandono non imposto ma indotto di quei luoghi può restituire solo il silenzio deserto di un mondo che diventa estraneo se non addirittura ostile. Sostenuto dal bell’impianto scenico di Paolo Giovanazzi e dalle luci d’atmosfera di Nino Napoletano, Cristicchi ricorre alla lucidità della cronaca, alla robustezza delle argomentazioni, allo struggente lirismo di alcune rievocazioni.

E  non si limita a ricostruire questo tassello, ce ne fornisce anche i prodromi, che vanno cercati nella parentesi fascista, per poi allargare il campo d’indagine attraverso le sparizioni nelle foibe (vendette personali o pulizia etnica?), la sconosciuta strage di Vergarola (incidente o attentato?), il controesodo dei monfalconesi illusi dal sogno comunista subito infranto all’arrivo nella Jugoslavia titina condannata ed isolata dallo stesso Stalin.

Con poesia Cristicchi riesuma i fantasmi tragici e dolenti di uomini, donne e bambini, vittime innocenti ed eroi solitari, mentre il Coro delle voci bianche del Conservatorio “Vincenzo Bellini” di Palermo, diretto da Antonio Sottile, lo accompagna in questo cammino di restituzione che prevede almeno un ricordo per quella folla passata sulla terra come un’inoffensiva folata di vento. Undicesimo comandamento: “Non dimenticare”. Ultime parole: un pensiero agli attuali profughi di tutto il mondo.

Ultima immagine: otto sedie di legno tutte diverse disposte in fila orizzontale sul proscenio dai bambini del Coro, un unico materiale in diverse fogge come diverse sono le persone e le storie e unica la sostanza dell’essere umano da qualsiasi terra provenga. Ultimo ascolto: le note della FVG Mitteleuropa Orchestra che dona respiro sinfonico alle belle canzoni che Cristicchi ha composto per l’occasione.

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