Michalik ha avuto…naso. Il suo Cyrano ha conquistato le masse…
…ma non i cinefili. Questo “Edmond” in versione cinematografica risulta un abile tessuto, sostenuto dalla celeberrima e plurirappresentata opera teatrale “Cyrano de Bergerac” a cui anche il cinema si è abbondantemente ispirato, nonchè infittito da un intreccio, quasi inverosimile in alcuni tratti e con licenze registiche che hanno fatto arricciare il naso (per restare in tema) alla critica, con la vita privata del suo autore, Edmond Rostand. La pièce al suo esordio nel 1897 a Parigi ebbe uno spettacolare successo, inatteso dallo stesso autore in crisi creativa e conseguente crisi economica e familiare, finalmente illuminato e baciato dalla Musa dell’ispirazione. Un successo che in un ameno gioco di specchi il nostro giovane regista ha emulato, sfruttando le sue competenze, infarcendo di trovatine la sceneggiatura dove l’ironia si affaccia a colmare il prevedibile incastro da vaudeville, in omaggio al coevo Feydeau, presente in carne, ossa e cattiveria nei confronti del meno fortunato collega. Il film è un omaggio ai valori dell’anima, piuttosto che all’effimera bellezza del corpo, alla lealtà, all’amore sincero e all’Arte.
Il cinema, fratello più giovane, astro nascente all’epoca, rende oggi onore e gloria al suo fratello maggiore, il teatro, svelando, inventandoli in parte, i retroscena della genesi del capolavoro, vivacizzando con spolveratine irriverenti l’ambizioso progetto, portato sul piano di una satira che nutre il malinconico finale, tra gli sbocchi della verità di Cyrano morente su un vero, verde prato, magia della finzione teatrale emulata da questa bella scena, strappando lacrime all’amata Rossana e al pubblico femminile inguaribilmente romantico che si è identificato con la protagonista di tanto amore, ma anche agli animi sensibili alla sofferenza di un uomo solo e senza amore. L’umorismo condito a fil di spada con cui il guascone Cyrano parla del suo lungo, deforme naso, in realtà nasconde infatti la sua sofferenza, pirandelliano sentimento del contrario, per questo difetto stravagante che lo trattiene dal rivelare il suo amore alla bella e arguta cugina Rossana, nel film la costumista Jeanne, a cui Edmond/Cyrano dedica sentite frasi poetiche traboccanti di quell’amor cortese ascoso, in un fitto intreccio epistolare, fingendosi il bel Leo/Cristiano, invaghito dell’avvenente Jeanne/Rossana. L’inganno con cui il poeta sostituisce l’attraente, ma prosaico aspirante alle grazie della romantica fanciulla, sortirà un effetto imprevedibile nella realtà come nella finzione teatrale. Il corteggiamento farà esplodere nella donna una passione amorosa per l’autore delle lettere sincere e ingannevoli che diventeranno, in una suspence ben orchestrata nel film, il copione teatrale della commedia che salverà in un finale positivo Rostand dal fallimento e il famoso attore Constant Coquelin, che per intercessione della mitica attrice Sarah Bernhardt, gli aveva affidato il compito di scriverla per lui in pochi giorni, pena la chiusura della sua carriera, per i suoi turbolenti trascorsi.
Sullo sfondo di una leggendaria Parigi di fine Ottocento l’andamento della storia, in un crescendo rossiniano a ritmo serrato, brillante e disinvolto, sfida il tempo e la tematica con piglio deciso, mescolando il “sacro e profano” dell’arte, fino a mostrare le terga della compagnia teatrale nello sberleffo finale della macchina da presa che immortala l’inchino degli attori al pubblico…visto da dietro.
Nero (per caso?), intellettuale gestore di un famoso locale parigino in cui Edmond si era rifugiato per scrivere, il deus ex machina di cotanta vicenda, favorisce la nascita dell’opera mostrando allo scrittore disperato una possibile traccia: Savinien Cyrano de Bergerac, estroso scrittore francese del seicento realmente esistito, a cui effettivamente Rostand si è ispirato. La figura dell’eroe dai turriti valori, smargiasso e spaccone in pubblico, quanto delicato, timido e poetico nel privato, conquisterà lo smaliziato pubblico parigino e il cuore dell’Europa di fine Ottocento, mantenendo intatto fino ai nostri giorni il fascino di una storia struggente dai contorni sfaccettati, dove il dolore e la felicità si inseguono fino alla fine, come nella vita. Verità e fantasia si alternano in questo altalenante affresco cinematografico dai toni leggeri, tra effetti caricaturali (basti per tutti Čechov nel bordello, l’attrice protagonista una ex puttana, gli impresari due ignoranti lestofanti) e variegati colpi di scena, caricando un’arma che esploderà nel clamoroso, insperato, imprevedibile successo finale della commedia.
Il risultato è un bel pacchetto, intelligentemente confezionato con ingredienti di sicuro effetto, che non restituisce la magia dell’opera originaria, ma che consente ai non addetti ai lavori di accedere alla cultura classica senza sbadigliare. Usando espedienti interni a specchio, “Edmond” (ci piace usare il titolo originale contro il commerciale “Cyrano mon amour”) non possiamo dire che indichi nuovi cammini, ma si attesta su una rivisitazione che il grosso pubblico può ammirare, riscattando in parte l’operazione di ripescaggio, prima destinata al cinema, poi, per inerzia dei produttori, adattata drammaturgicamente con esiti favorevoli, per poi ritornare alla versione cinematografica. Al fin della licenza Michalik toccò!
CYRANO MON AMOUR
Titolo originale Edmond
Anno 2018
Produzione Francia
Regia Alexis Michalik
Con Thomas Solivères, Olivier Gourmet, Mathilde Seigner, Tom Leeb, Lucie Boujenah