Teatro Lo spettatore accorto
RE O NON RE
“Enrico IV” di Luigi Pirandello. Interpretato e diretto da Franco Branciaroli. Teatro Stabile di Catania. Sala Verga (attualmente in tournée)
La celebre pièce teatrale, rappresentata per la prima volta nel 1922 (e che ebbe anche due versioni cinematografiche, nel 1944, regia di Giorgio Pàstina con Osvaldo Valenti, e nel 1984 regia di Marco Bellocchio con Marcello Mastroianni), da ultimo prende vita con questo algido Enrico IV di Franco Brancialori, che ha anche curato la regia.
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In un palazzo fuori città il tempo si è fermato intorno ad un uomo segregato da ventanni, che si crede Enrico IV, in seguito ad una caduta traumatica da cavallo nei panni del celebre re, indossati in occasione di una mascherata storica. Il finto re viene assecondato con un’adeguata ambientazione di scene e costumi da coloro che custodiscono questo segreto, il vecchio cameriere e quattro finti Consiglieri, stipendiati dal nipote, pietosamente attento alla fragile mente dell’uomo, che tuttavia è intanto rinsavito, ma continua ad indossare la maschera della Follia, in un tragicomico alternarsi di verità e finzione, fino all’arrivo di una visita inattesa: La frivola Marchesa Matilde, la donna da lui un tempo amata, con il suo ganzo, il Barone Belcredi, la di lei figlia Frida con il fidanzato, e un inefficace medico, il dottor Genoni. che dovrebbe tentare di curare la presunta malattia mentale.
Il loro arrivo finirà per determinare il disvelamento della finzione e l’uccisione del Barone, ritenuto dal presunto folle un rivale, colpevole in realtà della sua fatale caduta da cavallo. Il gesto di un folle? Di un innamorato deluso? O una vendetta lungamente attesa? La Follia diventerà la maschera che l’assassino sarà costretta ad indossare, d’ora in poi, per sempre.
La raffinata messa in scena si avvale dell’attenta interpretazione di un Brancialori sobriamente dominatore sulla scena e sugli sbiaditi interpreti della compagnia.
La scenografia si impone, sottolineata dgli stravolgimenti stilistici di un Medio Evo iperdimensionato, in prospettive simboliche di statue equestri capovolte, troni decentrati, gigantesche cornici sbilenche, stoffe e velari, affastellati confusamente su diversi piani, scanditi da pedane lignee, tese ad intasare uno spazio già alquanto denso e scomodo: lo spazio della Follia, della finzione della follia, della Verità inaccessibile. In questo spazio angusto si muove il protagonista, in un penoso andirivieni tra Presente e Passato, Verità e Finzione. L’indagine si scompone in un gioco di specchi infranti rivelando la fragilità dell’Essere in quanto Essere di amletiche reminescenze.
La regia appare orientata su un’angolatura decisamente asettica di questo personaggio, modulante in sordina gli arpeggi sonori della finzione, in un alternarsi di note basse e profonde, mai acute. Questo Re-NonRe ci appare lontano e rarefatto, della stessa sostanza dei sogni. Un registro che poteva essere ancora più osato. Che cosa in fondo è la follia se non un sogno ad occhi aperti?
La vida es suegno e los suegnos suegnos son.
Il tema dell’inconsistenza dell’esistenza, tracimata in questo asciutto e stanco Enrico IV, avrebbe così offerto un’occasione di rivisitazione in una chiave divergente dall’ormai trafugato a piene mani leitmotiv pirandelliano.
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Una produzione
CTB Teatro Stabile di Brescia e Teatro degli Incamminati
Regia Franco Branciaroli Scene e costumi Margherita Palli -Con Franco Branciaroli nei panni di Enrico IV, Melania Giglio Matilde, Valentina Violo, Giorgio Lanza, Antonio Zanoletti, Daniele Griggio.