Teatro Lo spettatore accorto
DEL ‘SATANICO’ GENET
“Le serve” Prodotto dalla Compagnia “XXI in scena” Teatro del Canovaccio. Catania. Regia : Rosario Minardi; interpreti: Egle Doria, Luana Toscano e Sergio Valastro
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La piece, tra le più emblematiche dell’universo teatrale (e non solo) di Jean Genet (nella foto), si annuncia in odor satanico fin dal suo esordio. Il buio è attraversato dalla sibilante sincronia di due voci che spalancano un inferno annunciato La scena si illumina ed anima nello svelamento di due dimesse creature e ci espone, voyers malgrez nous, ai contorcimenti corpo-anima delle due sorelle, serve oltraggiate e oltraggianti, traboccanti erotici furori per la padrona odioamata, momentaneamente assente come nelle segreterie telefoniche, deliranti la morte annunciata, da ogni gesto, da ogni parola lanciata sulla pelle l’una dell’altra.
Nel gioco perverso le due donne si scambiano i ruoli, serva –padrona, serva-serva, in un intrico inestricabile di verità e menzogna, dannazione e salvezza, angoscia e speranza, nel goffo tentativo di liberarsi dal giogo ineludibile della servitù. Queste laide, umiliate, creature degli Inferi, vagano eternamente in cerca di un potere impossibile, di una inutile via di salvezza. Il servo che uccide il padrone finirà per uccidere se stesso. Rito Hegeliano? Lotta di classe? Metafora di una terra violata? Dramma politico o dramma esistenziale? Siamo tutti chiusi in una stanza alla ricerca di una verità impossibile.
L’arrivo della padrona- maschio, anima la scena di afrori sadomaso, ambiguamente permeata dalla sottile violenza del Potere invano contrastato da ingenui tentativi di piani distruttivi destinati al fallimento. Il vuoto può attendere. Basta ignorare le regole e farsi padroni di un destino migliore.
Ma non è così semplice. La padrona/e mentre abilmente modula il suo canto, altalena di accesi sadismi e sbavanti buonismi, annuserà gli inganni delle due infide fedeli, disegnando un déjà vu fino all’epilogo. Da un fatto di cronaca ad una rappresentazione del male nella sua banalità Arendtiana il passo non è breve. L’asciutta regia, incalzante e non priva di echi pinteriani avrebbe potuto osare ancora, al di là di provocazioni conosciute. Nelle intenzioni propone un metafisico Doppio-Trino che ci turba e stordisce scientemente con la cercata profusione di energie magmatiche di Luana Toscano ed Egle Doria, rispettivamente Solange e Chiara, a tratti sopraffatte dal virulento, esorbitante Sergio Valastro.
La scenografia di Federica Buscemi, nelle intenzioni simbolica e strutturata, mostra qualche esitazione nella scelta dei materiali e degli apparati, evanescenti rispetto alla forza ossuta del testo e dell’interpretazione.
Lo spettacolo continuerà il suo tour in vari capoluoghi siciliani.