Terradilei, questa sconosciuta. ‘Dieci giorni senza mamma’ di Alessandro Veronesi
“Dieci giorni senza mamma”, regia di Alessandro Veronesi, spinge in superficie i molti piccoli dettagli essenziali, i sacrifici apparentemente minimi, comunque sottovalutati, che, entro il ‘quieto’ corso della vita familiare, se non colti tendono a diventare insofferenza. Sono proprio questi particolari trascurati che muovono Giulia – moglie di Carlo e mamma di tre figli – a prendersi una pausa di dieci giorni lontano da casa.
Dalla rivoluzione femminista avvenuta alla fine degli anni ’60 ne è passato di tempo eppure quanto ancora c’è da capire e da risolvere in quello che è l’impegno multiplo di una donna, di una mamma, che lavora o che ha rinunciato alla carriera e agli studi per accudire, seguire e far crescere la propria famiglia e, nel contempo, dare modo al marito di coltivare la sua carriera senza nessun’altra preoccupazione.
Giulia (Valentina Lodovini) rappresenta tutte quelle mamme che si affannano a rincorrere il tempo per non tardare a riprendere i propri figli a scuola, e che nel frattempo hanno scelto il regalo per il compleanno, ordinato la torta, telefonato ad imbarazzanti pagliacci o circensi per la festa, fissato il pediatra per il vaccino, risposto alle mille domande nelle chat di scuola, comprato la merenda e che, infine, è passata in cartoleria ad acquistare quell’astuccio o quel set di ‘truccosetti’ o di soldatini.
Quelle donne che si privano di una sosta dal parrucchiere raccontandosi la favola antica della gratitudine che riserveranno loro i pargoletti, una volta cresciuti, ricordandosi dell’incondizionata dedizione materna.
Carlo (Fabio De Luigi) incarna la figura canonica di marito e padre comodamente avviluppato nella rassicurante vita domestica, incapace di allungare lo sguardo dietro la struttura che lo accoglie per scorgere quanti sforzi, rinunce, fatica, annientamento personale richieda mantenere in vita la piacevole routine di cui tanto gode.
A questa ottusità di fondo si aggiunge l’inettitudine a comprendere il vocabolario della figlia di pochi anni – in pedagogia abbiamo infatti il mammese o motherese: un sistema di articolazioni modulate attraverso le quali la mamma comunica con il bambino – o a creare un’empatia minima con la figlia adolescente chiusa in camera a metabolizzare il faticoso percorso interiore necessario per diventare una persona adulta.
Al padre spesso manca il giusto equilibrio nell’esserci ma non troppo, nel cercare e farsi cercare, nell’organizzare, anche con un po’ di fantasia, un sistema comunicativo che dia al figlio la sensazione di essere un protagonista del rapporto.
Una commedia divertente, riflessiva, morbida e veloce che ci guida in una delle zone più comuni e misconosciute del nostro sistema sociale: Terradilei.