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Angelo PIZZUTO- Piccolo Golem (Silvio Orlando in “Il mercante di Venezia” all’Argentina di Roma)


 

Il mestiere del critico



PICCOLO GOLEM


Silvio Orlando, al Teatro Argentina di Roma, affronta  a suo modo “Il mercante di Venezia” per la regia di Valerio Binasco

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Come staffetta al “Mercante di Venezia” di Giorgio Albertazzi (per la messinscena di Giancarlo Marinelli, dalla quale riferivamo la scorsa settimana), giunge – al Teatro Argentina di Roma-  il medesimo, controverso  personaggio che è emblema di umana frustrazione e laida rivalsa tramite esercizio  dell’usura, nella sghemba, ispida interpretazione di un inedito Silvio Orlando. Cui Valerio Binasco (regista) cuce addosso, in sgualciti abiti di meticcia, promiscua contemporaneità, la  ‘maschera’ di piccolo Golem,   automa d’argilla della leggenda ebraica-   intarsiato su  calco di  legno,  ‘plastico’ volto d’attore che si fà  essiccato e fumogeno, sepolcro rigido e nerastro, man mano che gli accadimenti prendono corpo e inesorabile connessione.

Restando peraltro inevasi (volutamente ed ambiguamente inevasi) gli stessi interrogativi cui di  fondo cui mirava l’opera del Bardo, erroneamente (sbrigativamente) risolta per tutto il novecento mediante canoni e stilemi di un naturalismo ‘da antiquariato’ (al gusto di oggi) , di una ‘deformazione corporea’ (e di anima),  di cui si ha traccia in qualche foto  scenica delle  edizioni con    Ruggeri, Benassi, Ricci ed ancora Santuccio, Carraro, Randone.   Sostanzialmente ci si chiede:    Shylock è un malvagio o un custode della (sua) legge, vittima dell’ingrato ruolo  cui la borghesia farisaica e mercantile lo ha relegato?  Essendo evidente che l’usuraio  ricambia col sentimento dell’odio  quel grumo di dolore  nascente dal    disprezzo collettivo , come non sospettare (almeno sospettare) che l’ostilità  fra Antonio (che all’usura fa ricorso per ‘prodigalità’ verso l’amico”) e Shylock (che dell’usura fa la sua arma di difesa)  non nasconda  una forma di  arroventata, arrovellata affinità?   Entrambi ‘difformi’ dalla consuetudine e dal ‘bene accetto, l’uno per religione, l’altro per represso slancio omosessuale  – quindi capri espiatori di un sistema sociale ‘liberista’, mercantile, mirante a perpetuare se stesso nell’indifferenziato conformismo delle abitudini?

“Non capiremo mai fino in fondo se il povero pretendente Bassanio sia un egoista sentimentale fin troppo leggero o un ingenuo ragazzo di buoni sentimenti, se il mercante Antonio – che per offrire in favore di Bassanio  garanzie sostanziali è disposto a impegnare    una libbra della propria  carne – sia un amico magnanimo e affezionato o un innamorato che nasconde per il giovane un sentimento inconfessabile al buoncostume dell’ipocrisia”  – leggo da una vecchia recensione.  Così  come avremo la sensazione di non conoscere di Shylock,  “ogni aspetto del crogiuolo di sentimenti che gli inaspriscono le parole, la volontà, che gli intorbidiscono gli occhi”. Bene che vada immagineremo  e intuiremo molte o poche  cose,  dedurremo che quel pegno ‘carnivoro’  è solo un lembo, un’escrescenza simbolica  delle mattanze inflitte  dalla vita e dal’emisfero  (occidentale) a chi viene catalogato straniero,   demoniaco, untore di patologie xenofobe “Perché Shylock è tutti noi, ma anche perché noi siamo tutti gli altri”. Che ci raggiungono e impauriscono migrando, per mare o per terra, “in fuga da inferni più infernali del nostro”

Anche se a teatro il solo  “diavolo in agguato è la noia”- annota il regista  Binasco, citando Peter Brook.  Da cui lo spettacolo è esente in virtù della sua estetica vagamente brechtiana, imbizzarrita,  marionettistica (in senso elogiativo), grottesca ma con contegno. E del  palpabile apporto degli interpreti comprimari,   incorniciati in  un armamentario di scenografia che è un po’ seminterrato metateatrale, un po’ sala d’attesa da ‘Sindaco del rione sanità’.  Su un registro di  stridori, idiomi, cadenze, tonalità dialettali donde  si erge la metallica inflessibilità da rom balcanico che impreziosisce, senza esagerare, la bella, inattesa performance dell’eclettico Orlando. Perfido e vulnerabile come è giusto che sia.

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“Il mercante di Venezia”    di William Shakespeare,   regia Valerio Binasco ,  interpretato da  Silvio Orlando   e con Andrea Di Casa, Fabrizio Contri, Milvia Marigliano,Simone Luglio, Elena Gigliotti, Nicola Pannelli, Fulvio Pepe, Sergio Romano, Barbara Ronchi, Roberto Turchetta, Ivan Zerbinati-  musiche originali di Arturo Annecchino, scene di Carlo de Marino, luci di Pasquale Mari, costumi di Sandra Cardini   – Produzione Oblomov Films,    in collaborazione con Teatro Stabile di Torino, Estate Teatrale Veronese, Festival della Versiliana  -Al  Teatro   Argentina di Roma