‘Chefs’: uno spettacolo al curry al Teatro di Rifredi
FIRENZE – Se cercate uno spettacolo comico dal gusto speziato ma facile da digerire Chefs fa al caso vostro. Consegnato a domicilio direttamente da Madrid, sede della compagnia Yllana, famosa per il suo teatro mimico, lo spettacolo segue le alterne vicende di uno chef stellato diventato famoso per la sua “niù cusìn” – una parodia della nouvelle cuisine -. Il protagonista dovrà cercare di brillare in uno show televisivo, sopravvivere alla sua famiglia italiana, evitare guai in un ristorante asiatico, affrontare un rivale francese e infine riconquistare la fama soddisfacendo i difficili gusti di un critico.
La comicità generata dalla mimica e dal grammelot si sussegue a trucchi magici e momenti di vero nonsense in una miscela che lascia talvolta stupiti – e un po disorientati – ma comunque divertiti. Di particolarmente impatto è la violazione della terza parete e della sacralità dello spettatore il quale diventa bersaglio a più riprese delle burle della compagnia: attori che si aggirano saltando per le poltrone, lanciano piatti con finti spaghetti, simulano un’aggressione a un malcapitato del pubblico fino ad arrivare a trascinare sul palcoscenico due “vittime” per coinvolgerle nelle gags. Con un’interazione di tale livello con la platea il pericolo sono gli imprevisti, che la compagnia composta da Susanna Cortés, Antonio De La Fuente, César Maroto, Rubén Hernández ha dimostrato di saper gestire al meglio con una spiccata capacità di improvvisazione [è capitato che una signora del pubblico avesse da ridire sulle avances in scena della Cortés nei confronti di suo marito, invitato sul palcoscenico. Il “dialogo” mimico che ne è scaturito è una piccola perla possibile solo in un ambito vivo e genuino com’è quello teatrale].
L’assurdo di alcune scene è amplificato da trucchi magici che lasciano lo spettatore esterrefatto, e la risata è la naturale reazione alla sorpresa. Unico sapore dissonante in un mix altrimenti gustosissimo e ben bilanciato è l’aspro degli stereotipi culturali addossati ai personaggi delle varie cucine etniche: gli italiani vengono dipinti come caotici, violenti e legati alle tradizioni; nella parte dedicata alla cucina asiatica si fa confusione fra i vari paesi e le varie cucine con il proprietario del ristorante vestito con un abito cinese mentre il cuoco parla un grammelot pseudogiapponese (e ha dei finti incisivi giganti).
In ogni caso le risate degli attori – che in diverse occasioni si prendono in giro vicendevolmente in gags improvvisate – cancellano l’eventuale malcontento e i tormentoni si piantano bene in testa per essere ricordati e ripetuti fuori dal teatro.
Lasciarsi alle spalle la rappresentazione è come uscire da un buon ristorante: siamo soddisfatti, con una piacevole sensazione di rilassatezza e con la pancia piena, perché si sa, le risate sono un ottimo cibo per l’anima.