In occasione della ripresa di ‘Sei personaggi in cerca d’autore’, regia di Michele Placido, al Teatro Quirino di Roma dal 20 novembre al 2 dicembre, riproponiamo la recensione di Anna Di Mauro, scritta in occasione della prima nazionale dello spettacolo al Teatro Stabile di Catania.
Se si potesse prevedere tutto il male che può nascere dal bene che crediamo di fare… ‘Sei personaggi in cerca d’autore’ al Quirino di Roma 20/11 – 2/12
Così si apre la scena di uno dei drammi più inquietanti della vasta produzione di Luigi Pirandello, tra gli autori più amati e saccheggiati del nostro tempo, soprattutto nell’anniversario della sua nascita. Il bene e il male così fittamente intrecciati, caparbiamente stretti l’uno all’altro ancora una volta, in questa terza regia pirandelliana per Michele Placido, impegnato al Teatro Stabile di Catania nel “Sei personaggi in cerca d’autore”, come regista e interprete, opera metateatrale rappresentata per la prima volta nel 1921 al Teatro Valle di Roma, scelta opportunamente per l’apertura della nuova stagione teatrale.
Il dramma dell’Incomprensione e della Vita che sbuca dalla fissità della Forma è certamente un banco di prova per chi sceglie di rappresentarlo, ma al tempo stesso offre un meccanismo così ben congegnato, un apparato a incastro talmente complesso e affascinante, da stare, per così dire, in piedi da solo, purché sostenuto e corroborato da una recitazione capace di portare in sé tutta la semantica cerebrale del pensiero pirandelliano.
In questa edizione il team è forte e sinergico. Attori siciliani, soprattutto catanesi, per una storia svoltasi forse in quegli stessi luoghi dove viene rappresentata. Su questa suggestione si muove la regia esaltando l’energica presenza dei nostri giovani talenti. Citiamo per tutti Egle Doria, la prima attrice, sanguigna e in preda a ire funeste. L’anima catanese, intrisa di umorismo, passione, ironia, ben si presta alla cornice delle prove di una Compagnia teatrale dietro le quinte, tra impalcature e tralicci, a far da vivace, comica contrapposizione e sfondo tangibile ai Sei Personaggi, materializzati sul palco, sorprendentemente ai loro e ai nostri occhi, come per incanto, misteriosi e diafani, ma al tempo stesso carnali, decisi e volitivi nella loro richiesta di essere rappresentati, più reali delle persone in palco con la loro storia dolorosa, dramma umano che ha urgenza di vivere.
Finalmente ascoltati dal capocomico (un vigoroso Silvio Laviano) che fino a quel momento si ritraeva, a poco a poco l’inquietante Famiglia si svela in tutta la sua tragica, inafferrabile verità: Ognuno racconta la sua versione dei fatti, in un poliedrico e sconcertante caleidoscopio di immagini.
Vestiti di nero, dichiaratamente in lutto, in preda alle loro scomposte passioni ecco il Padre, dall’ambigua violenza che ha indotto la moglie ad innamorarsi di un altro per poi scacciarla (un Placido sobrio e misurato). La Madre (Guia Jelo qui si fa maschera tragica di un dolore straziante), vittima dell’inganno ordito dal marito, rimasta vedova del secondo uomo.
La Figlia-figliastra (la vibrante e versatile Dajana Roncione), ardita, fremente, procace adepta di Madame Pace (Luana Toscano in versione grottesca). Il Figlio scontroso, riluttante, chiuso in se stesso. Sono soprattutto il Padre e la Figliastra, alimentati più degli altri da un tormento indicibile che li connota e li sostiene, a raccontare a brandelli, sopraffacendosi l’un l’altro, la loro tragedia fino all’Atto finale. I due bambini con le loro mute “presenze” sottolineano la terribile vicenda, ammantata di mistero.
La genesi dell’opera è esaurientemente esposta da Pirandello nella prefazione.
Costoro si presentarono all’autore, introdotti dalla servetta Fantasia “vivi… da poterli toccare, da poterne udire il respiro…Nati vivi, volevano vivere”. Decide di scacciarli, perché non particolarmente rappresentativi del suo pensiero filosofico, ma loro continuano a tentarlo fino ad ossessionarlo. Decide allora di lasciarli andare e farli vivere in palco come personaggi, destinati a rappresentare il travaglio dell’autore, la tragica incomprensione al di là delle parole, il conflitto tra la vita mutevole e le forme immutabili. Ecco trovato così il senso della loro esistenza nella febbrile passione del tumulto creativo. Sei personaggi che cercano un autore. Questa idea straordinaria, originale e tutta da scoprire, sarà il capolavoro della sua drammaturgia, la sua profonda e ineludibile concezione filosofica dell’esistenza.
Il tragicomico della vita qui si affaccia nei due gruppi contrapposti degli attori da una parte e dei personaggi dall’altra, in un gioco senza esclusione di colpi. La vicenda surreale posta come reale irretisce lo spettatore che si trova suo malgrado catturato dal carosello inarrestabile del fantastico intrecciato alla presunta realtà, alla sua rappresentazione. Nasce così il capolavoro.
Tre le scelte di Placido: ambientazione sicula, anzi catanese, impianto tradizionale attualizzato dagli innesti nelle prove di Compagnia, recitazione sobria, alternata a squarci di oscena esposizione.
Ci piace leggervi un omaggio alla terra dell’autore, rispetto di un’opera superba e già più che rivoluzionaria nell’impianto, gusto per l’interpretazione che lascia respirare un testo nutrito dalle nevrotiche inquietudini novecentesche, da un disagio esistenziale ancora presente, avvertito dalle coscienze più sensibili.
Sei personaggi in cerca d’autore
di Luigi Pirandello
Regia di Michele Placido
Musiche di scena Luca D’Alberto
Costumi di Riccardo Cappello
Luci di Gaetano La Mela
Con
Personaggi:
Michele Placido, Guia Jelo, Dajana Roncione, Luca Jacono, Luana Toscano, Paola Mita, Flavio Palmieri
Attori della Compagnia:
Silvio Laviano, Egle Doria, Luigi Tabita, Ludovica Calabrese, Federico Fiorenza, Marina La Placa, Giorgia Boscarino, Antonio Ferro