Bruna sta alla notte come la notte sta a Bruna. Alessandro Riccio al Teatro di Rifredi
Bruna, un Alessandro Riccio che non finisce mai di stupire con i suoi camaleontici travestimenti, è la protagonista ed è una cantante che racconta e rievoca la sua vita passata tra locali e balere della Versilia di un tempo lontano e a suo modo scintillante, sempre vivo e presente in lei. Dotata di una voce penetrante e incisiva, Bruna è diretta e un po’ arrogante, simpatica e intensa, assurda e realistica.
Il repertorio delle canzoni scelte non è banale, non si può chiedere a Bruna di interpretare un tormentone degli anni ’60, perché lei canta la vita, gli amori difficili e impossibili, le promesse disattese e le delusioni, che lacerano il cuore e mettono all’angolo quasi – o senza quasi – come reietti gli interpreti della storia.
A distanza di 70 anni stornella e commenta l’abolizione delle case chiuse, ben 560 case in tutta Italia, con l’arrivo della Legge n. 75, meglio conosciuta come legge Merlin, fortemente voluta dalla Senatrice socialista Lina Merlin. Si accalora sulle conseguenze che questa legge ebbe sulle proprietarie – le Maîtresses -, che si trovarono senza un lavoro, con le sanzioni e senza una famiglia, perché dentro le case chiuse alla fine si riuniva una famiglia, non la famiglia stereotipata, quella alla quale ogni essere umano ambisce, ma una famiglia che condivide, subisce, vive e apprezza seppur nella disperazione. Narrazioni di questa strana famiglia fatta di prostitute e di clienti, un argomento troppo spesso sottaciuto per falsi bigottismi e ipocrisie, dove le vite degli uni si intersecano e divergono da quelle delle altre.
Bruna alleggerisce gli anime con barzellette sporche, con frasi forti di Alda Merini e come una cantastorie mette crudamente sul piatto tutto ciò che si fa ma non si dice. I suoi atteggiamenti sono provocatori, sarcastici e talvolta grezzi. E’ un’interprete fuori da ogni schema, è pazza per sé, per chi la guarda e per chi la sente tuttavia maledettamente vera.
Il Pianista, un entusiasmante Alberto Becucci, la asseconda, talvolta in qualche modo cerca di redimerla, di ricondurla allo spettacolo, che almeno lui crede sia quello desiderato dal pubblico. Delicatamente si adegua, pur sempre con qualche vano tentativo di conversione, a questa sfrenata esibizione.
Bruna è la notte e la incarna, non solo con il suo essere ma attraverso la perfetta e profonda comprensione dell’oscurità punteggiata di luci e di fumo, di cui i presenti desiderano conoscere il lato d’ombra, le perversioni, le tragedie, i guai, gli intrighi che solo le tenebre intorno alla luna sanno rivelare.
La notte è Bruna e non si serve di strategemmi per piacere, a lei non serve la luce, non ricorre all’arcobaleno in una giornata di pioggia, non si vende, non vive di esteriorità, la notte è nuda e così si presenta.