Meglio uomo de ‘Il Mondo’ che uomo di mondo
Non eravamo davvero molti a leggere ‘Il Mondo’ nei primi anni ’70. Anzi, a dirla tutta, non ricordo proprio nessuno, neanche tra i miei amici, che condividesse la mia predilezione per il settimanale che era stato di Mario Pannunzio e che si avviava, di lì a tre anni, a diventare un anonimo rotocalco economico della galassia Rizzoli.
Io invece in quegli anni liceali lo preferivo pure a ‘L’Espresso’, l’altro lenzuolone che ne fu succedaneo. Vi si respirava ancora la diversità ‘altèra’ di certi spiriti liberi, ovviamente laicissimi, nella scia del giornale che fece opinione e che negli anni ’50 sollevò vigorosamente nei suoi convegni tanti temi ancora d’attualità.
Mi piaceva molto il doppio foglio diviso in quattro spazi che contenevano altrettante recensioni di Teatro, Cinema, Arte e Musica. Se oggi qualcuno mi riconosce un punto di vista non allineato, gusti e disgusti non omologati su tante cose, un diverso modo di procedere nell’analisi di un qualsiasi fenomeno e pensa che, se non altro per ragioni anagrafiche, ciò si debba a una certa esperienza di tipo mondano, io invece tendo a ricondurre il tutto a una formazione giovanile molto eterodossa, in cui accanto a ‘Panorama’ e a ‘L’Espresso’, a varie riviste specializzate e ai quotidiani su cui ero più mutevole, un ruolo fondamentale lo ha svolto sicuramente la provvida, insolita e quasi stravagante preferenza per ‘Il Mondo’.