Teatro Il mestiere del critico
NELLO SPAZIO PROFONDO
Toni Servillo
Toni Servillo
“Le voci di dentro” di Eduardo interpreto e diretto da Toni Servillo. Teatro Biondo di Palermo
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Toni Servillo
Se esiste una linea di confine tra sogno e realtà, non può essere che un velo sottile e trasparente. Su questa linea corre dritto alla meta – uno spettacolo ineccepibile in ogni singola componente – Toni Servillo, raffinato regista e perfetto interprete de Le voci di dentro, commedia eduardiana del dopoguerra, in scena al Biondo, che il regista ammette di aver scelto proprio perché calzante a pennello con l’attuale deriva dei valori. In quel lontano ’48 De Filippo descriveva una condizione di povertà concreta e spirituale e vi processava gli uomini, tutti indifferentemente, senza disperazione ma anche senza riscatto, inquadrava un clima di sospetto reciproco che, nato dal bisogno, metteva a nudo i veleni e i rancori sotterranei delle famiglie perbene, riportava il disagio verso una realtà nella quale ci si sentiva immersi e dalla quale le uniche fughe possibili erano la totale estraneità e un sintomatico silenzio.
Toni Servillo avverte il messaggio di allora ancora vivo e pulsante e della commedia interpreta il protagonista, Alberto Saporito, un uomo come tanti che si arrangia senza nuocere al prossimo. Dopo aver accusato la rispettabile famiglia Cimmaruta, sua dirimpettaia, di aver commesso un omicidio, Saporito si accorge però di aver sognato e di aver lanciato quell’accusa infamante per via dell’impatto così forte e realistico della scena vissuta durante la deriva di un sonno lungamente cercato e accarezzato.
E’ questo il momento, individuato dal regista, in cui la separazione tra la componente surreale e quella realistica (favorita dalle sempre precise luci di Cesare Accetta) necessita di una separazione scenica che non risieda soltanto in un’astratta architettura mentale: dietro la grigia e inclinata piattaforma trapezoidale aggettante sulla platea – sulla quale agisce il quotidiano con le sue tante miserie morali e materiali e con l’esibizione di un’apparenza poco nutrita di sostanza – si apre il luogo semioscuro della coscienza, quello in cui si agitano il dubbio, il sospetto e le scelte morali definitive ed irreversibili.
In questo spazio profondo, si intravedono un groviglio di sedie impilate, ultime vestigia di un mestiere di famiglia (apparecchiatori di feste) ormai non più redditizio, e il balconcino-tana dello Zi’ Nicola, il personaggio più emblematico della commedia, che, scelto il silenzio, parla solo prima di morire per chiedere ancora silenzio. La realtà, però è più capricciosa del sogno e tutti pretendono che l’accusa sia fondata, che si esibiscano le prove contro il colpevole. Paradossalmente la famiglia, invece di compattarsi nel respingere la calunnia, comincia ad azzannarsi, sospettosa e piena di rancore.
Va chiarito che, se una qualche parentela si voglia trovare con certi personaggi pirandelliani, questa non sta nella loro funzione: Saporito non è un raisonneur che cerca di sconvolgere le altrui deboli certezze, ma un uomo coinvolto, suo malgrado, in un perverso meccanismo da lui stesso involontariamente messo in moto; sarà semmai nell’omaggio al sogno, come stato di sospensione della coscienza che si apre alle più inconfessate paure (non è casuale che la commedia si apre con l’altro, sconcertante sogno della donna di servizio), che si possono riscontrare delle eventuali filiazioni, senza pertanto dimenticare che il sogno è pure parte integrante della cultura popolare napoletana.
Servillo coglie questo aspetto di “inopportuno scoperchiatore di brutture” e lo incarna superbamente, la sua presenza scenica è fortissima, cattura la vista senza mai farsi strabordante e incanta l’udito attraverso l’esaltazione melodica della naturale musicalità del napoletano, lascia spazio, con intelligenza registica, agli altri interpreti che sono liberi di esprimersi compiutamente senza il timore di sentirsi schiacciati da un personaggio ormai divenuto troppo noto e osannato.
E’ pertanto possibile gustare quel maestro di precisione e di ambiguità che è Peppe Servillo, e ancora le belle prove di Chiara Baffi, Betti Pedrazzi, Marcello Romolo, Gigio Morra, Lucia Mandarini e degli altri bravi attori della compagnia. Non importa come andrà a finire, se ci sarà o meno l’atteso arresto, non importa vedere i fratelli Alberto e Carlo Saporito scivolare nelle loro consuete condizioni di frastornata insonnia, il primo, e di sonno beato, il secondo.
Ciò che doveva succedere è già accaduto: la solida impalcatura delle apparenze è stata scardinata, l’ordine costituito messo in discussione, la coscienza scossa dal terribile dubbio di una complicità spontanea che rende tutti ugualmente colpevoli.