L’apoteosi dell’esule empio. Una tragedia consumata. ‘Edipo a Colono’ al Teatro Greco di Siracusa
Greve è il cammino di chi un tempo potente, forte, amato, macchiandosi di colpe terribili, pur inconsapevole, fu scacciato impietosamente dalla patria e dalla felicità. Per sempre? Edipo a Colono di Sofocle, epilogo di Edipo re, sembra voler fare giustizia del destino crudele del più infelice degli uomini. Due porte si apriranno a sanare le grandi ferite inferte dal Destino al misero Edipo: l’accoglienza amicale di Teseo e l’apoteosi concessa per volere divino. Tra il Leopardi della Ginestra e un cristianesimo ante litteram scorre questo commiato fertile di Pietas, indicatore di destini a noi coevi, dove le migrazioni e l’esilio sono pane quotidiano.
A fronte di un testo dolente e pacato, (l’acme della tragedia è lontano) il regista greco naturalizzato francese Yannis Kokkos, autore di prestigiose mises en scène caratterizzate da innesti di natura e cultura, ha adagiato il tessuto narrativo su una scena dai toni grigio-neri, su cui la barba bianca di Edipo scava cunicoli di compassione. Gli è accanto la figlia Antigone, dolente sostegno dei giorni raminghi dello sventurato padre. Sono giunti al sacro bosco di Colono. Una torretta militare e una rete metallica segnano i confini della frontiera. Lo straniero sarà prima guardato con diffidenza da cittadini in giacche e cappotti scuri. La supplica della ragazza e la dignità del vecchio, pur colpevole di orrendi crimini, li indurranno ad ammorbidire il rifiuto.
L’arrivo di Teseo, re di Colono, uomo giusto e garante della storica democrazia ateniese, sancirà la benevolenza della città, accogliendo e proteggendo i due raminghi, a cui presto si aggiungerà l’altra figlia, Ismene, portatrice di infauste notizie dell’imminente guerra fratricida a Tebe. I suoi fratelli, Eteocle e Polinice si contendono il regno. Invano, prima Creonte e poi Polinice cercheranno di riportare Edipo, prima scacciato, a Tebe, per favorire l’esito favorevole della guerra. Creonte arriverà a far rapire le ragazze, ma l’intervento di Teseo riporterà le figlie tra le braccia del padre che si accomiaterà da loro per una morte sorprendentemente accompagnata da segni divini e dalla sua misteriosa scomparsa. Ciò che non gli fu concesso in terra, onore e sacralità, gli viene dato in morte. Una fine gloriosa e inaspettata compensa una vita tremenda e un vergognoso esilio.
Tragedia della terra di mezzo, composta da un Sofocle novantenne, anni dopo L’Edipo re di cui è la prosecuzione, nella saga dei Labdacidi si colloca tra la vicenda di Edipo, dai toni cupi e terribili, e la guerra seminatrice di sangue fraterno dei figli di Edipo a Tebe, città dai mille dolori. L’Edipo a Colono contiene lo strazio del passato e l’angosciante annuncio di future sventure, suggellandone i limiti con una sacralità sancita dall’atto pietoso umano e divino dell’apoteosi di Edipo, punto inatteso di arrivo dell’opera, ma anche di partenza. E’ il cammino redento dell’esule che conosce il perdono che infutura il gesto. Un gesto di grande civiltà e umanità che tuttavia potrebbe accennare al potere oligarchico, auspicato da Sofocle. Il tema più che mai attuale propone dunque un Potere illuminato dalla grazia, in questo caso, della solidale accoglienza. Azzardiamo: a latere un possibile desiderio dell’autore per l’imminente fine del suo migrare sulla terra?
I mezzi toni di quest’opera, intrisa di dolente umanità, registicamente resi con cromatismi spenti e toni dimessi, propone un andamento sobrio, fedele nelle strategie drammaturgiche a una classicità velata dalla modernità dei costumi, delle scenografie, di cori cantori. Gli interpreti si dispongono morbidamente in questo disegno, tracciando linee leggere e sfumate. L’Edipo di Francovich dai toni volutamente minori, dignitosamente grondante colpe, dolore, vecchiaia, si pone compassionevole supplice. Il Creonte efficacemente spocchioso e ambiguo di Stefano Santospago si scontra con il Teseo in pieno vigore che Lo Monaco enfatizza con le sfumature retoriche del Potere condito da umanità e saggezza. Le figlie, messaggere di profondo affetto filiale e dedizione, vibrano con misura della fiorente giovinezza di Roberta Caronia ed Eleonora De Luca. Composta ed efficace la narrazione del messaggero di Danilo Nigrelli. La coralità transita sulla scena senza particolari tensioni drammaturgiche, nella sobrietà scomposta del cittadino espropriato del potere e/o del migrante disorientato che spera di essere accolto e che non sa che fare e dove andare. Sa solo che deve andare.
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EDIPO A COLONO
di Sofocle
Traduzione Federico Condello
Regia Yannis Kokkos
Con
Massimo De Francovich, Roberta Caronia, Fabrizio Falco, Sergio Mancinelli, Davide Sbrogiò, Eleonora De Luca, Sebastiano Lo Monaco, Stefano Santospago, Fabrizio Falco, Danilo Nigrelli
e con
Coro: Massimo Cimaglia, Francesco Di Lorenzo, Lorenzo Falletti, Tatu La Vecchia, Eugenio Maria Santovito, Carlo Vitiello Allievi II e III anno ADDA
Produzione INDA (Istituto Nazionale del Dramma Antico)
54° Festival del Teatro Greco di Siracusa
AL TEATRO GRECO di SIRACUSA fino al 24 Giugno
In tournèe in Agosto al Teatro Greco di Epidauro