L’agorà opprimente di Garrone. “Dogman”

L’agorà opprimente di Garrone. “Dogman”

La storia è liberamente ispirata a quella del ‘Canaro’ (Pietro De Negri) accaduta nel 1988 a Roma, nel quartiere Magliana.

Il film è costruito sulla relazione ambivalente tra Marcello, uomo mite e benvoluto da tutti e Simone, ex pugile sempre a caccia di guai. La loro amicizia è strutturata su un rapporto di potere che contempla la complicità (come dimostra la scena ambientata nel night club) ma anche una sorta di dipendenza patologica. Ed è proprio questo aspetto che rende singolare la storia, in quanto è raro vedere al cinema dinamiche di violenza psicologica in una coppia costituita da due uomini, tanto più se non sono presenti implicazioni erotiche (come per esempio nelle opere di Genet e Fassbinder).

Garrone ha scelto come location il fantasma di quello che fu un centro turistico balneare costruito negli anni ’70 e poi abbandonato. Uno spazio che non funziona solo da sfondo ma che connota fin da subito il contesto in cui è inserito il protagonista. Infatti, nonostante si veda il mare, risulta un luogo asfissiante e circoscritto, soggetto a relazioni invisibili che pian piano vengono esplicitate. Il negozio di Marcello è inserito in questa agorà dove tutto è esposto pubblicamente e dove gli equilibri possono cambiare repentinamente. E così il protagonista, che inizialmente vive in armonia comunitaria, nel momento in cui viene bandito dagli altri colleghi/amici si ritrova scaraventato nel peggiore degli inferni. Perché ciò che lo fa soffrire, più delle percosse e delle umiliazioni (compreso il carcere), è la perdita del suo ruolo sociale, che include quello di padre, cittadino e commerciante.

Dopo il raffinato e un po’ manierato Il racconto dei racconti, Garrone ritorna a quello stile morbido e un po’ decadente che aveva caratterizzato L’Imbalsamatore, forse il suo film più riuscito.

Marcello Fonte, reduce dal trionfo di Cannes, è perfetto nel ruolo del protagonista, un uomo tranquillo che però nasconde una parte ombrosa molto pericolosa. Ma anche l’interpretazione di Edoardo Pesce è indispensabile alla riuscita del film. La sua massiccia presenza e i suoi sguardi vacui rendono Simone spaventevole, tanto da percepirne fisicamente la minaccia anche in sala.