In una poco “raggiante” Catania si consuma una storia di infanzia violata
L’attesa anteprima del film ‘TRANSFERT’ (opera prima) gremisce la sala al cinema King di Catania
Che cosa può accadere nell’anima di un bambino quando non viene rispettato? La storia complessa e dolorosa raccontata in questo film dal giovane e promettente regista esordiente Massimiliano Russo, offre uno spaccato inquietante delle conseguenze drammatiche di questa violazione, immergendoci in un gorgo senza fine di cui non si intravvede lo sbocco possibile, se non nella speranza. Spes, ultima dea, rimasta in fondo al famigerato vaso di Pandora. Straordinario mito della condizione umana.
Ambientato in una Catania inconsueta, il film inizia con alcune scene in flashback in cui un bambino è inopportunamente coinvolto nelle sedute analitiche della madre. Così lo vediamo origliare dietro la porta perché la giovane donna, fragile e sola, è costretta a portarlo con sé. Non contenta di ciò la poveretta instilla nella mente del povero piccino che lui diventerà certamente un bravissimo psicoterapeuta. Con sempre crescente disagio seguiamo sullo schermo le immagini successive, catturati in una serpeggiante narrazione che vede come protagonista Stefano, giovane psicoterapeuta, ammogliato, ambizioso, dinamico, fiducioso nelle risorse della psicoterapia, alle prese con i suoi primi pazienti.
La complessità della psiche umana si spalanca davanti ai suoi/nostri occhi, nel suo studio, con le sue storie dolorose, le sue implicazioni inconsce, i suoi rischi. Cercano aiuto. Stefano si mostra ben felice di offrire la propria competenza ed empatia, nonostante la giovane età. Tutto sembra procedere nel migliore dei modi. Ma qualcosa interviene a turbare questa apparente serenità. Sicuro di sé, forse troppo, l’incauto dottore affronta con spavalderia un caso insidioso: prende in cura due sorelle, contemporaneamente. Sconsigliato dal tutor, insiste nel proprio progetto, fino a quando un giovane cliente (il suo alter ego interpretato dallo stesso regista), anche lui si chiama Stefano, particolare che poi si rivelerà non casuale, che ha segretamente postato un microchip ascoltando tutte le sedute, gli rivela che le due sorelle si stanno prendendo gioco di lui.
Da qui in poi il racconto sterza decisamente verso il thriller psicologico. In un gioco di specchi sempre più spinto, Stefano rimane invischiato in una serie di tragici fatti che lo porteranno ad una terribile crisi da cui neanche la moglie riuscirà a tirarlo fuori. Il suo tutor, moderno Pilato, se ne è lavato le mani, abbandonandolo sdegnato per la grave violazione dell’etica professionale, quando ha appreso da Stefano 2 che Stefano 1 approfittava sessualmente delle pazienti durante le sedute. Il tutor finirà per pentirsene, ma ormai è troppo tardi. La verità, complessa, ambigua, che depista continuamente lo spettatore, si rivelerà nell’inatteso epilogo.
Al di là dei facili sospetti, poco rilevanti, di una adombrata sfiducia nelle capacità di guarigione della psicoanalisi e delle fragilità degli psicoterapeuti, di sveviana memoria, spiare le sedute psicoanalitiche è un affascinante leitmotiv di celebri film, adottato da grandi registi, tra cui ci piace ricordare Allen che rende irresistibilmente accattivante una delle esperienze più morbose da attraversare, filtrato dal suo stile inconfondibile capace di alleggerire senza renderla superficiale, la sofferenza dell’anima.
In “Transfert”, otto statuette all’Oniros Awards, il tema è trattato in una lucida diretta su un filo costante di suspense, dandoci la sgradevole sensazione di essere seduti insieme ai pazienti a raccontare la verità, tutta la verità, forse. La prevalenza dei primi piani e degli interni claustrofobici suggerisce un desiderio sincero del regista di penetrare nella misteriosa psiche umana, di renderla visibile, di tentare di spiegare il dolore e l’istinto autodistruttivo dalle radici, osservandone le possibili origini in un pietoso spaccato dedicato all’infanzia. A questa sottile e complessa indagine senza sconti a cui sono chiamati a dare il loro volto gli interpreti di un ottimo cast prevalentemente siciliano, scoperti nella restituita fragilità dei loro disagi impietosamente colta dalle accurate riprese, fa da contrappunto il volto inedito di una Catania fuori dai consueti schemi, fredda e distante, colta in squarci che si aprono improvvisi, per chiudersi repentinamente, ricordandoci che è solo una breve parentesi, una tregua.
La scelta di un contenuto di grande spessore umano in una Sicilia dove finalmente non si parla di mafia e affini, le ricerche paesaggistiche di un territorio familiare qui osservato da angolazioni insolite, l’aver privilegiato giovani e promettenti attori emergenti insieme a consolidati attori di teatro, i tagli equilibrati di un dinamico montaggio sono elementi di pregio del film, che collocano quest’opera prima su un piano di meritevole attenzione.
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TRANSFERT
Regia Massimiliano Russo
Con
Alberto Mica, Massimiliano Russo, Clio Scirà, Paola Roccuzzo, Enrico Sortino, Rosario Pizzuto, Rossella Cardaci, Viviana Militello, Salvatore Musumeci, Angelo Villari, Giulio Fodale
Sceneggiatura: Massimiliano Russo
Fotografia: Massimiliano Russo, Simone Raeli
Montaggio: Massimiliano Russo
Scenografia: Lucia Pisana
Costumi: Rosy Bellomia
Musica: Ray Hermanni Lewis
Produttore: Massimiliano Russo
Produzione : Change of (he)art
Italia 2017