‘Otello’: paure contemporanee – Al Teatro della Pergola di Firenze
di William Shakespeare
traduzione Ferdinando Bruni
con Elio De Capitani, Federico Vanni, Emilia Scarpati Fanetti, Cristina Crippa, Angelo Di Genio, Alessandro Averone, Carolina Cametti, Gabriele Calindri, Massimo Somaglino, Michele Costabile
scene e costumi Carlo Sala
assistente scene e costumi Roberta Monopoli
musiche originali Silvia Colasanti
luci Michele Ceglia
suono Giuseppe Marzoli
regia Elio De Capitani e Lisa Ferlazzo Natoli
produzione Teatro dell’Elfo
con il sostegno di Fondazione Cariplo
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Una rilettura dell’Otello che, pur mantenendo tutti gli elementi originari, appassiona e coinvolge quasi si trattasse di un’opera inedita. Entriamo nel dramma in punta di piedi come si entra in casa di un ospite ipersensibile. La delicatezza e l’impetuosità dell’amore che unisce Otello e Desdemona fuoriesce da ogni parola, gesto o commento. Si percepisce fisicamente fino a respirarlo quale sentimento personale.
Una trama ben conosciuta quella dello straniero, Otello, che riesce con le sue prodezze e con la sua energia di valoroso condottiero della Repubblica Veneziana a far innamorare la figlia di Bramanzio e ad ottenerla, di nascosto, in sposa. Desdemona, in nome di questo amore per il Moro, rinnega anche il padre e segue Otello in quella che sarà l’ultima missione commissionata dal Doge.
Jago, apparentemente si mostra uomo degno della fiducia del Moro, lo sostiene e lo elogia fino all’eccesso per ogni sua scelta e comportamento, ma in seno cova un’invidia disastrosa tale da portare, attraverso una sottilissima perversa strategia, alla tragedia, che vedrà l’assassinio di Roderigo, il femminicidio di Desdemona, il suicidio di Otello e di Emilia, moglie di Jago. L’onesto Jago giustifica il suo comportamento spiegando che se non tutti sono padroni non tutti possono essere fedeli servitori.
Niente di più attuale con i temi che tutt’oggi imperversano i nostri canali di informazione. L’invidia distruttrice di virtù e sicurezze; la gelosia che oscura ogni sentimento; il femminicidio che mette a tacere fisicamente l’essere più debole, il razzismo, l’onestà e il successo che destano la malevolenza altrui. La gelosia è magistralmente interpretata da Elio De Capitani. Il Moro, un grande generale straniero “assoldato” dalla repubblica di Venezia le cui sicurezze franano, ricoprendo di macerie il paesaggio interiore.
Le glorie militari non contano più niente, la purezza di Desdemona e la sua devozione vengono completamente distrutte dalle sottili insinuazioni che Jago fa colare, goccia a goccia, nell’animo turbato di Otello. Il più antico dei Martelli di Watzlawick: ovvero le migliori istruzioni per autodistruggersi. Sono messe in campo tutte quelle paure ancestrali che non sono state ancora risolte nel nostro millennio. Ognuno di noi si identifica, oggi come nel 1604, in Jago, Otello, Desdemona, Rodrigo o – non ultimo – il valoroso e irreprensibile Cassio.
La scenografia tende all’astrazione, stilizzando gli ambienti in cui si sviluppa il dramma. Semplici vele trasparenti suggeriscono ora l’abitazione Veneziana, ora le tele d’Olona dell’imbarcazione gonfiate dal vento e dal mare impetuoso, e infine le mura domestiche della residenza a Cipro.