Se la classe operaia si ammala di alienazione. “I giorni contati” di Elio Petri
Elio Petri, un regista tuttora in credito con i manuali di storia del cinema piuttosto avari nel riconoscergli quello status di grande autore cinematografico e proprio per questo caduto vieppiù nell’oblio collettivo, girò nel 1962 uno dei suoi film migliori: I giorni contati.
Estimatore da sempre di Petri, già dai tempi dell’adolescenza che coincisero con i film più fortunati del regista presso critica e pubblico o comunque di forte impatto mediatico e di notevole influenza nel dibattito pubblico, come Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto, La classe operaia va in paradiso, o La proprietà non è più un furto, vorrei ricondurre l’attenzione proprio su questo titolo, tra i meno noti ma più personali, anche per via dell’ispirazione chiaramente autobiografica, opera seconda dopo il notevole esordio rappresentato da “L’assassino” (1961).
I giorni contati racconta la breve parentesi nella vita di Cesare Conversi, un idraulico romano cinquantatreenne (come il padre di Petri) che dopo la morte della moglie vive in una camera ammobiliata presso una famiglia, finchè un giorno, avendo assistito casualmente alla morte di un coetaneo in tram, viene colto da una sorta di depressione e di angoscia. Teme di morire anche lui anzitempo senza avere mai veramente vissuto. Smette così di lavorare e decide di reimpadronirsi della propria esistenza. Inizia quindi a gironzolare per la città, dal centro alle varie periferie, seminando dubbi tra gli amici, gente semplice, perlopiù operai come lui, sul senso della vita e a turbarli con oscure premonizioni. Alla ricerca degli affetti, si mette sulle tracce di Giulia, la sua amante di un tempo, come pure dei luoghi perduti, per cui dopo molti anni fa visita al paese natale. Ma soprattutto è incuriosito da quei posti che l’impegno quotidiano gli ha precluso, come aereoporti, stabilimenti balneari, mostre d’arte. Quando i risparmi cominciano ad assottigliarsi il suo vagabondare urbano lo mette a contatto con la piccola malavita romana. Ma di fronte alla prospettiva di prendere parte ad una truffa, spaventato, si tira indietro. Decide così di rientrare nella normalità e di riprendere a lavorare. Senonchè un giorno…
Scritto da Petri con Tonino Guerra e Carlo Romano, I giorni contati è interpretato da un colossale Salvo Randone, attore feticcio del regista e da un cast efficacissimo: Franco Sportelli, Regina Bianchi, Paolo Ferrari, Vittorio Caprioli, Lando Buzzanca, Angela Minervini, Marcella Valeri, Piero Guccione, Giulio Battiferri.
Indimenticabile per il ritratto di un operaio colto da quell’alienazione che sembrava una malattia prettamente borghese, come pure per la Roma quasi metafisica che fa da sfondo al peregrinare del protagonista e per gli ambienti umorosi e riconoscibilissimi che vi sono vividamente rappresentati, I giorni contati ci si consegna oggi come un autentico capolavoro che salda felicemente la matrice neorealista con la freschezza di una tecnica di ripresa informale e leggera nello stile della Nouvelle Vague in un’opera di forti suggestioni esistenzialiste e di straordinaria intensità.