Dimora medicea con suicidio. “In villa” di W. Somerset Maugham, ed. Adelphi
@ Lucia Tempestini, 10 marzo 2025
L’Italia, è ben noto, ha fornito un contributo essenziale alla letteratura di viaggio anglofona. Intellettuali e aristocratici britannici, o anche semplici borghesi agiati d’oltreoceano, subiscono da secoli la malìa di città d’arte come Venezia, Firenze e Roma, e degli annessi paesaggi: colline punteggiate di ulivi o lagune il cui continuo incresparsi frantuma la luce e ne fa volare i riflessi dentro le case, trasformandoli in proteiformi arredi.
Ma c’è un elemento ulteriore, assai importante: la discesa in Italia è sempre vissuta, pur con sfumature diverse o addirittura contrapposte, come percorso iniziatico, come superamento del confine fra dimensione razionale, quotidiana, grigia, e mondo dionisiaco.
Così, l’Italia può diventare apportatrice di insidie inconoscibili o minacce arcane, anche soprannaturali – in The Aspern papers di Henry James (1888) e in Don’t Look Now di Daphne Du Maurier (1971) -, oppure assumere la forma e la funzione dell’acino d’uva che dischiude al Fauno di Mallarmé il tremolio ebbro del meriggio, come avviene nello scanzonato A Room with a View di Forster (1908) e nel delicato, austeniano romanzo per signore The Enchanted April di von Arnim (1923).
Che si tratti dei canali veneziani, labirintici e muscosi, di James, delle calli che si incrociano misteriose e notturne di Du Maurier – di cui La morte e la fanciulla di Schubert potrebbe essere colonna sonora ideale, per certe asprezze degli archi che evocano dissonanti e tormentati presagi di morte – o, al contrario la Firenze spensierata e unidimensionale di Forster e la Liguria della Arnim, così appropriata all’ozio floreale e marino, il nucleo delle storie è rappresentato da rivelazioni lacunose e progressive che di gradino in gradino conducono i protagonisti di fronte alla rivelazione di un enigma, oppure a una maggiore conoscenza di sé, o ancora a un approdo fatale.
Analogamente, la giovane e affascinante vedova londinese Mary Panton dovrà affrontare in Up at the Villa di Maugham (1941) una notte d’angoscia per capire infine le proprie reali inclinazioni.
Comedy of manners raffinatissima, la lunga novella di Maugham mette in scena il fatuo minuetto di maldicenze, licenziosità, divorzi e proposte di matrimonio che mitiga il tedio estivo della high society britannica mollemente acquartierata nelle villule collinari fiorentine, più o meno medicee, munite di mobilia rinascimentale radunata in anni di ricerche presso gli antiquari locali, terrazze con vista su cupole e torri cittadine, giardini rischiarati da esibizioni lunari degne di Chopin.
La routine salottiera di Mary Panton, indecisa se accettare la corte del rigido e maturo Edgar Swift (un vero pilastro dell’Impero), futuro Viceré del Bengala, o del facoltoso perdigiorno Rowley Flint, va in pezzi per una sventatezza della donna. Fuorviata da puerili idee romantiche, una notte si concede “per generosità d’animo” a uno studente austriaco spiantato appena sfuggito alla polizia hitleriana. Malauguratamente, il giovane ingrato, in preda all’umiliazione, si spara con la pistola di Mary. Da questo momento, il romanzo assume le forme di un noir assai movimentato e qua e là esilarante in cui Mary e Rowley escogitano con pragmatico cinismo un piano per occultare il corpo del povero studente, evitando così uno scandalo dalle conseguenze drammatiche.
Il sentimento di complicità nato nel corso della turbolenta e un po’ illegale avventura convincerà Mary ad accettare la proposta di matrimonio di Rowley. In fondo, per una Signora dotata di un certo spirito morire di noia nei saloni del Governatorato del Bengala rappresenta il pericolo peggiore.
In villa di W. Somerset Maugham, ed. Adelphi
W. Somerset Maugham (Parigi, 25 gennaio 1874 – Saint-Jean-Cap-Ferrat, Costa Azzurra, 16 dicembre 1965) fu un cinico dallo smisurato talento letterario, capace di far amare ai lettori i suoi personaggi proprio in virtù delle loro debolezze o nefandezze, gaie o drammatiche.

Durante la prima guerra mondiale accettò alcuni incarichi spionistici per la Corona britannica, e da questa esperienza nacquero i racconti dedicati all’agente segreto Ashenden (Adelphi).
Fra le altre opere, tutte pubblicate in Italia da Adelphi, possiamo citare: Storie ciniche, Una signora di mondo, Lo scheletro nell’armadio, La lettera, La diva Julia.