Arte e politica. Un dilemma in scena all’ombra del nazismo

Arte e politica. Un dilemma in scena all’ombra del nazismo

@ Anna Di Mauro, 29 gennaio 2025

Andare via o restare? In un regime totalitario spietato e corrotto un artista di grande prestigio come il direttore d’orchestra Wilhelm Furtwängler che scelta può fare in coscienza? La scelta di restare e continuare il suo operato come tedesco, beninteso, e non nazista, gli valse alla fine della seconda guerra mondiale un’inchiesta che si svolse a Berlino nel 1946, da parte del governo americano, a caccia di criminali nazisti, nella persona del Maggiore Steve Arnold. Il Maestro fu prosciolto dalle accuse di connivenza con il regime per insufficienza di prove, ma il suo operato durante la guerra e i privilegi di cui Hitler lo fece oggetto gettarono ombre inquietanti su una delle figure nevralgiche della storia della musica. In aperto dissenso con Arturo Toscanini e con Herbert Von Karajan, Furtwangler, considerato il più grande direttore d’orchestra del suo tempo, è al centro dell’attenzione di Ronald Harwood, famoso scrittore e sceneggiatore britannico sudafricano, che ha rappresentato questo feroce scontro tra il Maggiore e il Direttore nel film “A torto o a ragione” del 2001, ora divenuto omonima opera teatrale, nella quale la natura umana dell’artista ci appare oscillante tra debolezze e splendori; provato dalle accuse, bistrattato dal militare rozzo e incolto, che non si cura del suo valore e della sua grandezza, ma di fare giustizia, Furtwängler affronta l’interrogatorio con sempre minore controllo, a fronte delle vessazioni costanti del suo implacabile accusatore. Una condanna esemplare varrebbe agli americani il merito di giustizieri conclamati, sconvolti dagli orrori a cui dovettero assistere durante la liberazione dei campi di concentramento. Questo spiegherebbe l’accanimento del militare e i suoi eccessi su un artista del suo calibro? Il drammatico colloquio delineato dalla drammaturgia di Harwood riesce ad esaltare la complessità di una situazione dai risvolti non sempre chiari di un evento spaventoso che ancora scuote le coscienze sollecitando dibattititi, conflitti, sospetti. Nei “giorni della memoria” lo Stabile di Catania ospita questo pregevole spettacolo di forte impatto che riapre ferite insanabili nel tessuto della coscienza civile. Nella traduzione di Alessandra Serra, l’opera è curata da Giovanni Anfuso che ha dato risalto al tessuto drammaturgico con una sapiente ambientazione e una suggestiva orchestrazione di luci nel cambio scena e intensi dialoghi di forte tensione drammaturgica, abilmente sottolineati dall’ accurata scenografia di un angusto e polveroso ufficio, punteggiato da tre scrivanie e da oggetti artistici insoliti come un grammofono, statue velate, culminante nel fondale dove appare il quadro di un Cristo alla colonna, evocazione suggestiva di ciò che stava per compiersi in quella stanza.

La musica sublime proveniente dal grammofono introduce a un’elegante atmosfera interrotta bruscamente dall’irruento Maggiore americano, inevitabili piedi sulla scrivania centrale, arruffato, sudato, pronto ad attaccare il Maestro, accusato di connivenza con il regime, lasciato in lunga anticamera per sfregio, in evidente contrasto con i suoi assistenti Emmi Strabe, giovane, delicata e sensibile segretaria tedesca e con l’altrettanto giovane e garbato Tenente David Willis, ebreo. Entrambi ammirano Furtwängler e propendono per la sua innocenza, come Tamara Sachs, che irrompe nella scena per difenderlo dalle accuse, testimoniando che aveva aiutato lei e il marito ebreo a espatriare a Parigi durante la guerra, come innumerevoli altri. I tentativi dei tre difensori vanificati dal Maggiore si scontrano con la violenza delle accuse che Steve scaglia irosamente contro il Direttore che dopo una lunga anticamera finalmente entra in scena. La ricostruzione dei colloqui e la virulenza del dibattito a ritmo serrato, la forza degli interpreti di un cast sinergico e coeso, coinvolgono emotivamente, non senza implicazioni di una profonda e interessante riflessione sui rapporti tra Arte e Politica durante il Nazismo, che sembrerebbero il nerbo centrale della pièce. Ma. In fondo la pregevole pièce offre l’opportunità di una sostanziale riflessione sulle umane debolezze, sulle luci ed ombre dell’animo umano, dove i confini tra giusto o ingiusto, torto o ragione, appaiono confusi e sfumati, a fronte di eventi epocali che inevitabilmente ci fanno sprofondare nel dubbio, nella pietà, nel dolore di essere vivi nonostante tutto. Chi sopravvive paga il prezzo della sua salvezza. Furtwängler dichiara esplicitamente che è rimasto solamente perché voleva salvare la musica del suo popolo per salvarlo dall’orrore del nazismo, perché il compito dell’artista è questo. Dunque è innocente? È convincente? Forse. Così è se vi pare. L’ombra del dubbio scende sul calare della tela.

A TORTO O A RAGIONE

Di Ronald Harwood

Traduzione Alessandra Serra

regia Giovanni Anfuso

scene Andrea Taddei
costumi Isabella Rizza

musiche Paolo Daniele

luci Antonio Rinaldi
aiuto regia Lucia Rotondo


Con Stefano Santospago, Simone Toni, Giampiero Cicciò, Liliana Randi, Luigi Nicotra, Roberta Catanese

produzione Teatro Stabile di Catania, Teatro di Roma – Teatro Nazionale, Teatro Vittorio Emanuele di Messina

Al Teatro Verga di Catania fino a Domenica 2 Febbraio